Index MUSICA - Maggio 1998

Don Carlo e il dramma del potere

Il Teatro Regio di Parma ha presentato l’opera di Giuseppe Verdi diretta da Eliahn Inbal: un grande affresco della corte di Filippo II con un linguaggio musicale diverso. Tanto che nel 1867 a guidare l’orchestra c’era un certo Adolphe Sax, l’inventore del sassofono

Giuseppe Verdi affronta il "Don Carlos" (Don Carlo nell'edizione italiana) dopo lunga meditazione e dopo varie esperienze teatrali francesi. Già nel 1847 aveva ricostruito per le scene parigine "I Lombardi alla prima crociata" ribettezzandoli col titolo di "Jerusalem" ed inoltre aveva presentato altre sue composizioni aggiungendo gli immancabili balletti. Scrisse poi appositamente per l'Opéra "Le Vepres siciliennes" andati in scena nel 1855.

Già nel 1850 i librettisti Reyez e Vaez proposero a Verdi di musicare un libretto tratto dal dramma Don Carlos di Federico Schiller ma il maestro scartò questo progetto avendo una fugace idea di porre in musica "Salammbò" di Flaubert e tenendo sempre presente il desiderio, mai realizzato, di portare sulle scene il "Re Lear". Nel 1865 ricomparve, questa volta ufficialmente, il progetto di musicare lo schilleriano "Don Carlos" e la stesura del libretto fu affidata a Joseph Mèry e Camille Du Locle.

Nel 1866 Verdi si recò a Parigi per iniziare le prove dell'opera che furono così lunghe e laboriose che si dovette rimandare l'andata in scena per ben due volte.

Finalmente la prima avvenne la sera dell'11 marzo del 1867 sotto la direzione del maestro tedesco George Hainl mentre direttore della banda in palcoscenico fu il maestro Adolphe Sax, passato alla storia come l'inventore del sassofono.

La prima ebbe un tiepido successo mentre la successiva rappresentazione, avvenuta a Londra, fu accolta entusiasticamente. La prima italiana, col testo tradotto nella nostra lingua e divenuta "Don Carlo" avvenne a Bologna il 27 ottobre 1867 sotto la direzione di Angelo Mariani e con Teresina Stolz nelle vesti di Elisabetta.

L'opera subì poi una drastica revisione nel 1883 con la soppressione del primo atto e di varie parti, mentre nel 1887 Verdi ritornò su questo lavoro ripristinando il primo atto, mantenendo le modifiche del 1883, aggiungendo un preludio all'inizio del terzo atto, rifacendo la scena tra Filippo e Rodrigo ed il finale del terzo atto.

"Don Carlo" è un'opera di vaste proporzioni che presenta un linguaggio musicale totalmente diverso dalle opere precedenti ed i personaggi riflettono mirabilmente questa mutazione di stile. Filippo II grandeggia nell'esercizio del potere pur dovendo ineluttabilmente soccombere alla mestizia e alla solitudine della vita privata. Carlo e Rodrigo si delineano nella loro salda amicizia e nei loro comuni istinti rivoluzionari fino al sacrificio estremo di Rodrigo. Carlo ed Elisabetta sono costretti a quel continuo rincorrersi e ritrovarsi pur essendo coscienti di dover soccombere alla Ragion di Stato.

I temi musicali sono assolutamente inediti: basta ricordare i fondamentali incontri del dramma e cioè quello fra Carlo ed Elisabetta nel primo atto, quello tra Filippo II e Rodrigo a chiusura del primo atto, quello tra Filippo II ed il Grande Inquisitore nel terzo atto ed infine quello tra Carlo e Rodrigo nella scena del carcere. In questi duetti la frase si fa accesa e rapida frantumandosi in infiniti particolari di grande valenza. La figura di Filippo II è di statura gigantesca nella sua regalità: tragiche e sconvolgenti sono le parole, supportate da una musica sublime, nel ricordato duetto tra Filippo II ed il Grande Inquisitore, dove si delinea la lotta aspra e senza esclusione di colpi tra il potere temporale e quello religioso. Duetto che è preceduto da un monologo di Filippo II che è "una delle più elevate meditazioni del teatro in musica" (Franco Soprano). Anche la figura di Eboli, con la sua gelosia e sete di vendetta, si inserisce perfettamente nel clima arroventato del dramma: basti pensare alla sua grande aria "O don fatale" di impervia difficoltà.

L'edizione rappresentata al Teatro Regio di Parma (proveniente dal Teatro Comunale di Bologna ) è stata quella, ormai divenuta usuale, in quattro atti. Lo spettacolo era quello che nel 1987 il Teatro Comunale di Bologna aveva prodotto in collaborazione con il Gran Théatre di Ginevra con la regia di Andrei Serban (ripresa da Umberto Banci) e con scene e costumi di Yannis Kokkos. Nicolai Ghiurov ha impersonato la figura di Filippo II: la lunga e gloriosa carriera di questo grande artista ha inciso parzialmente sulla sua vocalità ma l'accento, la frase e la penetrazione psicologica del personaggio sono risultati di grande efficacia. Ottima la prova di Daniela Dessì nei panni di Elisabetta e di notevole levatura l'Eboli di Luciana D'Intino; ambedue hanno sfoggiato un'ottima tecnica vocale ed una intensa penetrazione drammaturgica del loro personaggio.

Vincenzo La Scola si è dimostrato ancora una volta un tenore impeccabile nel fraseggio e sicuro in ogni registro e sul quale si può puntare senza ombra di dubbio per i ruoli lirico drammatici. Bene il Rodrigo di Roberto Frontali ed interessante la prestazione Askar Abdrazakov nel ruolo del Grande Inquisitore. Eliahu Inbal, ben coadiuvato dall'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, ha diretto con tempi abbastanza sostenuti dando una lettura precisa e convincente di questo grande dramma verdiano. Il coro del teatro Comunale di Bologna si è ben disimpegnato sotto la guida di Piero Monti.

Luciano Maggi