Lavoratori,
cambiate look
Sul
quadrimestrale "Quaderni"
dellassociazione Centro Veneto si parla di
formazione professionale. Quello che segue è
lintervento-premessa del ministro del Lavoro
Tiziano Treu sullargomento. Dove sostiene che
lunica strada possibile contro la disoccupazione,
in Italia ed in Europa, è la riqualificazione
dellofferta del lavoro
Con il Patto per il lavoro
siglato il 24 settembre del 96 si era manifestata
la chiara volontà del Governo e delle parti sociali di
collocare politiche delle infrastrutture, politiche del
lavoro, della formazione e della ricerca nel quadro di
una strategia integrata imperniata su riforme strutturali
ed innovazioni gestionali e procedurali. In tale ambito
la riforma della formazione professionale ha un ruolo
importante. Vi è piena consapevolezza che si tratti di
una leva strategica dello sviluppo a condizione di
promuoverne la qualità e che venga realizzata
lintegrazione dei sistemi formativi: quello
dellistruzione, della formazione professionale
regionale e della formazione sul lavoro. Laccordo
non poneva attenzione solo alla scuola e
allesigenza di rivedere percorsi e cicli di
formazione, ma sottolineava lesigenza da tutti
apprezzata di promuovere, riqualificandoli,
lapprendistato, i contratti formazione lavoro e gli
stage, valorizzando i momenti di raccordo con il mondo
del lavoro.
Su questa parte della
strategia per la lotta alla disoccupazione, che riguarda
la riqualificazione della offerta di lavoro, insistono
anche i documenti internazionali ed europei nelle varie
direttive. In particolare, nel sostegno
allimpiegabilità del lavoro tramite la formazione;
nelle politiche di sostegno delle fasce deboli,
individuate nei giovani e nei disoccupati di lunga
durata; nelladattabilità alle forme nuove di
lavoro e di impresa; nella diffusione della cultura
imprenditoriale; nelle pari opportunità. Su questi
versanti il 1997 ha segnato la predisposizione degli
strumenti attuativi del Patto del lavoro. Si registrano
innovazioni che hanno anzitutto una caratteristica
comune, quella di allargare le opportunità di utilizzo
delle occasioni di lavoro con tipi nuovi di rapporto,
favorendo le diversificazioni in atto nel mondo
produttivo in una linea che congiunge flessibilità con
regolazione concordata.
E questo un punto su
cui è aumentato il consenso in ambito comunitario; il
tema della flessibilità si congiunge sempre di più con
quello dellimpiegabilità del lavoratore, a
significare che lobiettivo delle politiche del
lavoro non è una qualunque forma di deregolazione o
anche solo di adattamento passivo della forza lavoro alle
esigenze del mercato, quanto il miglioramento delle
possibilità di impiego dei lavoratori, non solo nelle
forme tradizionali ma nelle forme diversificate proprie
dei lavori moderni. Si sottolinea cioè come le nuove
forme di lavoro devono essere effettivamente strumenti di
opportunità positiva e non di mera precarietà. Per
questo la flessibilità va perseguita insieme agli
investimenti in risorse umane, in particolare formazione
e ricerca. Le parole chiavi sono appunto quelle
dellimpiegabilità e dellinnovazione;
questultima anzi è la vera risorsa, perché può
dare a tutti la capacità di sfruttare a pieno e di
sostenere le chances offerte dal progresso tecnologico ed
economico.
Employability è la strada
anche per vincere la precarietà, che si contrasta solo
con un adeguato bagaglio di conoscenze che deve essere
rinnovato nel corso della vita e che deve arricchire
tutte le forme di lavoro, subordinato e autonomo. In
questa direzione si è mossa, anche se con qualche
ritardo, lattuazione legislativa del Patto del
lavoro specie nella legge 196 del luglio 1997.
Particolare attenzione è stata posta
allallargamento delle chances occupazionali per
lentrata nel mercato del lavoro, considerando la
persistente gravità della disoccupazione giovanile. Come
in altri paesi si sono moltiplicate le forme di
transizione dalla scuola al lavoro con una scala che va
dal tirocinio formativo, chiarito e agevolato nelle
procedure, a contratti di formazione allargati nelle aree
deboli del Sud, fino allapprendistato, arricchito
negli elementi formativi, che è destinato a diventare
uno strumento decisivo di inserimento dei giovani nel
mercato del lavoro e di integrazione del sistema
scolastico come in Germania e Olanda.
