I Film di
Ottobre
Il signor Quindicipalle
Francesco Nuti - Sabrina Ferilli Sceneggiatura Francesco
Nuti, Mario Rellini, Carla Giulia Casalini Regia Francesco Nuti Anno di
produzione 1998 Distribuzione MEDUSA Durata 100
Francesco Nuti ci aveva abituato a
film come Casablanca, Casablanca e Io, Chiara e lo Scuro dove il biliardo e
le belle donne la facevano da padrone, uniti da una trama esile, ma spesso divertente. Il
Signor Quindicipalle, favoletta con Sabrina Ferilli, invece, non ha nemmeno la trama.
È solo unaccozzaglia di immagini dove Nuti si compiace nel ritrarsi abile giocatore
di biliardo, mescolate a una storia dove una splendida Sabrina Ferilli ammalia con la sua
carismatica bellezza per farci dimenticare linsulsaggine e la pochezza del film che
stiamo vedendo.
Si vorrebbe raccontare una storia che parte dagli anni
Cinquanta, accompagnando la vita di questo giocatore di biliardo, ma il tutto si perde nel
mucchio dove - Ferilli a parte - emerge qualche rara battuta e qualche ancora più rara
situazione comica.
Un film deludente e noioso - a tratti pretenzioso - che si
dilunga nel mostrare linnegabile abilità di Nuti giocatore. Ma senza storia, senza
una trama convincente e in primo piano, tutto naufraga in un mare di situazioni scontate e
viste in altri film.
Elizabeth
Cate Blanchett - Geoffrey Rush - Christopher Eccleston -
Josepj Fiennes - Richard Attenborough - Fanny Ardant - Vincent Cassel - John Gielgud Sceneggiatura
Michael Hirst Regia Shekhar Kapur Anno di produzione 1998 Distribuzione
Warner Bros. Durata 123
Affresco storico di grande respiro
e precisione, Elizabeth annovera un cast straordinario con una Cate Blanchet (Oscar
& Lucinda) abilissima a rendere indimenticabile sul grande schermo la vita di
Elisabetta I dInghilterra, detta anche "la regina vergine".
Girato in maniera affascinante dal regista indiano Shekhar
Kapur, il film utilizza la tecnica veloce del videoclip e dello spot pubblicitario per
regalare immagini di grande suggestione e effetto.
Sullo sfondo dellInghilterra finita nel caos dopo la
morte di Enrico VIII per le dispute tra cattolici e protestanti, Elizabeth è la
moderna e intelligente biografia dellascesa al trono e dei primi anni di regno della
figlia di Anna Bolena, divisa tra la passione per un uomo e quella per lo Stato. E anche
quando la ragione di Stato sembrerà prevalere, sarà comunque la donna a vincere.
Chi ha visto in Elisabetta I un modello di femminista antelitteram
rimarrà estremamente soddisfatto dal ritratto che il regista e la protagonista danno di
questa grande sovrana dalla volontà di ferro.
Un film intenso - a tratti cupo, in certi momenti gioioso -
con costumi splendidi e luci che mettono in mostra tutta la forza dei protagonisti
dellazione.
Tra congiure di palazzo e nemici smaniosi, il film vede
grandi attori dare corpo e anima a personaggi storici spesso dimenticati: Geoffrey Rush,
vincitore del premio Oscar per Shine e Christopher Eccleston (Jude) esprimono
con solennità, la grandiosità dei loro ruoli e delle diverse anime e ideologie che
tramite essi si contrappongono. Richard Attenborough, Sir John Gielgud nel ruolo del Papa,
ma anche Fanny Ardant e Vincent Cassel sono comprimari di lusso in una pellicola che
rappresenta davvero loptimum per laffinamento del modello della
pellicola storica moderna. Linterpretazione storiografica corretta e innovativa,
infatti, apre nuovi spazi alla recitazione, distanziandola dalla retorica solennità di
certe pellicole anni Cinquanta e Ottanta, per lasciare liberamente andare la
cinematografia di qualità di pari passo alla rievocazione storica. Un ottimo film che
grazie a una storia intensa, raccontata in maniera piena di patos scorre
velocissimo, nonostante le due ore. Davvero un bel modo per raccontare e fare imparare la
storia.
