Trapianto
di idee
Per la prima volta al
mondo un gruppo di ricercatori Usa è riuscito ad
impiantare cellule cerebrali in una paziente colpita da
ictus. La speranza è che sostituiscano quelle
danneggiate. Come è successo nei test con gli animali
che, paralizzati, hanno recuperato le capacità perdute.
Un campo intrigante ma pieno di insidie. Perché nei
neuroni, in fondo, c'è anche la nostra coscienza
E' una delle prime cose che
insegnano i professori di scienze fin dalle medie (e una
delle poche che si ricordano...): "Tutte le cellule
del corpo umano si riproducono, meno quelle
nervose". Per questo si possono trapiantare interi
organi, ma quando un nervo viene reciso indietro non si
torna. Una sfida che la medicina combatte da anni. E che
ricercatori dell'università di Pittsburgh (Usa) sembrano
decisi a vincere, o almeno hanno preso un buon vantaggio.
Dopo aver annunciato, prima volta al mondo, il trapianto
di neuroni umani in una persona vittima di un ictus
cerebrale.
Dopo la caramella dolce,
pronti con la cicuta: ci vorranno mesi, dicono gli autori
dell'esperimento, per vedere se il sistema funziona. Due,
tre, forse di più. E non c'è la certezza che la
paziente, una donna di 62 anni che ha perso l'uso della
parte destra del corpo e riesce a malapena a parlare,
recuperi del tutto o in parte le sue facoltà. Però il
passo è fatto. Confortato, ovviamente, dai precedenti
studi sugli animali (inutile nascondersi: a topi, cani e
scimmie sono stati provocati ictus cerebrali per vedere
se si riusciva poi a ripararne i guasti). Per fortuna
nostra e delle povere cavie i risultati dell'impianto di
nuovi neuroni nelle zone danneggiate sono stati buoni.
Anche se per arrivare ad un uso diffuso della metodica in
grado di restituire le funzionalità motorie e sensitive
alle persone colpite da infarto cerebrale, ci vorranno
anni.
Comunque la strada è
promettente. I ricercatori adesso sperano che le cellule
cerebrali trapiantate crescano fino a sostituire quelle
perse o danneggiate nel cervello della paziente. Come è
successo in laboratorio. I neuroni usati per l'operazione
sono stati preparati precedentemente dalla "Layton
Bioscience". Particolare curioso e forse
paradossale, è che questi neuroni sono in realtà delle
cellule tumorali. Nel senso che provengono da un uomo che
verso la fine degli anni '70 si ammalò di cancro ai
testicoli. Da qui la malattia si diffuse ai polmoni e
formò un raro tipo di tumore composto da vari tipi di
tessuto. Tra questi c'erano anche cellule nervose
perfettamente funzionanti. Così da quell'unico
"ceppo" di neuroni vitali è nata un'intera
generazione di cellule, quella usata per gli esperimenti.
Pericoli? Alla Layton Bioscience dicono di no: i neuroni
derivati da quel tumore lavorano in modo del tutto
normale e in nessuna cavia quelle cellule sono diventate
nuovamente cancerose.
Intanto gli scienziati si sbizzarriscono nel
pensare alle applicazioni possibili. Oltre al recupero
funzionale dei pazienti colpiti da ictus, i nuovi neuroni
avrebbero buone chances nel morbo di Parkinson, forse
nell'Alzheimer, nei traumi cerebrali (fratture,
commozioni) e nelle lesioni della spina dorsale. Tra i
vantaggi della metodica anche il fatto che le cellule
usate, pur di tipo embrionale, sono già specializzate
come quelle adulte. Cosa che, come hanno dimostrato i
test condotti fino ad oggi, ha notevolmente favorito
l'"aggancio" delle nuove arrivate con i neuroni
presenti. Risultato: negli animali a cui erano stati
provocati ictus artificiali con riduzione delle capacità
motorie e anche di memoria, il trapianto ha restituito
gran parte delle facoltà precedenti.
Certo come nella questione
clonazione o nell'ingegneria genetica in generale, subito
arrivano i dubbi inquietanti: se pensieri, coscienza,
memorie personali sono tutte nei neuroni, si
trapianteranno anche quelle? Il ricevente rischia di
avere i ricordi del donatore, o le sue ansie, le sue
passioni, le idee? Campo difficile. E inesplorato. Ma si
può fermare una ricerca, soprattutto con le prospettive
di curare mali così invalidanti?
Lecito sperare, insomma (e
magari dubitare). Anche se di lavoro ce n'è da fare
ancora molto. Prossimo obbiettivo dei ricercatori Usa, ad
esempio, è quello di riuscire a coltivare neuroni
derivati dallo stesso paziente e quindi reiniettati:
niente rigetti o altri rischi e totale compatibilità.
Anche di idee. Un traguardo forse lontano. Ma molto
intrigante.
a.m.
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