Carmen, l'opera neorealista
Lo Sferisterio di Macerata ha
proposto per la stagione lirica i titoli classici del genere. In particolare il lavoro di
Bizet dove debuttava nel ruolo della protagonista Anna Caterina Antonacci. Che nei panni
della popolana forte e carnale, nel primo esempio di soggetto "verista" dopo i
melodrammi e le divinità wagneriane, sembrava esserci addirittura nata
La tradizionale stagione lirica all'Arena Sferisterio di
Macerata, giunta alla sua trentaquattresima edizione, comprendeva tre titoli assai amati
dal pubblico: "Falstaff" di Giuseppe Verdi, "Carmen" di Georges Bizet
e "Turandot" di Giacomo Puccini. "Carmen" in particolare era attesa
per il debutto nel ruolo della protagonista di Anna Caterina Antonacci e di Viktor
Afanasenko nei panni di Don Josè.
Si è
detto che con "Carmen" nasce la scuola verista ma bisogna dire che ciò riguarda
il soggetto, il quale non ci mette davanti agli occhi né gli eroi e gli Dei wagneriani,
né i fastosi cavalieri ed i falsi eroi del melodramma sette-ottocentesco: si tratta di
gente del popolo, con i loro difetti e le loro virtù reali e con i conflitti passionali
che conducono alle catastrofi delittuose.
Carmen è una donna libera, passionale, forte ed il suo canto
è variegato e ricco di sfumature: basti pensare alla civettuola Habanera, alla leggerezza
della danza Boema, al canto funereo e meditativo della scena delle carte del terzo atto,
alla drammaticità del duetto che chiude l'opera per capire la complessità del
personaggio. A Carmen fa da contraltare l'innocenza e la solarità di Micaela, figura di
una delicata grazia e che esprime inequivocabilmente il suo innocente e timido amore. Don
Josè è una figura complessa che si muove sul piano lirico nei primi due atti e su quello
drammatico nel terzo e quarto atto e quindi ha bisogno di un interprete completo e di
grande forza e tenuta vocale. Ed anche il toreador Escamillo è molto ben delineato con il
suo canto rude e forte. Dall'opera di Bizet nasce il mito moderno di Carmen e di questo
mito se ne sono impossessati il cinema (dai tempi del muto al musical di Preminger del
1954 fino ai più recenti film di Godard, Rosi, Sauras ) la danza (Gades e Petit) ed il
teatro in genere.
L'edizione maceratese ha trovato in Anna Caterina Antonacci
una interprete ideale per il ruolo di Carmen.
La Antonacci ha colto in pieno il carattere della protagonista e ne ha dato una
interpretazione misurata e coerente, senza cadute di gusto sia nel canto che nella
presenza scenica: una Carmen la sua di grande qualità e si spera che i teatri diano a
questa artista la possibilità di misurarsi ancora con questo personaggio affinandolo e
perfezionandolo ulteriormente. Le qualità vocali della Antonacci sono fuori discussione:
il suo canto è sicuro, omogeneo, svettante e sempre perfettamente controllato.
Don Josè era Viktor Afanasenko, voce molto interessante con
grande facilità nell'acuto e timbro gradevole: la sua interpretazione è stata molto
convincente sia nella parte lirica che in quella drammatica. Lucia Mazzaria ha
interpretato molto bene la parte di Micaela dando quella giusta nota patetica al suo
personaggio. Giorgio Surjan ha dato vita con precisione e giusta misura al personaggio di
Escamillo. Una Frasquita e una Mercedes di lusso sono state rispettivamente Carla Di Censo
e Cinzia De Mola. Completavano l'ottima compagnia Armado Gabba, Silvano Paolillo, Riccardo
Ferrari e Paolo Orecchia.
Alain Guingal,a capo dell'Orchestra Filarmonica Marchigiana,
ha colto tutto il colore, la vivacità del ritmo e la bellezza della melodia bizetiana.
Non sempre corretto il Coro Lirico Marchigiano diretto da Emanuele Pedrini. Piuttosto
schematica la regia di Gilbert Deflo con quei rigidi movimenti della folla nel primo atto
e quelle strette geometrie nella scena del secondo atto. Le scene ed i costumi erano di
William Orlandi e le coreografie di Berta Vallribera Mir.
Con
"Turandot" si è potuta rivedere la bellissima regia di Hugo De Ana, già
ammirata allo sferisterio due anni or sono (e poi trasportata con i dovuti adattamenti al
Teatro Comunale di Bologna). Francesca Patanè (che riprendeva Alessandra Marc) si è
disimpegnata assai bene nel terribile ruolo della gelida Principessa mentre Nicola
Martinucci ha affrontato con grande impeto e detrminazione il difficile personaggio di
Calaf: una prova, la sua, di tutto rispetto. Carla Maria Izzo è stata una Liù
convincente con una voce bene impostata e gradevolissima. Timur era Mario Luperi. Le tre
maschere erano Armando Ariostini, Paolo Barbacini e Sergio Bertocchi e si sono
disimpegnati molto bene sia vocalmente che nei funamboleschi movimenti scenici. Lu Jia ha
diretto splendidamente l'Orchestra Internazionale d'Italia ricavando una perfezione di
suoni di raro ascolto e mettendo bene in evidenza tutti gli strumenti. Ottimo il coro
Lirico Marchigiano "Vincenzo Bellini" diretto da Emanuele Pedrini. Completavano
la compagnia Silvano Paolillo, Fernando Ciuffo, Liberto Boncompagni, Cristina Piangerelli
e Tiziana Santarelli. La grande sfera ideata da Hugo De Ana ha affascinato ancora il
pubblico che ha tributato grandi applausi a tutti gli artefici dello spettacolo.
Luciano Maggi |