I film di
giugno
Il
Titanic sensuale di Bigas Luna
Richard Gere e la Cina dei cattivi
Lolita
James Mason - Shelley
Winters - Sue Lyon - Peter Sellers; Sceneggiatura Vladimir
Nabokov, basata sul suo romanzo omonimo; Regia Stanley
Kubrick; Anno di produzione 1966; Durata 150
Dopo il noioso e recente tentativo
di Adrian Lyne di riportare sullo schermo la storia della
bella e inquietante Lolita, torna nelle sale - dopo più
di trenta anni - il film di Stanley Kubrick in bianco e
nero con un James Mason in ottima forma e un Peter
Sellers più istrione che mai. Una pellicola intelligente
che aggiunge nuovi personaggi senza escludere e tradire
del tutto linquietudine di fondo del romanzo, con
una Lolita giovane ma non troppo e con una regia come
quella di Kubrick che esalta i momenti di tensione
presenti nel film.
Certo, ci saremmo augurati
di vedere una pellicola ispirata al romanzo di Nobokov,
più attinente alle voglie ironiche presenti nell'Humbert
Humbert descritto dal romanziere, ma anche qui siamo
stati traditi. Per necessità censorie e di convenzione
un po borghese Nabokov allepoca nello
scrivere la sceneggiatura privò il suo personaggio di
quello humour disperatissimo, anticonvenzionale e
quasi eversivo che troviamo scarso invece nel ruolo
interpretato con enorme bravura da James Mason. Non ci
nascondiamo che un romanzo come Lolita è di
difficile adattamento ai ritmi propri del linguaggio
cinematografico. Ed è certo che dove non riuscì
lautore coadiuvato da un regista come Kubrick,
difficilmente potranno altri. E questo Adrian Lyne doveva
proprio saperlo...
Romeo + Giulietta (William
Skakespeares Romeo + Juliet)
Leonardo Di Caprio -
Claire Danes - Pete Postlethwaite - Harold Perrineau -
Paul Sorvino - John Leguizamo Sceneggiatura Craig
Pearce, Baz Luhrmann tratta dall'opera omonima di William
Shakespeare; Regia Baz Luhrmann; Anno di
produzione 1996; Distribuzione Twentieth
Century Fox; Durata 120'
Nonostante lenorme successo su
videocassetta, esce di nuovo al cinema il capolavoro del
regista di Ballroom, Baz Luhrmann ispirato e
tratto dalla tragedia di Shakespeare. Un film
intelligente, moderno, mozzafiato con una regia che è
pura dinamite e che incastona in un ambiente più kitsch
che non si può un manipolo di giovani attori su cui
svettano i migliori Giulietta e Romeo della storia del
cinema: quei Claire Danes e Leonardo Dicaprio che oggi
sono grandi star hollywoodiane. A metà tra il pulp e
una rilettura fedelissima dellopera di Shakespeare,
Baz Luhrmann ci regala uninterpretazione
assolutamente geniale del lavoro di Shakespeare
attualizzandolo in un mondo allo stesso tempo corrotto e
onirico, romantico e crudele. Un film fascinoso e
ipnotico, accompagnato da una colonna sonora favolosa, di
grande spessore.
Picture Perfect
Romantici equivoci (Picture Perfect)
Jennifer Aniston
Kevin Bacon Jay Mohr Olympia Dukakis
Ileanna Douglas; Sceneggiatura Arleen Sorkin, Paul
Slansky & Glenn Gordon Caron; Regia Glenn
Gordon Caron; Anno di produzione 1998 Distribuzione
Twentieth Century Fox; Durata 100
Jennifer Aniston è stata
a lungo protagonista della serie tv post adolescenziale Friends.
