Index POLITICA - Maggio 1998



Nordest, la politica indispensabile

All'assemblea dell'Associazione industriali di Vicenza diventata una puntata del "Porta a porta" di Bruno Vespa c'erano il sindaco di Venezia Cacciari e il presidente della Regione Veneto Galan, il leader della Liga Veneta Comencini e l'industriale Pietro Marzotto. Ma l'intervento più interessante è stato quello del sociologo Ilvo Diamanti. Che ammonisce il Nordest a non rinunciare alla politica fatta di discussioni e differenze. E a evitare tentazioni monopartitiche come il sistema egemonico che ha retto il Triveneto bianco per quarant'anni

C'erano il sindaco di Venezia Massimo Cacciari e il presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan, il leader della Liga Veneta Luigi Comencini e un big dell'industria come Pietro Marzotto. Ma ad essere sinceri la parte più interessante dell'incontro sul fenomeno Nordest fra politici e industriali vicentini e veneti, finiti nella puntata di lunedì 11 maggio del "Porta a Porta" di Bruno Vespa trasmessa per l'occasione proprio dalla Fiera di Vicenza, è andata in onda quando ancora le telecamere erano spente. Una ventina di minuti appena, a braccio senza relazioni preparate: così Ilvo Diamanti, sociologo oramai condannato ad essere per tutti lo specialista del Nordest e delle sue trasformazioni, ha spiegato a qualche centinaio di imprenditori cosa è stata e cosa dovrebbe essere per lui oggi la politica nell'ex Triveneto bianco. O Nordest del miracolo, che è lo stesso.

Sono tre gli argomenti, anzi i quesiti, che Diamanti propone "senza voler fare il politico": 1) I rapporti Veneto-Italia; 2) La centralità della politica; 3) Con chi e come fare politica. Dice il sociologo: "Sul primo punto una cosa va precisata subito: piaccia o no, il Veneto è l'Italia, in tutti i suoi aspetti sia positivi che negativi. Personalmente io non credo all'esistenza di un'etnia veneta. Caso mai ad una realtà sociale che ha espresso una sua specificità. Però visto che l'immagine conta, il veneto è visto come il "buon selvaggio", bravo ma ignorante. Così come all'estero l'Italia è considerata un Paese di abili produttori ma disordinato e inaffidabile".

Cosa comporta questo? Due problemi, spiega Diamanti, più da psicologi che da economisti: il complesso del brutto anatroccolo e la sindrome e di Davide e Golia. Il primo è il continuo credere di essere "primitivi" perché ce lo dicono gli altri, e come il brutto anatroccolo della fiaba specchiarsi senza capire che si è diventati belli. L'altra è l'idea di essere sempre dei "piccoli" che devono lottare contro i "grandi". Solo che così non si cresce mai e non si affronta la realtà.

Seconda questione: la centralità della politica. "Gli imprenditori - è la bacchettata di Diamanti alla platea - devono riconoscere l'importanza ma anche i limiti della politica. E del sistema usato in passato oltre che di quello attuale. La politica può diventare un limite o una risorsa: meglio scegliere la seconda possibilità. Ma non la politica stile anni '50-60, quella della Dc egemone basata su uno scambio (di favori) e su una supplenza. Prendiamo, ad esempio, il crollo demografico in Italia. Fra vent'anni dove sarà il ricambio fra gli imprenditori se non si fanno più figli? Questo è un problema politico, e senza politica si resta "brutti anatroccoli". La politica prima di tutto è autogoverno locale. Ma se si sminuisce e si crede di essere autosufficienti (magari solo con l'economia), a fare politica andranno i peggiori. Per questo è meglio se gli industriali partecipano".

Insomma qualche sciabolata alla Lega e alle voglie di fare da sé che hanno contagiato anche molti piccoli e medi imprenditori. Meno i grandi, tanto che Marzotto è stato fischiato come "statalista" da una platea a maggioranza leghista (con tanto di camicie verdi e stemmini padani diffusi: un'operazione programmata?).

Infine il terzo punto: con chi fare questa nuova politica? A chi affidarsi? Diamanti continua con i suoi paragoni: "La politica è fatta di volpi e leoni. Quando dominano solo gli uni o solo gli altri, le cose non vanno bene. L'ideale è che convivano assieme. Ma a promuoverli deve essere la società civile. A cosa deve pensare allora il Nordest: a un partito del Veneto, al partito del Nordest? No, non va bene per una realtà come questa. Anche se qualcuno dice che senza un unico grande movimento non si fa "massa critica" a livello istituzionale. Ma per questo basta mettersi d'accordo tra i vari gruppi, un patto esterno. Ma all'interno devono rimanere discussione e differenze. Perché il sistema politico per funzionare deve essere aperto, un "mercato" come in economia in tempi di globalizzazione".

a.m.