Nordest,
la politica indispensabile
All'assemblea
dell'Associazione industriali di Vicenza diventata una
puntata del "Porta a porta" di Bruno Vespa
c'erano il sindaco di Venezia Cacciari e il presidente
della Regione Veneto Galan, il leader della Liga Veneta
Comencini e l'industriale Pietro Marzotto. Ma
l'intervento più interessante è stato quello del
sociologo Ilvo Diamanti. Che ammonisce il Nordest a non
rinunciare alla politica fatta di discussioni e
differenze. E a evitare tentazioni monopartitiche come il
sistema egemonico che ha retto il Triveneto bianco per
quarant'anni
C'erano il sindaco di
Venezia Massimo Cacciari e il presidente della Regione
Veneto Giancarlo Galan, il leader della Liga Veneta Luigi
Comencini e un big dell'industria come Pietro Marzotto.
Ma ad essere sinceri la parte più interessante
dell'incontro sul fenomeno Nordest fra politici e
industriali vicentini e veneti, finiti nella puntata di
lunedì 11 maggio del "Porta a Porta" di Bruno
Vespa trasmessa per l'occasione proprio dalla Fiera di
Vicenza, è andata in onda quando ancora le telecamere
erano spente. Una ventina di minuti appena, a braccio
senza relazioni preparate: così Ilvo Diamanti, sociologo
oramai condannato ad essere per tutti lo specialista del
Nordest e delle sue trasformazioni, ha spiegato a qualche
centinaio di imprenditori cosa è stata e cosa dovrebbe
essere per lui oggi la politica nell'ex Triveneto bianco.
O Nordest del miracolo, che è lo stesso.
Sono tre gli argomenti,
anzi i quesiti, che Diamanti propone "senza voler
fare il politico": 1) I rapporti Veneto-Italia; 2)
La centralità della politica; 3) Con chi e come fare
politica. Dice il sociologo: "Sul primo punto una
cosa va precisata subito: piaccia o no, il Veneto è
l'Italia, in tutti i suoi aspetti sia positivi che
negativi. Personalmente io non credo all'esistenza di
un'etnia veneta. Caso mai ad una realtà sociale che ha
espresso una sua specificità. Però visto che l'immagine
conta, il veneto è visto come il "buon
selvaggio", bravo ma ignorante. Così come
all'estero l'Italia è considerata un Paese di abili
produttori ma disordinato e inaffidabile".
Cosa comporta questo? Due
problemi, spiega Diamanti, più da psicologi che da
economisti: il complesso del brutto anatroccolo e la
sindrome e di Davide e Golia. Il primo è il continuo
credere di essere "primitivi" perché ce lo
dicono gli altri, e come il brutto anatroccolo della
fiaba specchiarsi senza capire che si è diventati belli.
L'altra è l'idea di essere sempre dei
"piccoli" che devono lottare contro i
"grandi". Solo che così non si cresce mai e
non si affronta la realtà.
Seconda questione: la
centralità della politica. "Gli imprenditori - è
la bacchettata di Diamanti alla platea - devono
riconoscere l'importanza ma anche i limiti della
politica. E del sistema usato in passato oltre che di
quello attuale. La politica può diventare un limite o
una risorsa: meglio scegliere la seconda possibilità. Ma
non la politica stile anni '50-60, quella della Dc
egemone basata su uno scambio (di favori) e su una
supplenza. Prendiamo, ad esempio, il crollo demografico
in Italia. Fra vent'anni dove sarà il ricambio fra gli
imprenditori se non si fanno più figli? Questo è un
problema politico, e senza politica si resta "brutti
anatroccoli". La politica prima di tutto è
autogoverno locale. Ma se si sminuisce e si crede di
essere autosufficienti (magari solo con l'economia), a
fare politica andranno i peggiori. Per questo è meglio
se gli industriali partecipano".
Insomma qualche sciabolata
alla Lega e alle voglie di fare da sé che hanno
contagiato anche molti piccoli e medi imprenditori. Meno
i grandi, tanto che Marzotto è stato fischiato come
"statalista" da una platea a maggioranza
leghista (con tanto di camicie verdi e stemmini padani
diffusi: un'operazione programmata?).
Infine il terzo punto: con
chi fare questa nuova politica? A chi affidarsi? Diamanti
continua con i suoi paragoni: "La politica è fatta
di volpi e leoni. Quando dominano solo gli uni o solo gli
altri, le cose non vanno bene. L'ideale è che convivano
assieme. Ma a promuoverli deve essere la società civile.
A cosa deve pensare allora il Nordest: a un partito del
Veneto, al partito del Nordest? No, non va bene per una
realtà come questa. Anche se qualcuno dice che senza un
unico grande movimento non si fa "massa
critica" a livello istituzionale. Ma per questo
basta mettersi d'accordo tra i vari gruppi, un patto
esterno. Ma all'interno devono rimanere discussione e
differenze. Perché il sistema politico per funzionare
deve essere aperto, un "mercato" come in
economia in tempi di globalizzazione".
a.m.
|