Così ridevano
Enrico Lo Verso - Francesco Giuffrida Sceneggiatura e
Regia Gianni Amelio Anno di produzione 1998 Distribuzione Cecchi Gori Durata
122
Vincitore del Leone DOro,
Gianni Amelio ci regala con Così ridevano uno spaccato su unepoca che ci
appare ormai remota e che - invece - dista da noi poco più di una trentina danni.
Un affresco terribile e solenne di un momento storico in cui nasceva lItalia
moderna, quella di oggi, di tutti i giorni.
Tutto questo tramite il rapporto di due fratelli emigrati a
Torino dalla Sicilia, articolandolo in cinque giornate a cavallo tra il 1958 e il 1962.
Uno Giovanni (Enrico Lo Verso) desidera a tutti i costi che laltro
(lesordiente Francesco Giuffrida) si diplomi come maestro e che insegni alla scuola
elementare, mentre lui manterrà tutti e due lavorando.
Una storia di una "magnifica ossessione" - come
lha definita il suo regista - che vede protagonisti due emigrati come metafora di
unepoca in transizione. Un film duro e affascinante che meriterebbe non solo il
Leone dOro per il miglior film, ma anche quello per la "miglior idea".
Sono anni, infatti, che Amelio ci guida attraverso un
percorso tortuoso e difficile attraverso aspetti della nostra società che - rimbambiti
dal "buonismo dominante"- preferiremmo dimenticare. Invece, eccoci qua, quando -
mille anni prima della Lega - i Siciliani vengono chiamati africani dai torinesi che non
capiscono, perché non parlano la stessa lingua. In anni antecedenti lera della
televisione, due mondi diversi e distanti uniti solo sulla cartina geografica della
scuola, si conoscevano così per caso e per necessità. Amelio è senza ombra di dubbio il
più lungimirante regista italiano vivente. Le sue storie - da Il ladro di bambini a
Lamerica - ci hanno insegnato a guardare con altri occhi quel mondo in
trasformazione che ci circonda.
Ricordiamo lemigrazione? Ricordiamo quegli anni in
cui la gente viveva ancora in unaltra epoca? A chi assomigliano gli albanesi di
oggi, i marocchini, i tunisini se non a quel riflesso di noi stessi che vorremmo
ignorare ? Grazie Gianni Amelio che come uno psicologo ci guidi verso la conoscenza
di noi stessi. La rimozione continua della memoria storica di questo paese, della sua
coscienza civica passa attraverso un film come Così ridevano in cui stentiamo a
riconoscerci. Perché non vogliamo farlo, eppure dobbiamo...per andare avanti.
Non ci sono parole
sufficienti per dire bene di Enrico Lo Verso in questo film che sembra un uomo di altri
tempi. Un attore cult dalla forza morale e espressiva intensissime e dalle
capacità affabulatorie impressionanti.
Noi abbiamo visto una ricostruzione storica fedele e
affascinante. Abbiamo assistito a un film che è il paradigma di quei problemi che ancora
oggi abbiamo. Uno spaccato sociale, storico, etico che ci sembra piccolo e invece è forte
e straziante, perché racconta le lacerazioni di unepoca che abbiamo ereditato. Per
non parlare della bellezza della storia e del suo incredibile risvolto psicologico. Sembra
un film tratto da un racconto di Verga o di Pirandello per la sua concezione perfetta e
circolare, mentre - invece - ci accorgiamo che è di un autore moderno da cui dovremo
aspettarci ancora tanto.
A chi ha scritto che questo è un film incompleto
rispondiamo - anche se non saremmo tenuti a farlo - che non è la pellicola a essere
incompleta, ma la vita delle persone in essa descritte a esserlo. In quella transizione
mancata si nascondono tante istanze dei nostri giorni di cui probabilmente non avremmo
ricordato le cause, senza vedere questo film. Meno male che cè Gianni Amelio.
