Il potere
dell'orologio
Il
protagonista del racconto di Bataille è il tempo. Cioè
le duecentodiciotto pendole di un quasi inventato ducato
del Nord Italia, che improvvisamente si fermano. E con
loro si ferma, all'apparenza, la vita del duca Gonzagues
e della sua gente. Che scopriranno che controllare le
lancette degli orologi non significa possedere il segreto
dell'immortalità
Christophe Bataille, Il
signore del tempo, Einaudi, pp.123, L.18.000
"Il nostro tempo
finisce". Questo il messaggio o la cifra di lettura
dellultimo libro di Christophe Bataille. Questa la
consapevolezza che lautore vuole sottolineare nel
suo racconto "Il signore del tempo".
Consapevolezza della umana finitudine; coscienza di
essere costretti nella dimensione temporale, ben
raffigurate dalliconografia del vecchio Crono con
in mano le due insegne fatali - clessidra e falce - a
simboleggiare il breve lasso temporale e la caducità che
caratterizzano i limiti della nostra parabola
esistenziale.
Non a caso i due
personaggi chiave della narrazione hanno a che fare con
lo strumento principe della moderna misura del tempo:
lorologio. E non per nulla la vicenda è ambientata
sul finire del secolo XVII, letà della ragione e
del computo, ma anche letà del barocco:
contraddistinta dalla tensione verso lo sconfinato e
limmenso. Non si pensi però ad un libro sussiegoso
o greve di riflessioni. "Il signore del tempo"
è una fabula scorrevole e fresca, scritta col registro
lieve duna prosa capace però di scarti improvvisi,
che dalle atmosfere placide del fiabesco sa virare verso
le insidiose regioni del perturbante.
La storia è ambientata in
una città "del Nord" che ricorda Mantova,
avendo il suo duca nome Gonzagues. Ma dun ducato
assai poco ambizioso si tratta: chiuso ai traffici e
malinconico quasi quanto il palazzo del sovrano, dalle
stanze "scavate dombra".
Come in ogni fiaba che si
rispetti un evento improvviso viene a turbare il
tranquillo scorrere del tempo. Lorologiaio di corte
scompare senza una ragione e da quel momento le
duecentodiciotto pendole che ritmano i giorni del palazzo
si arrestano. Privo di un maestro dore, al
duca sembra che la vita stessa ristagni per non scorrere
più, poiché "senza il battito degli orologi, come
credere al tempo"?
Malauguratamente viene
assunto dapprima un giovane italiano che, invece di
occuparsi del suo lavoro, ficca il naso nel passatempo
prediletto del duca: far lamore con impuberi
fanciulle. E mal gliene incoglie, se anche lui sparisce
allimprovviso. Fortuna vuole che il terzo
orologiaio sia uomo diverso dai precedenti e sappia
calarsi con tale puntualità nel suo compito da
conquistare lamicizia del sovrano. Così ben presto
il duca, stanco dellalcova, prende a seguire
lartigiano nelle sue ispezioni alle pendole,
sperando di scoprire i segreti dellalchimia con cui
egli rianima ogni notte gli orologi, restaurando non solo
i meccanismi inceppati, ma insieme lordine
rassicurante del tempo.
Ma il sogno di farsi
arbitro e signore del tempo maschera il desiderio
vano di certezze, cela la hybris di riuscire a
controllare la vita stessa, la cui abissale magmaticità
è imprevedibile. Giacché solo una cosa sappiamo per
certo, conclude Bataille con tono oracolare. Che presto o
tardi "senza scampo, sotto le foglie dei pioppi,
andremo a giacere".
Francesco Roat
|