Ci sembra dunque naturale che la
produzione abbia pensato a lei per il ruolo della
protagonista Kate: attraente, ingegnosa direttrice
pubblicitaria che per ottenere una promozione si inventa
un fantomatico fidanzato prendendo spunto da una foto
casuale scattata al matrimonio di unamica. Allegro,
leggero, a tratti anche divertente, il film è una
gradevole sequenza di luoghi comuni: la bella ragazza
geniale bistrattata sul lavoro con una madre oppressiva,
il grande amore irrealizzabile e così via. Eppure,
nonostante queste piccole banalità dovute a un target
di pubblico ben preciso, Picture Perfect sembra
funzionare abbastanza. Certo, tutto sarebbe potuto essere
più deciso e intenso, ma proprio come capita nei
telefilm di 45 minuti o unora al massimo, bisogna
fidarsi degli sceneggiatori che con due pennellate dotano
belle ragazze e uomini affascinanti di anime e pensieri,
la cui presenza va accettata più sulla fiducia che su
prove concrete. Forse, qualcosina in più ce la si poteva
proprio aspettare, ma - si sa - le sit-com e -
dunque - anche i prodotti da esse derivate sono
necessariamente usa e getta. Li guardi, ti diverti, ti
piacciono e te li dimentichi. Lunica cosa davvero
indimenticabile di questo film è il finale nella chiesa:
un piccolo gioiello di comicità e ironia in stile Frank
Capra.
Private parts
Howard Stern - Robin
Quivers - Mary McCormack - Carol Alt; Sceneggiatura Len
Blum & Michael Kalesinko tratta dallomonimo
libro di Howard Stern Regia Betty Thomas; Anno
di produzione 1997 Distribuzione Columbia
Tristar; Durata 105
Uno dei più famosi dee-jay americani,
ironico, esilarante, irriverente si racconta in un film
tratto da una autobiografia di successo, in un film
prodotto da quel maestro della comicità che è il
regista Ivan Reitman (Ghostbusters, Un poliziotto alle
elementari, Space Jam). Il risultato di questa
miscela è unautobiografia cinematografica
interpretata dal suo protagonista Howard Stern piena di
spunti divertenti che è anche un documento sul mondo
radiofonico statunitense fino agli anni Novanta. Un film
ridicolo, ma intelligente, ben girato e dosato che
percorre nel racconto di Stern la sua carriera fin dagli
esordi in piccole emittenti radiofoniche di tutti gli
Stati Uniti. Cesellato da una colonna sonora di qualità
e reso non banale, né autocelebrativo, ma molto
autoironico e convincente da una recitazione lontana dai
luoghi comuni e da una regia in stile Woody Allen, Private
parts costituisce un unicum di grande qualità nel
suo genere. Una pellicola capace di divertire e
rallegrare in maniera del tutto originale con una dose di
grande ironia e intelligenza, raccontando una storia
interessante che costituisce anche un documento
importante sul mondo dei media statunitensi.
Limmagine del
desiderio (La camarera del Titanic)
Olivier Martinez - Romane
Bohringer - Aitana Sanchez Gijon - Aldo Maccione; Sceneggiatura
Bigas Luna, Cuca Canals, Jean-Louis Benoit tratta dal
romanzo omonimo di Didier Decoin; Regia Bigas
Luna; Anno di produzione 1997; Distribuzione MEDUSA;
Durata 100
Un operaio di una fonderia di una piccola
città francese vince la gara annuale della fabbrica e il
suo premio è andare a vedere la partenza del Titanic in
Inghilterra a Southtampton. Lì conosce una ragazza
imbarcata sul transatlantico destinato ad affondare pochi
giorni dopo, e passa la notte con lei, senza nemmeno
sfiorarla. Al suo ritorno - quando crede che la moglie lo
abbia tradito con il padrone della fonderia - incomincia
a raccontare storie inventate su quella notte di
passione. Così, loperaio riceve una proposta per
raccontare la sua storia nei teatri di tutta la Francia.
Generalmente non serve raccontare nei minimi dettagli la
trama di un film per farne apprezzare i valori e i
contenuti. In questo caso, però, essendo Limmagine
del desiderio un film che fonda la sua intelligenza e
la sua originalità proprio sui contrasti che nascono
allinterno della storia, abbiamo voluto fare
uneccezione.
