SPETTACOLO&MODA - Agosto 1998


Amandola, il villaggio globale

 Da 15 anni una attrice danese dirige il Festival del cinema e teatro di un piccolo centro delle Marche. Dove è riuscita a coinvolgere l'intera popolazione che, gratis, per una settimana costruisce, organizza e ospita decine di rappresentazioni. In strada, nelle piazze, sui granai e nelle scalinate delle chiese

Amand.jpg (14045 byte)Attrice danese di teatro e di cinema, Brigitte Christensen è - insieme a Marco Di Stefano - da circa quindici anni direttore artistico del Festival di cinema e di teatro di Amandola, piccola perla del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, nelle Marche, in provincia di Ascoli Piceno.

La Christensen dice di non credere più che il teatro possa riuscire a cambiare il mondo, eppure - dietro ai suoi meravigliosi occhi cerulei - un dubbio ce lo dovrà pure avere visto che la piccola cittadina marchigiana, diventa per una settimana un vero e proprio Work in progress culturale, dove l’intera popolazione si mette in moto per offrire agli artisti e ai visitatori un’accoglienza di grande qualità e attenzione.

Un teatro sociale, un teatro totale è quello che viene offerto da questo Festival che da oltre un decennio porta gli attori a recitare in ogni luogo possibile. Dalle case alle piazze, dai granai alle scalinate delle chiese tutto diventa palcoscenico in un crogiuolo di idee e di sogni che - forse - riescono a smentire un po’ l’elegante italiano della bella e brava attrice danese. Ad Amandola - dal 1° al 6 settembre, il teatro - infatti - riesce a cambiare il mondo. Come nella Grecia classica, cinema e teatro iniziano al mattino per arrivare fino a sera. Ogni giorno ci sono spettacoli e proiezioni diversi, a ore e in luoghi non troppo distanti l’uno dall’altro. Quest’anno - inoltre - c’è un ospite in più. Giacomo Leopardi, il poeta recanatese, compie duecento anni e così il Festival gli tributa un percorso culturale tutto suo dedicandogli una serie di spettacoli assai interessanti.

Ma il calendario è - davvero - smisurato e per chi volesse mettersi in contatto per ricevere informazioni due sono i numeri che si possono fare 0736/8474439 oppure 0736/84071. La mail è amandola{Sostituisci con chiocciola}tin.it.

Brigitte Christensen ha rilasciato - in esclusiva per Nautilus - questa intervista.

Brigitte Christensen, è una lunga strada dalla Danimarca fino ad Amandola. Che cosa porta una nota attrice danese a diventare direttore artistico del Festival di una piccola località delle marche ?

brig2_p.jpg (11126 byte)Sono da sempre interessata al teatro popolare di cui sono una promotrice. Insieme a Marco Di Stefano ho fondato - nel 1983 - il Teatro della Luna e ho sempre puntato la mia ricerca artistica e intellettuale verso progetti teatrali per spazi non convenzionali come piazze, palazzi, fabbriche, video e così via. Era logico - dunque - che cercassi di sintetizzare e mettere alla prova le mie esperienze in un Festival teatrale così articolato come quello di Amandola. Questo Festival gode di un’atmosfera particolare, noi abbiamo sempre cercato di realizzare uno spettacolo unico che fosse formato da tanti singoli spettacoli. Abbiamo cercato di realizzare un vero luogo di scambio, di interazione tra pubblico, cittadinanza e artisti. Ad Amandola cadono le barriere che esistono tra spettatori e attori. Tutto viene portato alla dimensione di un teatro di comunità dove si interagisce.

E come viene presa questa interazione dagli artisti che da tutta Europa vengono a presentare i loro spettacoli - spesso in prima assoluta - ad Amandola ?

Bene, perché noi non chiediamo loro di modificare le rappresentazioni a seconda dei luoghi, ma cerchiamo di potere realizzare spettacoli pensati per il palcoscenico in luoghi come case, piazze e granai, in modo che lo stesso artista capisca le motivazioni intrinseche del proprio lavoro. Il teatro è in ogni luogo e così tutti noi riusciamo a capire il perché di quello che facciamo e che cosa vogliamo ottenere dal nostro lavoro.

Come risponde la popolazione la cui vita viene sconvolta una volta all’anno ?

Centinaia di volontari, che non vogliono essere pagati, lavorano alla realizzazione del Festival in ogni suo aspetto. Si sentono tutti padroni di casa che desiderano solo che i propri ospiti siano contenti e soddisfatti e così dedicano parte delle loro ferie a questo Festival del cinema e del teatro. Si occupano di tutto. Sono ammirevoli e veramente in gamba. Tutto il paese è coinvolto, perché sentono come loro questa settimana di arte e cultura. La vita dell’artista, la sua opera diventano un tutt’uno con la cittadinanza. Un’esperienza totale che è anche un’opera d’arte vivente.

In questo c’è un po’ la sua stessa concezione del teatro...

brig1_p.jpg (9074 byte)Sì, io ho sempre considerato il teatro come un’esperienza totale e coinvolgente al massimo grado. Purtroppo questo succede sempre più raramente. Chi fa teatro ha bisogno del pubblico come fine, come ragione d’essere e come elargitore d’affetto nei confronti dell’artista. Senza gli spettatori, senza il pubblico vero - non quello cosiddetto "in abbonamento" - il teatro non esiste.

 Il suo è un modo molto moderno di comunicare...

È un modo vivo. Il mondo è in comunicazione continua oramai. Internet, satelliti, cellulari, televisioni, il mercato globale esteso ovunque sono tutti segnali della direzione universale che ha preso la comunicazione mondiale. Quando venivo le prime volte in Italia tutto era completamente diverso da Copenhagen. Oggi trovo addirittura le stesse cose al supermercato. Ma non sono questi dettagli a cambiare le radici. Le nostre identità rimarranno le stesse comunque. Non dobbiamo avere timore di aprirci al mondo e al suo modo di comunicare. Amandola è diventato uno specchio del villaggio globale nel momento in cui - dopo quindici edizioni - abbiamo portato nelle Marche spettacoli teatrali che non stridessero con le radici culturali e spirituali di quella terra. Oggi possiamo dire di avere fatto passi da gigante per creare un’interazione comunicativa tra il pubblico, la cittadinanza e gli artisti.

 Un’esperienza unica...

Sì, anche a livello europeo abbiamo pochi casi del genere. Forse il mondo non si può cambiare solo grazie al teatro, ma tramite questa arte si possono realizzare delle piccole utopie e Amandola - intesa come luogo dei sette giorni del Festival - è uno di questi. È un luogo di sogno dove il fine intellettuale unifica e scavalca gli schieramenti politici, dove la gente comune parla con gli artisti e dove nascono idee e amicizie. Almeno una volta all’anno.

Un po’ come Brigadoon, il villaggio scozzese da sogno del musical con Gene Kelly che riappariva una volta ogni cento anni...

Sì, davvero: un’utopia che ci fa capire ogni volta per che cosa vale la pena vivere.

Marco Spagnoli