Don
Carlo e il dramma del potere
Il
Teatro Regio di Parma ha presentato lopera di
Giuseppe Verdi diretta da Eliahn Inbal: un grande
affresco della corte di Filippo II con un linguaggio
musicale diverso. Tanto che nel 1867 a guidare
lorchestra cera un certo Adolphe Sax,
linventore del sassofono
Giuseppe Verdi affronta il "Don
Carlos" (Don Carlo nell'edizione italiana) dopo
lunga meditazione e dopo varie esperienze teatrali
francesi. Già nel 1847 aveva ricostruito per le scene
parigine "I Lombardi alla prima crociata"
ribettezzandoli col titolo di "Jerusalem" ed
inoltre aveva presentato altre sue composizioni
aggiungendo gli immancabili balletti. Scrisse poi
appositamente per l'Opéra "Le Vepres
siciliennes" andati in scena nel 1855.
Già nel 1850 i
librettisti Reyez e Vaez proposero a Verdi di musicare un
libretto tratto dal dramma Don Carlos di Federico
Schiller ma il maestro scartò questo progetto avendo una
fugace idea di porre in musica "Salammbò" di
Flaubert e tenendo sempre presente il desiderio, mai
realizzato, di portare sulle scene il "Re
Lear". Nel 1865 ricomparve, questa volta
ufficialmente, il progetto di musicare lo schilleriano
"Don Carlos" e la stesura del libretto fu
affidata a Joseph Mèry e Camille Du Locle.
Nel 1866 Verdi si recò a
Parigi per iniziare le prove dell'opera che furono così
lunghe e laboriose che si dovette rimandare l'andata in
scena per ben due volte.
Finalmente la prima
avvenne la sera dell'11 marzo del 1867 sotto la direzione
del maestro tedesco George Hainl mentre direttore della
banda in palcoscenico fu il maestro Adolphe Sax, passato
alla storia come l'inventore del sassofono.
La prima ebbe un tiepido
successo mentre la successiva rappresentazione, avvenuta
a Londra, fu accolta entusiasticamente. La prima
italiana, col testo tradotto nella nostra lingua e
divenuta "Don Carlo" avvenne a Bologna il 27
ottobre 1867 sotto la direzione di Angelo Mariani e con
Teresina Stolz nelle vesti di Elisabetta.
L'opera subì poi una
drastica revisione nel 1883 con la soppressione del primo
atto e di varie parti, mentre nel 1887 Verdi ritornò su
questo lavoro ripristinando il primo atto, mantenendo le
modifiche del 1883, aggiungendo un preludio all'inizio
del terzo atto, rifacendo la scena tra Filippo e Rodrigo
ed il finale del terzo atto.
"Don
Carlo" è un'opera di vaste proporzioni che presenta
un linguaggio musicale totalmente diverso dalle opere
precedenti ed i personaggi riflettono mirabilmente questa
mutazione di stile. Filippo II grandeggia nell'esercizio
del potere pur dovendo ineluttabilmente soccombere alla
mestizia e alla solitudine della vita privata. Carlo e
Rodrigo si delineano nella loro salda amicizia e nei loro
comuni istinti rivoluzionari fino al sacrificio estremo
di Rodrigo. Carlo ed Elisabetta sono costretti a quel
continuo rincorrersi e ritrovarsi pur essendo coscienti
di dover soccombere alla Ragion di Stato.
I temi musicali sono assolutamente inediti:
basta ricordare i fondamentali incontri del dramma e
cioè quello fra Carlo ed Elisabetta nel primo atto,
quello tra Filippo II e Rodrigo a chiusura del primo
atto, quello tra Filippo II ed il Grande Inquisitore nel
terzo atto ed infine quello tra Carlo e Rodrigo nella
scena del carcere. In questi duetti la frase si fa accesa
e rapida frantumandosi in infiniti particolari di grande
valenza. La figura di Filippo II è di statura gigantesca
nella sua regalità: tragiche e sconvolgenti sono le
parole, supportate da una musica sublime, nel ricordato
duetto tra Filippo II ed il Grande Inquisitore, dove si
delinea la lotta aspra e senza esclusione di colpi tra il
potere temporale e quello religioso. Duetto che è
preceduto da un monologo di Filippo II che è "una
delle più elevate meditazioni del teatro in musica"
(Franco Soprano). Anche la figura di Eboli, con la sua
gelosia e sete di vendetta, si inserisce perfettamente
nel clima arroventato del dramma: basti pensare alla sua
grande aria "O don fatale" di impervia
difficoltà.
L'edizione rappresentata
al Teatro Regio di Parma (proveniente dal Teatro Comunale
di Bologna ) è stata quella, ormai divenuta usuale, in
quattro atti. Lo spettacolo era quello che nel 1987 il
Teatro Comunale di Bologna aveva prodotto in
collaborazione con il Gran Théatre di Ginevra con la
regia di Andrei Serban (ripresa da Umberto Banci) e con
scene e costumi di Yannis Kokkos. Nicolai Ghiurov ha
impersonato la figura di Filippo II: la lunga e gloriosa
carriera di questo grande artista ha inciso parzialmente
sulla sua vocalità ma l'accento, la frase e la
penetrazione psicologica del personaggio sono risultati
di grande efficacia. Ottima la prova di Daniela Dessì
nei panni di Elisabetta e di notevole levatura l'Eboli di
Luciana D'Intino; ambedue hanno sfoggiato un'ottima
tecnica vocale ed una intensa penetrazione drammaturgica
del loro personaggio.
Vincenzo La Scola si è
dimostrato ancora una volta un tenore impeccabile nel
fraseggio e sicuro in ogni registro e sul quale si può
puntare senza ombra di dubbio per i ruoli lirico
drammatici. Bene il Rodrigo di Roberto Frontali ed
interessante la prestazione Askar Abdrazakov nel ruolo
del Grande Inquisitore. Eliahu Inbal, ben coadiuvato
dall'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, ha diretto
con tempi abbastanza sostenuti dando una lettura precisa
e convincente di questo grande dramma verdiano. Il coro
del teatro Comunale di Bologna si è ben disimpegnato
sotto la guida di Piero Monti.
Luciano Maggi
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