Delitto perfetto (A perfect murder)
Gwyneth Paltrow - Michael Douglas - Viggo Mortensen Sceneggiatura
Patrick Smith Kelly tratta dallopera teatrale Dial M for Murder di
Frederick Knott Regia Andrew Davis Anno di produzione 1998 Distribuzione Warner
Bros. Durata 107
Daccordo questo film non è allaltezza
delloriginale hitchcockiano, ma quante pellicole di oggi riescono a ricreare le
stesse atmosfere del maestro del brivido ?
Lasciando da parte i paragoni - però - questa pellicola
diretta dal regista de Il fuggitivo conquista una sua certa dignità.
Michael
Douglas sa, infatti, rendere molto bene il marito geloso che cerca di impadronirsi del
patrimonio della moglie, mentre Gwyneth Paltrow è pienamente a suo agio nel ruolo
naturale della signora dellalta borghesia newyorchese in cerca di un amante per
sentirsi meno sola. Certo, la scelta poteva essere migliore di quella di uno spiantato
pittore che - in realtà - è un criminale in cerca di dote. Eh, già, perché se così
non fosse stato il marito nei guai con gli affari non avrebbe tentato di assoldarlo per
ucciderla.
Raccontato nelle atmosfere levigate della New York
dellupper class, Delitto perfetto è un film fascinoso che unisce il glamour
a una storia sempre piena di tensione e di suspence nonostante gli anni.
Lunico vero rammarico è che avremmo preferito un finale diverso, magari anche con
la vittoria del male, ma si sa: nei film americani i buoni trionfano sempre più spesso
dei cattivi.
L'allievo (Apt pupil)
Brad Renfro - Ian McKellen - David Schwimmer - Joe Morton Sceneggiatura
Brandon Boyce tratta da 'L'allievo' ('Un ragazzo sveglio') di Stephen King Regia
Bryan Singer Fotografia Newton Thomas Sigel Anno di produzione 1998 Distribuzione
Columbia Tristar Durata 100
Che cosè stato il nazismo e che cosè il
Male ? A questi due interrogativi cerca di dare risposta Bryan Singer ne Lallievo
tratto da un romanzo di Stephen King. Il film ricostruisce il rapporto perverso tra un
giovane liceale americano che riconosce in un passeggero di un autobus un ufficiale di un
campo di concentramento nazista, e il vecchio aguzzino degli ebrei di Kiev.
Con un Ian McKellen meritevole di vincere un Oscar per
linterpretazione del personaggio duro e malvagio, L'allievo è
unintelligente e dolorosa pellicola incentrata realizzato sullagghiacciante
equazione male = abitudine. Non è questione solo di scelta o di propensione. La
malvagità è una sottile e seducente perversione che si manifesta dapprima nelle piccole
cose, per poi scatenarsi in inenarrabili atrocità. Si incomincia bruciando nel forno
della cucina qualche dolce gattino, si continua ammazzando piccioni feriti che vorrebbero
solo il nostro aiuto e si finisce per sterminare sei milioni di persone in nome di
esperimenti scientifici che sono solo l'alibi per il furto autorizzato e la violenza
razziale. Come una specie di "educazione sentimentale e perversa, L'allievo
rivela sin dal suo titolo la natura del vero rapporto - al limite dellomosessualità
- che lega il nazista e lo studente.
Un film duro che fa riflettere e che ci fa ammirare ancora
di più Bryan Singer e Stephen King. Ma anche una pellicola inquietante e spaventosa per
la semplicità del messaggio che lancia: attenzione i nazisti (intesi come portatori del
Male Nero) sono tra noi. Ancora oggi e ci saranno sempre, nonostante tutto.
Unanalisi del trait dunion tra i fumi dei campi di concentramento e il
Male presente da sempre nella storia delluomo. Proprio come il rapporto tra maestro
e allievo.
