Il muro di sabbia
Da due anni lotta per sapere
come e perché è morta la figlia Mlena, rapita e uccisa in Tunisia. Le autorità hanno
già condannato il presunto assassino, ma Gilda Bianchi non crede alla loro verità. Piena
di contraddizioni e misteri, dice. E anche se stanca e delusa, continuerà nella sua
ricerca della verità
Bassano - "Se oggi succedesse la
stessa cosa a qualcuno gli direi di fare da solo, arrangiarsi, non parlare con nessuno.
Soprattutto con la polizia...". Dopo due anni di sofferenze è l'unica lezione che
Gilda Bianchi ha imparato. Due anni passati prima a cercare la figlia Milena, scomparsa
nel '96 durante una vacanza a Nabeul, in Tunisia. Poi a riconoscere il corpo sepolto sotto
un torrente secco, ascoltato la confessione del presunto assassino, la ritrattazione, i
misteri, le stranezze di quell'omicidio e i mille silenzi e ostacoli che le hanno seminato
intorno le autorità tunisine. Preso un assassino per loro quella storia è chiusa e
sigillata. Per lei, anche se stanca e delusa, non è ancora il momento di dire la parola
fine.
Il colpevole ufficiale è quel giovane Ben Mounir
invaghitosi della ragazza, che da solo l'avrebbe uccisa, trasportata sulla sua Vespa e
sepolta fuori dal paese. Così aveva raccontato dopo l'arresto. Poi, qualche mese dopo,
l'inversione di marcia: non è vero, sono stato minacciato e costretto a confessare da
alcuni uomini. Forse è vero, forse no. Forse Mounir è solo uno degli assassini di
Milena. Comunque qualcosa non va nelle ricostruzioni del delitto. Abbastanza (vedi
l'intervista all'avvocato Marazzita, legale della famiglia) per un nuovo processo. Quello
negato dalla magistratura della Tunisia, che ha respinto la richiesta di revisione del
processo e ha condannato Mounir a 20 anni di galera. Caso archiviato.
Stanca e delusa, Gilda Bianchi: "Con mio marito ci
siamo chiesti se vale ancora la pena di continuare - dice - Ha senso lottare contro un
muro? E poi, più di così cosa possiamo fare? La legge italiana dovrebbe chiedere
qualcosa, intervenire...". Allora è la resa? "No, continuerò per conto mio. Ma
perché non esce la verità su mia figlia? Mi sento presa in giro...".
Non è finita, allora. L'ultimo passo potrebbe essere
l'ultimo grado di appello possibile nel sistema giudiziario tunisino. Ma cosa possono
aspettarsi in casa Bianchi dopo tanti "no"? "Bisognava sentire l'arringa
dell'avvocato difensore, per capire: era terribile, ha letteralmente demolito l'autopsia
dei periti tunisini (la morte ufficialmente sarebbe avvenuta a causa delle botte subite in
testa, ma non c'è traccia di fratture: ndr) - continua Gilda Bianchi - Eppure niente. Ma
se ci volevano perfino convincere che Milena era uscita dal paese volontariamente?".
Hanno speso molto, i Bianchi. Sofferenze, fatiche, rabbia.
Hanno chiesto aiuto a molti. Sono arrivati fino al Papa, ma quando volevano incontrarlo
durante la sua visita in Tunisia la polizia li ha quasi sequestrati. Soprattutto perché
non gli piaceva quella maglietta con la foto di Milena che chiedeva giustizia. Ma hanno
speso anche molti soldi. Sorride Gilda Bianchi: "Nel '96 in un mese, solo di
telefonate, abbiamo speso 5 milioni...". Ha lasciato anche il lavoro, per seguire le
tracce di Milena. Ma questi non sono i veri problemi. La pace per Gilda e Bertillo Bianchi
tornerà solo quando la morte di Milena avrà una spiegazione. Che forse sarà banale. Ma
loro, a Milena, è questo che le devono.
a.m. |