I
moscerini matusalemme
Negli
Usa il sorprendente risultato di un esperimento ha aperto
le porte al segreto della longevità. Dopo che
l'inserimento in alcuni insetti di un gene umano che
produce un enzima antiossidante ha prolungato loro la
vita del 40 per cento. Così adesso, paradossalmente, gli
scienziati si domandano se il processo
dell'invecchiamento non sia molto più semplice di quanto
pensassero
Come giustamente ha osservato
qualcuno, meglio vivere meno da normali che campare il
doppio da mosche. Ma l'ultimo sorprendente esperimento
condotto da una neurobiologa dell'Hospital for Sick
Children e da un professore di genetica molecolare
dell'università di Toronto (Canada) apre panorami
inesplorati. Dopo che un gene umano, inserito nelle
cellule di alcuni moscerini della frutta, ha prolungando
la loro vita del 40 per cento. Un esperimento che
avvicina l'uomo al segreto della longevità o, minimo, ad
una vecchiaia senza tanti malanni.
Il principio alla base
dello studio è già noto da tempo: le cellule con il
passare del tempo producono materiali di scarto e
tossine, soprattutto a causa dell'ossidazione. Così
riducono l'attività, si moltiplicano meno, insomma
invecchiano. Come succede al metallo, lentamente corroso
dalla ruggine. Da qui gli effetti benefici, ad esempio,
delle vitamine antiossidanti come la C e la E, che
bloccano l'effetto dell'ossigeno e la produzione di
queste sostanze di "scarto".
Andiamo avanti. Ci sono
alcuni geni, sia negli insetti che negli animali, in
grado di produrre un enzima, l'ossido-dismutasi, che
trasforma la spazzatura cellulare in sostanze innocue.
Così si è visto che alcune malattie, come l'Alzheimer,
sono causate da una mutazione in questo gene che,
alterato, non ordina più alle cellule di produrre
l'enzima antiruggine. Risultato: le scorie aumentano a
dismisura e danneggiano irreparabilmente i motoneuroni,
le cellule nervose che controllano i movimenti.
Ed è stato proprio questo
processo che ha suscitato l'interesse della neurobiologa
Gabrielle Bolianne: cosa sarebbe successo se fosse
riuscita ad aumentare la capacità dei neuroni di
rimuovere i metaboliti dannosi dalle cellule? Basta
provare. Così ha allevato dei moscerini della frutta ai
quali aveva inserito nei motoneuroni delle copie del gene
umano SOD1, capace appunto di ordinare alle cellule una
extra produzione di ossido-dismutasi. Ed ecco il
miracolo: più le cellule producono l'enzima, più a
lungo vive il moscerino. Una scoperta che, dice Gabrielle
Bolianne, suggerisce l'idea che il sistema nervoso sia
una componente primaria del processo dell'invecchiamento.
Al punto che altri ricercatori sono ora convinti che la
protezione delle cellule nervose, oltre a curare malattie
correlate come l'Alzheimer, possa avere un effetto
generale sull'invecchiamento e sulla durata della vita.
"Adesso possiamo guardare con ottimismo alla
possibilità di intervenire direttamente sui malanni
dell'età anche sugli animali superiori, uomo
incluso", ha commentato un genetista dell'University
of Colorado.
Certo per ora, come sempre
succede, l'operazione eterna giovinezza funziona solo nei
moscerini. Che agisca anche sull'uomo è da tutto da
provare. Ma le implicazioni sono comunque tremende: un
solo, singolo gene "spazzino" ha creato delle
mosche matusalemme. Cosa che intanto conferma
l'importanza dei processi di ossidazione
nell'invecchiamento. Ma soprattutto indica una strada
molto più semplice di quanto pensato finora per arrivare
ad un mondo di baldi pluricentenari. Anche senza Viagra.
a.m.
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