Il Conte Oberto torna a casa
Giuseppe Verdi vi ambientò
la sua prima opera, rappresentata alla Scala di Milano nel 1839. Ora Bassano ha ospitato
l'"Oberto Conte di San Bonifacio" proprio nel cortile del castello degli
Ezzelini
La genesi dell' "Oberto conte di San
Bonifacio" prima opera di Giuseppe Verdi, è tuttora circondata da un alone
misterioso. Una certa luce è stata fatta nel 1939 da Claudio Sartori che pubblicò sulla
Rivista musicale italiana una serie di lettere di Verdi, datate tra il 1835 ed il 1839,
indirizzate a Pietro Massini insegnante di canto e direttore delle stagioni della Società
filodrammatica di Milano che avevano luogo presso il Teatro dei filodrammatici, tuttora
esistente in fianco al teatro alla Scala di Milano. Anche con questa pubblicazione di
lettere del Maestro le cose non sono state del tutto chiarite.
La prima rappresentazione dell' "Oberto Conte di San
Bonifacio" ebbe luogo al Teatro alla Scala il 17 novembre 1839 ma già nel 1835 Verdi
scriveva al Massini che stava componendo un'opera, senza specificarne il titolo, e
chiedeva notizie circa le voci che Massini avrebbe ascoltato nei saggi finali
dell'Accademia in modo da potersi regolare sulla tessitura. Risulta quindi evidente che
l'opera che Verdi aveva in gestazione era destinata ad essere rappresentata a Milano al
Teatro dei filodrammatici. Nel 1836 Verdi veniva assunto come Maestro di musica del Comune
di Busseto e quindi tutte le sue attività erano concentrate su questo importante
incarico. Verso la fine del 1836 il sindaco di Busseto annotava che Verdi "ha
compiuto un dramma serio che potrebbe essere rappresentato al Teatro ducale di
Parma". Nel 1837 Verdi scriveva al Massini che l'opera era compiuta ed in questa
lettera compare per la prima volta il titolo e l'autore del libretto.
Il librettista è un certo Antonio Piazza, giornalista
milanese ed il titolo dell'opera è "Rocester". Verdi però si rammarica che la
sua prima opera venga rappresentata a Parma in quanto riteneva Milano la sede ideale per
il suo debutto. Il direttore del Teatro però non voleva correre rischi e pur essendo
pressato da importanti personalità della corte di Maria Luigia non si sentì di mettere
in scena un lavoro di un autore sconosciuto ed alla sua prima esperienza in campo
operistico. Verdi nel 1837 si trasferì a Milano e qui riprese i tentativi per far
rappresentare la sua opera, non più al Teatro dei filodrammatici in quanto Massini aveva
cessato la sua attività, ma in altra sede.
A Milano attorno alla Scala ,dove in quegli anni si dette
la prima rappresentazione delle donizettiane "Lucrezia Borgia" e "Gemma di
Vergy", erano attivi altri importanti teatri. Al Teatro Carcano veniva rappresentata
una serie di opere come "Elisir d'Amore", "Torquato Tasso", "Il
Furioso all'Isola di San Domingo" di Donizetti, "Sonnanbula" di Bellini,
"Elisa e Claudio" e "I Normanni a Parigi" di Mercadante, mentre al
Teatro alla Canobbiana veniva rappresentato il "Mose'" di Rossini, la ripresa di
"Elisa e Claudio" e l' "Anna Bolena" di Donizetti con l'esecuzione
alla fine del secondo atto di una sinfonia di Beethowen (sic).
Terreno quindi fertile sia per la formazione musicale del
giovane maestro sia per la possibilità di rappresentazione di un'opera. Nell'ottobre del
1838, sempre per interessamento di Massini presso Merelli, direttore della Scala, si
profilò la possibilità di eseguire l'opera, il cui titolo era diventato "Oberto
Conte di San Bonifacio" nientemeno che al Teatro alla Scala con una compagnia di
primissimo ordine: il tenore Moriani, il basso Ronconi, la Strepponi e la Kemble.
Purtroppo il tenore Moriani si ammalò poco prima dell'andata in scena e l'opera fu quindi
fatta slittare al 17 novembre 1839 con cambiamento degli interpreti in quanto quelli
scritturati avevano impegni in altri teatri. Verdi allora ritoccò alcune parti per
adattare il lavoro alle nuove voci ed anche il libretto fu in parte rimaneggiato da
Temistocle Solera, il futuro librettista del Nabucco.