Limmagine del
desiderio - titolo pienamente rispondente alla
struttura del film, in cambio di un originale che
richiamava "troppo" il film di James Cameron
tanto da sembrare uno sfruttamento del successo
dellaltro - è, infatti, una pellicola assai
delicata che si interroga in maniera sottile sui
meccanismi che regolano le leggi del cuore. Lamore,
la sensualità, la fantasia nella sessualità sono
elementi che strutturano lelegante gioco narrativo
orchestrato dal regista Bigas Luna che rivela una grande
abilità narrativa dopo il nefasto insuccesso dello
scadente Bambola con Valeria Marini. Con attori
capaci di esprimere sentimenti comuni, ma non banali il
piano del film si sviluppa sullequivoco di un amore
a prima vista, casto e puro nella realtà e assolutamente
passionale e carnale nel ricordo. Un amore che nelle
parole del protagonista cambia a seconda del pubblico e
della storia che questo vuole farsi sentire dire. Un
amore, una passione, una forza che è capace di far
maturare un uomo abbandonato, invece, a una brutalità
lavorativa necessaria, che - così - scopre in sé la
propria vena di attore e di sognatore. Limmagine
del desiderio racconta dunque unindagine
psicologica intensa e alle volte perfino buffa, sulle
intime pieghe dellanimo umano. Sulla sua capacità
di amare per un niente e di dimenticare quando il pallido
ricordo diventa realtà.
LAngolo Rosso (Red
Corner)
Richard Gere - Bai Ling; Sceneggiatura
Robert King Regia Jon Avnet; Anno di
produzione 1997 Distribuzione UIP; Durata 124
Ed eccolo qui il sempre più bello e
affascinante Richard Gere (più invecchia, più migliora)
nei panni di un brillante uomo daffari arrestato
nella Pechino della rinascita politica e quasi condannato
a morte per uno stupro che non ha commesso. Intenso,
intelligente, veloce, LAngolo Rosso è
una buona pellicola che - se avesse evitato di cadere -
da un lato e dallaltro - nella retorica
anticomunista tipicamente americana, avrebbe fatto
dimenticare di essere lennesima variazione sul tema
delluomo in prigione in un paese straniero. Con una
buona interpretazione di tutti gli attori su cui si erge
come una montagna il magnetico e seducente Richard Gere,
che trova un buon alter ego nellattrice
cinese Bai Ling che interpreta il ruolo
dellavvocato. Un buon thriller insomma,
tipicamente americano e quindi con inesattezze e piccole
contraddizioni, spiegabili solo nellorizzonte di un
film che - con meno retorica e più capacità di osare -
sarebbe stato pienamente riuscito e godibile. Il finale
in stile Casablanca lascia inoltre molto a
desiderare anche sul piano concettuale. Ci sembra,
infatti, un po affrettato e di maniera. Ci
aspettavamo davvero qualcosa di più.
Oscar &
Lucinda
Ralph Fiennes - Cate
Blanchett - Ciaran Hinds - Tom Wilkinson - Clive Russell
Sceneggiatura Laura Jones tratta dal romanzo di Peter
Carey Regia Gillian Armstrong Anno di produzione 1997
Distribuzione Twentieth Century Fox Durata 113
Oscar & Lucinda è un
film affascinante, originale e omogeneo che racconta la
strana e allegra storia di un ragazzo molto religioso
(Ralph Fiennes) che diventa un giocatore dazzardo
appassionato solo per pagarsi gli studi e fare elemosine
ai poveri e di una ragazza ingenua e ricchissima divorata
dalla passione delle carte nellAustralia di fine
del secolo scorso.
Un film di cui - se fosse
finito come era iniziato e come si era sviluppato - non
si sarebbe potuto dire che bene, mentre visto il finale
drammatico e retorico che ha, fa nascere molti sospetti.
Innanzitutto, il primo dubbio che
viene è che - per non seguire alla lettera il romanzo -
si sia voluto distanziare goffamente il film, tenendolo -
comunque - a una perniciosa distanza di sicurezza. Così
lomogeneità di immagini, luci, colori e
lunità composta e allegra dellazione, lascia
spazio a momenti di incertezza sul come fare evolvere una
trama originale e affascinante.
Oscar & Lucinda è un
delizioso capolavoro per circa tre quarti della sua
durata, poi il film affonda nelle melme di un finale che
più insensato e immotivato non si può, perdendo la
scanzonata leggerezza con cui si era evoluto, raccontando
una storia che sembra davvero essere solo una scommessa e
perdendo quellunicità che prometteva
allinizio. Davvero un peccato per unopera con
degli attori eccezionali, a partire da quel Ralph Fiennes
che imbruttito per loccasione dimostra ancora una
volta di essere veramente bravo e capace.
