La rivincita delle servette
Il teatro Verdi di Trieste ha
messo in scena sei famose operette. Un genere, quello delle varie "Cin-ci-là",
"Il conte di Lussemburgo" e "Parata di primavera", nato dalle ceneri
dell'opera buffa settecentesca e che spesso faceva perno su donne astute, simpatiche e
intriganti
"Operetta .... che passione" è un vecchio detto
che bene si adatta ai triestini e a tutte quelle persone che gravitano a Trieste per
interessi musicali. Il termine "operetta" compare per la prima volta il primo
marzo 1853 come qualificazione di un atto unico di Jules Viard musicato da Jules Bovary ed
intitolato "Madame Mascarilla", ma le sue radici le possiamo trovare nell'opera
buffa del settecento. Alcune di queste opere, come "La finta giardiniera",
"La serva padrona" o "La Cecchina", hanno portato in scena donne
intriganti ma astute e simpatiche che spesso costituivano il fulcro delle vicende: le
"servette".
In
francese "servetta" si dice "soubrette" e quando Hervé ed Offenbach
fecero spazio a questi personaggi, ecco apparire il termine "soubrette" per
simboleggiare il soprano brillante simpaticamente spregiudicato e che si pone in antitesi
con il soprano lirico o di coloratura. Un notevole impulso a questo genere di spettacolo
si ebbe con Offenbach e nei suoi lavori è messa bene in evidenza la satira e la parodia.
Nell'ottocento si passa alle storie di semplici borghesi e di baldi giovanotti schizzati
con ironia pungente contrapposta al patetismo delle prime donne. Numerosi sono gli autori
che si sono dedicati a questo genere di spettacolo con fortuna alterna ma creando sempre
dei lavori di grande interesse.
Veramente meritorio è riscoprire tali opere e, come già
accennato, Trieste si pone veramente all'avanguardia in questa operazione culturale.
Quest'anno l'operetta a Trieste era presente con ben sei titoli e due di essi,
"Parata di primavera" e "Il conte di Lussemburgo" sono stati trasmessi
sul terzo programma della Rai, giusto premio per produzioni di elevato interesse
artistico.
La recensione si limita forzatamente a due sole operette non
avendo potuto assistere a tutte le messe in scena. "Cin-ci-là" è nata dal
felice connubio di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato, binomio che ha dato alle scene un
cospicuo numero di lavori. Protagonista era Elena Berera ottima artista dotata di una voce
interessante e che sa stare molto bene in scena. Il ruolo di Ciclamino era sostenuto da
Amedeo Moretti che si è bene disimpegnato nella sua parte. Spassoso Riccardo Peroni nel
ruolo di Blum; completavano la compagnia Gennaro Canavacciuolo, Silvia Gavarotti, Elio
Veller, Lidia Koslovich nel doppio ruolo di narratrice e di regista del film che è insito
nella trama dell'operetta. Guerrino Gruber ha diretto con energia e precisione l'Orchestra
del Teatro Verdi di Trieste.
Ne
"Il conte di Lussemburgo" la figura del protagonista era impersonata da Bruno
Lazzaretti mentre Angela Didier era Chiara Taigi: due cantanti abituati all'opera lirica
ma che si sono molto bene adattati a queste parti con molto brio e con una perfetta
recitazione. Bravissima Chiara Noschese nella parte di Giulietta Vermont ed irresistibili
Gianna Coletti nella parte della Contessa e Paola Bonesi nella parte della cameriera. Ma
un plauso va dato a tutta la compagnia, da Alessandro Spadorcia a Ugo Maria Morosi, a
Stefano Consolini fino a Saverio Bambi nei panni del deforme notaio ed a tutti gli altri.
Julian Kovatchev ha diretto con molta raffinatezza la splendida partitura di Franz Lehar.
Luciano Maggi |