Alla prima rappresentazione presero parte Antonietta Marini
(Leonora), Maria Shaw (Cuniza) , Marietta Sacchi (Imelda), Lorenzo Salvi (Riccardo) e
Ignazio Marini (Oberto). Il successo fu notevole tanto che l'opera ebbe quattordici
repliche. Casa Ricordi acquistò la partitura ed il Merelli strinse un contratto con Verdi
per la composizione di tre opere. Certo è che non si saprà mai quanto del materiale del
"Rocester" sia confluito o meno nell' "Oberto" in quanto del primo non
è stata mai ritrovata la partitura.
Verdi durante il suo soggiorno milanese ebbe il modo di
ascoltare le opere dei grandi autori ed egli nella composizione si è rifatto ai modelli
di Bellini, Donizetti, Mercadante, Vaccai, i fratelli Ricci, Coccia. Ma dando una sua
inconfondibile impronta personale. Nell'Oberto compare già in evidenza il rapporto
padre-figlia e la figura paterna sarà un filo conduttore della produzione verdiana. Il
quartetto del secondo atto (interamente rifatto nel testo dal Solera) ha già la forma del
celeberrimo quartetto del "Rigoletto".
Pierluigi Pietrobelli, illustre studioso dell'opera di
Giuseppe Verdi scrive: "Nel creare il suo linguaggio
drammatico Verdi guarda alle esperienze musicali a lui contemporanee che puntano verso una
specificazione passionale più violenta del personaggio - soprattutto attraverso un
declamato che sgorghi dalla parola - verso un'eliminazione della fioritura belcantistica
fine a sé stessa. Se questa compare in Oberto (l'unico punto decisamente in questo stile
è il cantabile di Cuniza all'inizio del secondo atto) essa ha la funzione drammaticamente
precisa di definire una nostalgia inappagabile per un passato felice che non potrà più
ripetersi. Un sentimento questo, uno stato d'animo, che si addice ad un personaggio tutta
bontà quale è quello di Cuniza. Difatti quando la fioritura compare nella parte di
Leonora, lungi dal definire una situazione elegiaca, essa serve sempre e soltanto a
rafforzare il carattere drammatico del declamato di questo personaggio".
Per completare la storia della genesi del testo di questa
prima opera verdiana basterà accennare al fatto che, per la ripresa alla Scala
nell'ottobre del 1840, Verdi scrisse due nuovi pezzi e riadattò l'intera parte del
protagonista alle esigenze vocali del nuovo interprete. Per la rappresentazione a Genova
nel gennaio 1841 egli riscrisse ancora una volta tre pezzi della partitura e vi aggiunse
la banda. Tutto questo si ricava dall'ultima delle lettere di Verdi a Massini, datata da
Genova l' 11 gennaio 1841 e pubblicata anni or sono da Marcello Conati.
Bassano ha degnamente inaugurato il Festival a celebrazione
del millennio della data di fondazione della città mettendo in scena "l'Oberto Conte
di San Bonifacio". La rappresentazione si è svolta nel cortile del Castello degli
Ezzelini ove è ambientato il lavoro verdiano. Per accedere alla vasta gradinata il
pubblico ha percorso il vialetto che circonda le mura potendo così ammirare la mole
imponente del castello ed il panorama della città. Il vialetto era delimitato da fiaccole
ed erano presenti comparse in costume rendendo così ancor più suggestivo l'impatto del
pubblico con la realtà dello spettacolo.
Per quanto riguarda la rappresentazione si deve porre in
primo piano l'ottima prestazione dell'Orchestra del Teatro Olimpico diretta con grande
fervore dal maestro Giancarlo Andretta che ha risolto la partitura con piglio giovanile,
con lucidità nella resa fonica e con notevole perizia nell'accompagnamento e nel sostegno
delle voci. Ulisse Santicchi, regista nonché scenografo e costumista insieme a Liviano
Dal Pozzo, ha creato uno spettacolo di grande interesse: una torre che rispecchiava quella
del castello si apriva a seconda della situazione scenica lasciando uno spazio interno,
amplificato da grandi superfici a specchio, con un fondale che variava di volta in volta
in funzione delle necessità del libretto.
Meno bene sono andate le cose in palcoscenico: Cuniza era
Lidia Tirendi che ha sfoggiato un bel colore vocale ed una intensa penetrazione del
personaggio mentre Paoletta Marrocu ha messo in luce un centro molto interessante ma ha
palesato delle incertezze nella zona acuta. Oberto era Bruno Jacullo, voce gradevole,
corretto nella linea di canto ma non ha scolpito particolarmente il suo personaggio;
inadeguato al ruolo il tenore Antonio Lotti. Paola Fornasari Patti ha interpretato con
proprietà la parte dell'ancella.
Ottimo il coro del Teatro Verdi di Padova istruito dal
maestro Dino Zambello.
Luciano Maggi |