Costretti a
uccidere (The replacement killers)
Chow Yun Fat - Mira
Sorvino - Michael Rooker - Jurgen Prochnow Sceneggiatura
Ken Sanzel Regia Antoine Fuqua Anno di produzione 1998
Distribuzione Columbia Tristar Durata 88 minuti
Un film veloce che sembra un western di
Sergio Leone con unintensità raddoppiata da
unottima regia e dalle tecnologie cinematografiche
che permettono una maggiore cura dei particolari questo
Costretti a uccidere che unisce, ibridizzandolo in un
ottimo prodotto, il cinema di Hong Kong e le
caratteristiche del film dazione americano.
La storia è molto
semplice : un killer cinese (il divo Chow Yun Fat
allesordio oltreoceano) si rifiuta di uccidere il
figlio di un poliziotto, così il suo "datore di
lavoro"
Il boss Terence Weu vuole fare fuori lui e
una ragazza che doveva fargi un passaporto per tornare a
Shangai (Mira Sorvino). Semplice, lineare, diretto con
immagini di sparatorie girate in maniera molto moderna
con intere sequenze al rallenty e dove ogni inquadratura
è studiata nei minimi dettagli. Un film con la storia
che si ispira ai temi tipici del cinema orientale con -
in primo piano - valori come la famiglia, la religione,
lonore adattati allo stile americano, che funziona
per il grande fascino con cui Costretti a uccidere si
svolge e si evolve. Speriamo che segni davvero
linizio di un nuovo genere.
Strade perdute
(Lost Highway)
Bill Pullman - Patricia
Arquette - Robert Blake - Robert Loggia - Gary Busey
Richard Pryor - Sceneggiatura e Regia David Lynch
Distribuzione Cecchi Gori
Anno di produzione 1996 Durata 134 min.
" I segreti e i
misteri formano un bellissimo corridoio dove puoi
galleggiare. Il corridoio si espande e molte cose
meravigliose possono accadere. Amo il processo mentale
che ti fa entrare nel mistero". Parola di Lynch che
anche per questo film sceglie la via della "non
-spiegazione" e dellintreccio complesso il cui
scioglimento è lasciato allo spettatore, piuttosto che
alla volontà del regista.
In un gioco ad incastro
prende corpo una trama che ha il sapore del sogno e
dellincubo, dove i personaggi si sdoppiano in una
realtà alterata di mistero che avvolge gli eventi
dilatandoli oltre quella che chiamiamo
"comprensione". Perchè per Lynch la
spiegazione è nemica della storia. Come ha dichiarato
una volta "è meglio non sapere troppo del
significato delle cose o di come possono essere
interpretate, o si potrebbe essere troppo spaventati per
lasciarle accadere".
Ed è quello che Lynch fa
con i suoi film: lascia che accadono. Come in Lost
Highway, dove i personaggi sono compressi in
unatmosfera claustrofobica e al tempo stesso
sfuggente, (in)seguiti dallocchio di un uomo
misterioso che rappresenta lo stesso Lynch, manipolatore
del reale e del sogno.
Le strade perdute del
titolo sono quelle del nostro secolo e della nostra
esistenza, sono i significati smarriti negli incubi
quotidiani, nei percorsi di un orrore costantemente in
agguato.
In questo film ritroviamo
tutta la personalità registica di Lynch, la sua
delirante pennellata onirica, la sua "follia"
come metafora della fantasia umana.
Faticosamente arrivato
nelle sale, Lost Highway piacerà ai lynchiani più
fedeli e spiazzerà il pubblico che non lo conosce
abbastanza. Perchè in questa sua opera confluiscono
tutte le ossessioni del regista già espresse in
Eraserhead, in Velluto Blu e in Cuore Selvaggio.
La piena maturità di
Lynch si esprime così in questo puzzle esistenziale e
artistico, dove ogni tassello porta con sè la fugacità
del sogno e la sostanza del reale.
Allo spettatore spetta il
compito di comporre o, se vuole, scomporre il quadro che
il regista racconta senza spiegare, lasciando che il
significato si moltiplichi in tutte le interpretazioni
possibili.
e.s.
