index SCIENZA - Giugno 1998

I moscerini matusalemme

Negli Usa il sorprendente risultato di un esperimento ha aperto le porte al segreto della longevità. Dopo che l'inserimento in alcuni insetti di un gene umano che produce un enzima antiossidante ha prolungato loro la vita del 40 per cento. Così adesso, paradossalmente, gli scienziati si domandano se il processo dell'invecchiamento non sia molto più semplice di quanto pensassero

Come giustamente ha osservato qualcuno, meglio vivere meno da normali che campare il doppio da mosche. Ma l'ultimo sorprendente esperimento condotto da una neurobiologa dell'Hospital for Sick Children e da un professore di genetica molecolare dell'università di Toronto (Canada) apre panorami inesplorati. Dopo che un gene umano, inserito nelle cellule di alcuni moscerini della frutta, ha prolungando la loro vita del 40 per cento. Un esperimento che avvicina l'uomo al segreto della longevità o, minimo, ad una vecchiaia senza tanti malanni.

Il principio alla base dello studio è già noto da tempo: le cellule con il passare del tempo producono materiali di scarto e tossine, soprattutto a causa dell'ossidazione. Così riducono l'attività, si moltiplicano meno, insomma invecchiano. Come succede al metallo, lentamente corroso dalla ruggine. Da qui gli effetti benefici, ad esempio, delle vitamine antiossidanti come la C e la E, che bloccano l'effetto dell'ossigeno e la produzione di queste sostanze di "scarto".

Andiamo avanti. Ci sono alcuni geni, sia negli insetti che negli animali, in grado di produrre un enzima, l'ossido-dismutasi, che trasforma la spazzatura cellulare in sostanze innocue. Così si è visto che alcune malattie, come l'Alzheimer, sono causate da una mutazione in questo gene che, alterato, non ordina più alle cellule di produrre l'enzima antiruggine. Risultato: le scorie aumentano a dismisura e danneggiano irreparabilmente i motoneuroni, le cellule nervose che controllano i movimenti.

Ed è stato proprio questo processo che ha suscitato l'interesse della neurobiologa Gabrielle Bolianne: cosa sarebbe successo se fosse riuscita ad aumentare la capacità dei neuroni di rimuovere i metaboliti dannosi dalle cellule? Basta provare. Così ha allevato dei moscerini della frutta ai quali aveva inserito nei motoneuroni delle copie del gene umano SOD1, capace appunto di ordinare alle cellule una extra produzione di ossido-dismutasi. Ed ecco il miracolo: più le cellule producono l'enzima, più a lungo vive il moscerino. Una scoperta che, dice Gabrielle Bolianne, suggerisce l'idea che il sistema nervoso sia una componente primaria del processo dell'invecchiamento. Al punto che altri ricercatori sono ora convinti che la protezione delle cellule nervose, oltre a curare malattie correlate come l'Alzheimer, possa avere un effetto generale sull'invecchiamento e sulla durata della vita. "Adesso possiamo guardare con ottimismo alla possibilità di intervenire direttamente sui malanni dell'età anche sugli animali superiori, uomo incluso", ha commentato un genetista dell'University of Colorado.

Certo per ora, come sempre succede, l'operazione eterna giovinezza funziona solo nei moscerini. Che agisca anche sull'uomo è da tutto da provare. Ma le implicazioni sono comunque tremende: un solo, singolo gene "spazzino" ha creato delle mosche matusalemme. Cosa che intanto conferma l'importanza dei processi di ossidazione nell'invecchiamento. Ma soprattutto indica una strada molto più semplice di quanto pensato finora per arrivare ad un mondo di baldi pluricentenari. Anche senza Viagra.

a.m.