Quello che segue è il mini-racconto (anzi, i tre racconti brevi) di fantasy che ci ha
inviato Matteo Gambaro che frequenta l'Università di Venezia. Scrittore in cerca di
editore, Gambaro crede nel suo lavoro. Tanto che ha depositato i diritti d'autore degli
oltre 60 racconti che ha scritto alla Siae. Pubblichiamo "Arene" che ha
vinto nel '95 il concorso "Invito alla scrittura" a Murano
ARENE
- Prima arena -
Le grida provenienti da dietro il portone rimbombano
potenti fin dentro la mia cella ed io attendo impotente, nel buio, finché la porta che
dà sul lungo corridoio scarno non sarà aperta da uno dei miei carcerieri.
Lo percorrerò lentamente quel corridoio, pregustando gli
ultimi momenti che precedono la lotta, mentre le grida oltre l'ultima porta si fanno
sempre più aspre e forti; ecco, la porta si sta aprendo.
Sto scalpitando, queste urla mi fanno aumentare
l'adrenalina, mi mettono addosso la voglia di lottare, di riscattarmi dopo una vita
passata in prigionia.
Sono ad un metro dalla porta che mi separa dal campo di
battaglia, si apre uno spiraglio ed io vengo investito dall'aria calda dell'arena e dalle
urla impazzite del pubblico: mi avvicino mentre la porta si apre un po di più ed il
mio odio sale potente e irrefrenabile alla vista dell'avversario da sconfiggere.
L'ambiente é ridondante di odio e paura, l'arena trasuda
del sangue dei precedenti sconfitti e, mentre muovo il primo passo sulla sabbia del campo
di lotta, alto nel cielo si eleva un grido:
"Ecco il toro, ecco il toro...".
- Seconda arena -
Non cederò, non gli permetterò di umiliarmi davanti al
suo imperatore, davanti al suo popolo.
Certo non é solo una questione di orgoglio, mi hanno
promesso che potrò far ritorno a casa se vincerò, ma in caso di sconfitta l'umiliazione
equivarrà alla morte.
Mi hanno rapito perché gli serviva un avversario da far
combattere nell'arena contro il loro campione, in occasione dei festeggiamenti per
l'incoronazione del loro imperatore; mi hanno drogato fino all'incoscienza per non
permettermi di ribellarmi e mi hanno svegliato che ero nudo nel bel mezzo di questa
fottutissima arena in uno stramaledetto pianeta sconosciuto.
Ma me le pagheranno tutte, queste viscide creature cremisi!
Il loro campione avanza per un nuovo attacco, veloce e
spietato come una macchina da guerra, freddo come la canna di una pistola; se solo ce
l'avessi una pistola gliela farei vedere io.
Mi colpisce con un bastone metallico al ginocchio: mira
alle articolazioni il bastardo, ma io riuscirò a levargli l'arma.
Guarda come si contorcono dal piacere quelle disgustose
bestiacce sugli spalti dell'imponente arena, ma presto si renderanno conto di
quantè coriaceo un terrestre.
Il campione sembra volermi caricare con quella spranga
acuminata, ma gli corro incontro, lo scavalco con un balzo e compiendo una capriola in
aria riesco a strappargli il bastone dalle sue zampacce di alieno.
Sembra stordito ed ecco che è giunto il mio momento di
colpire: dritto e deciso, gli conficco il bastone appuntito proprio in mezzo ai grandi
occhi bianchi e lui cade a terra morente, mentre una lugubre macchia scura si fa largo fra
la polvere dall'arena.
Mi giro verso il loro imperatore e proclamo a gran voce
ciò che mi è stato promesso, ciò che mi spetta.
- Ho vinto, ora sono libero!
Ma lui sembra non ascoltare: voltato verso una delle
porticine dell'arena, sporge in avanti una zampa chiusa, come una specie di pugno con il
pollice rivolto verso il basso.
In questo momento una schiera di bestiacce cremisi, armate,
sta entrando nell'arena e si dirige verso di me.
- Ma... non é giusto. Io ho vinto! Sono libero, ho vinto!
- Terza arena -
Le sfere di luce sublimarono velocemente per qualche
milione di anni prima di raggiungere lo stato di estasi desiderato.
La prima sfera, con rapide variazioni di intensità,
comunicò alle altre la sua idea, qualcosa di diverso per ammazzare leternità;
così tutte tre furono d'accordo e si misero al lavoro di gran lena.
Ci voleva qualcosa di veramente speciale questa volta;
l'ultima volta fu certo divertente, ma dopo un paio di milioni di anni passati ad
osservare delle altre sfere di luce, create a propria immagine e somiglianza, con alcune
palline di materia colorata che ci giravano intorno, anche la più elevata di loro finì
con l'annoiarsi: era tutto troppo regolare, troppo monotono.
Irregolarità, ecco quel che ci voleva, qualcosa di piccino
che pur presentasse in essa contraddizioni talmente grandi da rendere il suo studio un
continuo divertimento.
Per prima cosa non doveva essere di pura luce ma piuttosto
di materia fragile e poco nobile, quindi lavrebbero lasciata a girare vorticosamente
sopra una delle sfere colorate; ecco, era pronta.
La seconda sfera la presentò con orgoglio alle compagne
che la percepirono divertite.
Venne riposta sopra una sfera colorata e venne osservata
con curiosità; in realtà la creaturina non faceva un granché da sola, quindi alla terza
sfera di luce venne l'idea di crearne molte altre di colori diversi e di riporle insieme
alla prima.
Inoltre pensò bene di fare in modo che esse si odiassero
fra loro per la loro diversità e il risultato fu assolutamente esilarante: tutte queste
creaturine che si odiavano perché erano state diversamente colorate era la cosa più
divertente che avessero mai percepito, un vero colpo di genio e motivo di orgoglio per la
terza sfera di luce.
Le tre sfere decisero di lasciare per sempre intatta la
loro creazione, mentre gli esserini si moltiplicavano col passare del tempo ed il loro
odio reciproco cresceva sempre più.
Tutti dovrebbero provare a costruire una boccia di vetro,
una gabbia o, perché no, un'arena, metterci dentro due creature uguali in tutto tranne
che per il colore e restare a guardarle mentre si ammazzano proprio per questo: troppo
divertente...
Matteo Gambaro
(19/1/1995) |