L'Italia dimenticata di Vittorini
E' stato messo in disparte da
critici e librerie che oramai propongono solo l'usa e getta anni '90. Ora un lavoro di
Raffaele Crovi traccia la figura dello scrittore che seppe raccontare come pochi l'Italia
dal fascismo fino al boom economico. Riuscendo ad unificare la narrazione fantastica con
l'impegno politico e sociale
Raffaele Crovi, Il lungo viaggio di Vittorini
Marsilio, pp.479, L.32.000
Vittorini, chi era costui? Con la memoria corta che
caratterizza questi nostri tempi ossessionati dallusa e getta e dalle novità, tale
interrogativo (che, per restare col Manzoni, metto in bocca ai miei venticinque lettori)
non vuole certo esprimere un artificio retorico bensì una preoccupazione. Ma come dolersi
se la gente non conosce o sè scordata Vittorini, quando giusto due anni fa neppure
gli addetti ai lavori si sono preoccupati di ricordarne il trentennale della scomparsa,
passato "nel generale silenzio dei quotidiani, dei periodici, delle riviste e dei
media radiotelevisivi", come stigmatizza Raffaele Crovi in una sua intelligente
biografia critica da poco uscita da Marsilio sullinventore del Politecnico.
Laltro giorno sono andato a cercare Vittorini in libreria. Non una copia
una di Conversazione in Sicilia o di Uomini e no, ma tutto Nove, Brizzi,
Ammaniti, Santacroce. Come volevasi dimostrare. Ci sono ben altri autori da promuovere; lo
testimonia daltronde la polemica che per alcuni giorni si è trascinata sul Corriere
intorno alla validità del Pulp quale cartina di tornasole della realtà (o apatia)
contemporanea. Altro che classici!
Ma torniamo alla biografia, attraverso la quale Crovi tratteggia
lavventura esistenziale del Nostro, inquadrandola nella storia civile e culturale
dItalia attraverso larco di circa quarantanni, e ripercorrendola grazie
ad una corposa mole documentaristica in buona parte inedita. Vittorini quindi come
scrittore esemplare di una fase cruciale del Belpaese: dal fascismo allantifascismo,
agli sforzi riformatrici della neonata repubblica; dal boom economico alle inquietudini
della seconda metà degli anni sessanta. Crovi peraltro è stato testimone privilegiato
dellultimo periodo di attività di Vittorini, il quale nel 54 gli propone di
collaborare alla collana einaudiana I gettoni, quindi alla rivista di testi e saggi
critici il menabò, vera e propria fucina letteraria che, tra gli altri, pubblica
lavori di Mastronardi, DArrigo, Volponi, Ottieri, V.Sereni, Giudici. Altro che trash!
Ma il pregio di questa biografia non è tanto la pur puntualissima rivisitazione
della vita e delle opere di un narratore "fantasioso e allegorico", che "ha
rimodellato in chiave di avventura utopica itinerante e discontinua, drammatica e
paradigmatica, esemplare e profetica, tutta la propria biografia umana, letteraria,
esistenziale". Essa non è solo unagile ma attenta riflessione, ritmata dal
contrappunto di citazioni tratte dai testi narrativi e saggistici del Nostro, ma in primis
mi pare rappresenti il tentativo di cogliere la continuità tra espressione letteraria e
vita, tra anelito allesattezza di scrittura e impegno intellettuale, politico,
sociale, che in Vittorini costituirono un progetto univoco.
E se è vero che, come sottolinea Maria Corti, lopera vittoriniana sfugge
a quanti cerchino di fissarla nella rigidità dun giudizio critico, il pregio del
lavoro di Crovi è anche quello di aver saputo tratteggiare - fra luci ed ombre - un
profilo umanissimo di un utopista, un amico, un maestro del novecento letterario.
Francesco Roat |