In prospettiva si prevede
un riordino complessivo dei contratti di
formazione-lavoro in un tipo unico in cui lavoro e
formazione si uniscono con modalità, contenuti, e
agevolazioni diversi, legati ai caratteri effettivi di
qualificazione di questi lavori. Fra le forme nuove di
contratti flessibili va annoverato il lavoro interinale,
introdotto dopo decenni di dibattito, che può diventare
unulteriore via di formazione e di introduzione dei
giovani al lavoro; ma analogo obiettivo ha
lincentivazione alla flessibilità dellorario
di lavoro e al part-time.
Questo primo bilancio
indica che ora il compito più importante è di
utilizzare in modo ottimale questi strumenti, in
particolare quelli arricchiti con pratiche formative, in
modo adeguato alle esigenze del mercato del lavoro. La
formazione ricorrente è un obiettivo largamente
condiviso e anche qui, lo scorso anno, si sono
predisposti gli strumenti per migliorarne
lorganizzazione: con il processo di integrazione
tra scuola e formazione professionale e, sul versante
della scuola, con lautonomia e il riordino dei
cicli scolastici. La sfida è di creare un vero sistema
integrato che vada dallorientamento professionale,
alla formazione orientata, fino al collocamento e alla
riconversione nel corso della vita lavorativa.
Esperienze anche di
eccellenza, non mancano; le difficoltà sono soprattutto
organizzative, e di qualità del personale dedito alla
formazione, mentre restano da vincere le resistenze
storiche allintegrazione fra i vari filoni
scolastici. Le risorse possono essere aumentate in un
primo periodo attingendo soprattutto ai fondi europei:
cè stato un significativo miglioramento
nellutilizzo del Fondo Sociale; ma in prospettiva
lurgenza è di indirizzare risorse ulteriori per
dare concretezza alla conclamata priorità della
formazione nelle strategie per limpiego.
Non a caso anche i
Ministri finanziari dellEuropa, sempre molto
prudenti, hanno sottolineato la loro adesione a questa
priorità, dichiarando che i problemi di formazione vanno
considerati veri investimenti e non come spese, con la
conseguenza che dovrebbero essere trattati come tali
anche sul piano della incentivazione fiscale.
Nellimmediato lItalia ha una particolare
urgenza di progredire sia nella quantità sia nella
qualità, della formazione e della ricerca perché gli
investimenti sono di molto sotto la media europea, e
anche per lo scarso coordinamento nellutilizzo
delle risorse, in particolare per la formazione e ricerca
applicata.
Un ruolo fondamentale
spetta ai livelli decentrati delle istituzioni, perché
tutta la formazione professionale congiunta ai servizi
allimpiego è stata ormai devoluta alle autonomie
regionali e subregionali che dovrebbe agire insieme alle
parti sociali. In particolare la gestione della
formazione continua è tipicamente materia di cogestione
tra le parti sociali e le istituzioni locali. Ed è a
questo livello che vanno mobilitate anche le risorse
aggiuntive. Le modalità sono da discutere nei mesi a
venire. Non cè dubbio che le parti potranno essere
indotte ad investire di più in quanto
lorganizzazione formativa sia libera da vincoli e
forme di intermediazioni tradizionali.
Una proposta sento di
avanzare alle parti sociali: in anni come quelli che si
preannunciano di crescita e quindi di minore utilizzo
degli ammortizzatori (un aspetto per cui la riforma è
ancora al palo) sarebbe opportuno devolvere alla
formazione continua, controllata dalle parti sociali,
almeno parte delle risorse risparmiate nellutilizzo
della cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, che
deve essere ricondotta alla sua finalità normale di
monito temporaneo alle imprese.
Certo abbiamo davanti un
percorso lungo, irto di ostacoli che non consente
semplificazioni e scorciatoie. Purtroppo non va
dimenticato che molto spesso si è costretti a fare
innovazioni gestionali con il treno in corsa. Ma la
riforma della formazione professionale, ancorata a quella
scolastica e al decentramento istituzionale, costituisce
uno degli assi del programma di governo. Il Patto per il
lavoro, la riforma Berlinguer e il decentramento
derivante dallattuazione dal pacchetto di riforme
previste dal Ministro Bassanini, sono infatti strumenti
che operano in stretta correlazione e andranno a incidere
profondamente nella realtà formativa del nostro Paese.
In questottica le
regioni e le autonomie locali sono necessari più che mai
per raggiungere gli obiettivi che ho indicato. Ciò vale
in particolare per regioni come il Veneto che, per il
particolare dinamismo del suo mercato del lavoro, ha la
necessità della riqualificazione continua delle risorse
umane (sia nel settore del lavoro autonomo che
dipendente). Investire nella formazione costituisce una
condizione fondamentale per lo sviluppo del modello
dellimpresa diffusa che ha fatto del Nord-est il
motore del sistema economico e produttivo
dellintero paese.
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