Le ali
dellamore (The wings of the dove)
Helena Bonham Carter -
Linus Roache - Alison Elliott - Elizabeth McGovern -
Charlotte Rampling - Mark Alex Jennings Sceneggiatura
Hossein Amini tratta dal romanzo Le ali della colomba di
Henry James Regia Iain Softley Anno di Produzione 1997
Distribuzione Cecchi Gori Durata 101'
Statico, lento e penosamente
retorico, Le ali dellamore è veramente un film
sopravvalutato che ha fruttato anche uninspiegabile
nomination allOscar a una Helena Bonham Carter che
- presa per interpretare un film passionale - mantiene la
stessa espressione facciale per tutto il film.
Tratto da un romanzo di
Henry James, il film racconta la storia di
unaristocratica inglese che nei primi anni del
secolo - rimasta senza soldi - cerca di fare innamorare
una ricchissima, ma ammalata americana del suo fidanzato.
Alla morte di lei, infatti, i due avrebbero il denaro
sufficiente per sposarsi.
Un film che doveva
mostrare una storia dura nella sua esecrabile
scarnificazione etica e sociale, che invece assomiglia
più a un prodotto commerciale e facile da propinare a un
pubblico borghese ben definito e delineato. Di una
lentezza sconvolgente, Le ali dellamore si perde in
dialoghi banali e scontati con una regia assai curata che
mira ai dettagli e ai particolari delle immagini, ai
costumi, perfino alle coreografie piuttosto che alla
storia del film e alla sua evoluzione. Una pellicola
dalla struttura vecchia e che dà più lidea di
essere piuttosto un piccolo puzzle con tasselli presi da
molti autorevoli predecessori piuttosto che una
produzione originale.
Arizona Dream
Johnny Depp - Faye Dunaway
- Jerry Lewis - Lily Taylor - Vincent Gallo
Sceneggiatura David Atkins Regia Emil Kusturica Anno di
produzione 1993 Distribuzione BIM Durata 140
"Liberato"
finalmente dai lacci di complesse questioni legali e
produttive che ne hanno impedito limmediata uscita
(mai avvenuta negli Usa), Arizona Dream, dopo ben cinque
anni, arriva nelle sale italiane.
Opera onirica e poetica,
il film di Kusturica è una magica metafora sulla
difficoltà di crescere e di non lasciarsi sopraffare dai
propri sogni. Ciascun personaggio è infatti
"intrappolato" in un suo desiderio a volte in
sintonia e a volte in aperto contrasto con quello degli
altri.
Axel (Johnny Depp) è un
giovane che ha tagliato i ponti con il passato e ricerca
la serenità che gli è sempre mancata. Confuso, ma al
tempo stesso consapevole di ciò che vuole, si ritrova
prigioniero tra i sogni di suo zio Leo (Jerry Lewis), che
immagina di arrampicarsi sulla luna su una montagna di
Cadillac; la stravagante Elaine (Faye Dunaway) che cerca
di volare con ogni mezzo possibile e quelli della fragile
Grace (Lily Taylor) che desidera reincarnarsi in una
tartaruga.
Per ciascuno di loro Axel
rappresenta la possibilità della realizzazione del sogno
e lasciandosi incantare dalla magia di ciascuno di loro,
il ragazzo, a suo modo, cerca di adeguare la realtà al
desiderio di coloro che ama.
Ma la favola di Kusturica
non ha un lieto fine, perchè agli adulti non è quasi
mai concesso di restare nelle fiabe e crescere, a volte,
è un prezzo troppo alto da pagare.
Sulla magia del sogno e il
dramma della realtà, il regista costruisce un film
profondamente poetico la cui trama non si fonda sulla
logica delle immagini ma sul tessuto impalpabile delle
emozioni spontanee che si esprimono in lampi di
grottesco, in pennellate di ironia e nella soltanto
apparente confusione delle storie.
Arizona Dream è un
piccolo gioiello di dolorosa magia che tocca tutti gli
attori graziandoli di una recitazione superba e naturale.
Faye Dunaway, Jerry Lewis, Lily Taylor e Johnny Depp
formano un indimenticabile quartetto di esistenze le cui
inquietudini si fondono in un impasto onirico e
autenticamente ispirato.
e.s.
MIMIC
Mira Sorvino - Jeremy
Northan - Alexander Goodwin - Giancarlo Giannini - Josh
Brolin - F. Murray Abraham Sceneggiatura Matthew Robbins
e Guillermo del Toro tratta dal racconto omonimo di
Donald A. Wolheim Regia Guillermo Del Toro Anno di
produzione 1997 Distribuzione Cecchi Gori Durata
102
Presentato allo scorso
Festival di Venezia, Mimic, è una sorta di
thriller-horror-fantascientifico che racchiude in sè
tutti i luoghi comuni del genere. Non molto distante dal
precedente Relic (anche nellassonanza del titolo),
anche in questo caso troviamo una scienziata alle prese
con mutazioni genetiche di cui perde il controllo.
Abbondantemente sfruttati gli alieni e i nemici politici,
è ora il momento di scoprire "il mostro che è
dentro di noi", o meglio nel codice genetico. Ecco
perchè, tra umani e animali di ogni tipo, un certo tipo
di cinematografia attinge a piene mani dal pericolo
(reale) della manipolazione genetica propinandoci storie
terrificanti e popolate di mostri che, fortunantamente,
verranno sconfitti. Laspetto peggiore di questi
film è che sono tutti tremendamente simili e la suspence
creata intorno alla "terribile" creatura
risulta talmente prevedibile da non regalarci, se non un
brivido di paura, nemmeno un minimo di inquietudine.
Siamo a New York in un
futuro non troppo lontano e un morbo terribile, portato
dagli scarafaggi, si sta espandendo. I coniugi Susan e
Peter Tyler scoprono una cura per debellare la malattia
che si fonda su manipolazioni genetiche che, ai test,
risultano stabili ed efficaci. La specie di scarafaggi
creata per aggredire il morbo non avrebbe più di sei
mesi di vita e , secondo i due scienziati, non
comporterebbe alcuna mutazione. Dopo tre anni una serie
di misteriose sparizioni, imputate ad uno psicopatico,
rivelano invece che una terribile specie di scarafaggi
mutanti hanno invaso il sottosuolo di New York e
minacciano lumanità. Queste creature, enormi,
dotate dintelligenza e in grado di mimetizzarsi,
dovranno essere debellate proprio dai due scienziati che
le hanno, inconsapevolmente, generate.
Mimic non si discosta da
questo clichè rivelandosi un film ovvio e privo di
originalità, con Mira Sorvino assolutamente fuori parte
e dei comprimari bravi (F.Murray Abraham e Giannini) ma
decisamente sprecati in ruoli di superficiale contorno.
Inoltre, come accadeva già in Relic, il mostro, alla
fine, risparmia leroina dimostrando di avere un
certo debole per il gentil sesso. Non è escluso che in
un prossimo film (come è già successo in Alien) tra la
protagonista e il mostro non nasca una tenera love-story.
e.s.
Arancia Meccanica
(A clockwork orange)
Malcom McDowell - John
Savident - Anthony Sharp Sceneggiatura e Regia Stanley
Kubrick tratto dal romanzo di Anthony Burgess Anno di
produzione 1971 Distribuzione Warner Bros. Durata
137
È il secondo film di
Kubrick dopo Lolita che viene riportato nelle sale
cinematografiche e il tempo fa scendere il divieto,
decantandolo ai minori di quattordici anni. Sembrerebbe
ridicolo, ma non lo è : il tempo è passato, la
morale è cambiata e il Georgie che tanto scandalo
suscitò nellinterpretazione di Malcom Mc Dowell
oggi è quasi un bravo ragazzo paragonato alle folle di
Serial Killers e psicopatici che riempiono le sale
cinematografiche.
Come un vecchio nonno cui
si è affezionati quando ci racconta per lennesima
volta la stessa storia, vediamo questo film di Kubrick -
anche se ci pare noioso e fuori del tempo - con tenerezza
e devozione. È grazie a lui che sono comparsi i vari
Tarantino e Co., quindi lo accettiamo per la sua violenza
gratuita e il suo istrionismo sardonico.
Lo accogliamo - però -
più come un pezzo di storia che come la celebrazione di
un ritorno. Come lo stanco visto della censura, anche noi
rimaniamo indifferenti. Il mondo è diventato ancora più
cattivo e la realtà è stata superata. Allora come
oggi ? Questa è unaltra storia e le critiche
sedimentate del passato non vanno rimescolate dal senno
di poi.
Marco Spagnoli
|