Washington Square
Jennifer Jason Leigh - Albert Finney - Ben Chaplin - Maggie
Smith - Judith Ivey Sceneggiatura Carol Doyle tratta dal romanzo di
Henry James Regia Agnieszka Holland Usa 1997
Terzo film in breve tempo tratto da un romanzo di
Henry James Washington Square è - probabilmente - il meglio riuscito tra le
pellicole che annoverano Ritratto di Signora e Le ali dellamore.
Diretta dalla stretta collaboratrice di Kieslowski,
Agnieszka Holland, la pellicola racconta la storia di una giovane ereditiera bruttina e
non troppo sveglia, che viene costretta da un padre possessivo a non prendere marito per
paura che questo sia solo un cacciatore di dote. Ambientato nella New York della fine
dellOttocento, Washington Square trova nellefficace scarnificazione del
testo di Henry James la strada più rapida per commuovere il pubblico e guidarlo in quel
labirinto di passioni e ragioni sociali, altrimenti incomprensibili al giorno doggi.
La sua riuscita deve molto anche ai suoi interpreti con un
Albert Finney antipatico e granitico nel ruolo del padre incrollabile nei suoi principi,
mentre Jennifer Jason Leigh ci offre una buona rivisitazione del personaggio del romanzo,
dando al suo ruolo un grande spessore morale e un carattere protofemminista.
Comprimari di qualità il bel Ben Chaplin e Maggie Smith a
tratti esilarante nel ruolo della buffa zia dal cuore doro.
Tutti
pazzi per Mary (Something about Mary)
Cameron Diaz - Matt Dillon - Ben
Stiller Sceneggiatura Ed Decter & John Strauss - Peter e Bob Farrelly
Regia Peter e Bob Farrelly Anno di produzione 1998 Distribuzione
Twentieth Century Fox Durata 119
Dopo Una vita esagerata e Il matrimonio del mio migliore
amico Cameron Diaz è diventata un astro di prima grandezza del firmamento
hollywoodiano. Era - duqnue - naturale che essendo bella, simpatica, sexy, maliziosa e
affascinante lex fidanzata di Matt Dillon (questo è lultimo film insieme
della coppia) dovesse avere prima o poi una pellicola "tutta per sé" che fosse
la celebrazione del suo fascino.
E lha - dunque - trovata in questo Tutti
pazzi per Mary surreale commedia firmata dagli stessi autori di Scemo + scemo che
intorno allattrice ventiseienne hanno costruito una vera e propria commedia degli
equivoci.
La storia si apre dopo un lungo flashback
agli anni del liceo quando il buon Ted (Ben Stiller) si innamorò perdutamente di Mary, la
più bella ragazza della cittadina. Anni dopo avere covato un grande rammarico per averla
forzatamente persa di vista, Ted decide di affidarsi a un detective privato per
ritrovarla. Questo (Matt Dillon) se ne innamora e depista il giovane dicendo che Mary non
è più quella che ricordava.
Ma il ragazzo non si fida e parte per Miami
giusto in tempo per scoprire che tutti si innamorano di Mary, non appena vengono in
contatto con lei.
Insomma, una commedia un po
volgarotta, a tratti oscena e non politicamente corretta. Ma tutto questo - attenzione -
solo per solleticare palati troppo usi a pellicole inutilmente patinate e commerciali.
Quando mancano i lampi di genio, il film si presenta piatto e - comunque - non
particolarmente originale. Ci sono momenti divertentissimi e altri di gran fascino
soprattutto per la bellezza notevole di Cameron Diaz, ma - tutto sommato - ci sembra
incredibile che questa commedia abbia incassato così tanto negli Stati Uniti. Sebbene gli
ingredienti di valore e quelli adatti per ottenere il successo commerciale ci siano tutti,
uninsipienza di fondo la allontana moltissimo e irrimediabilmente da quei riscontri
trionfalistici che lhanno fatta approdare nelle nostre sale con definizioni
esagerate e troppo adusate come "capolavoro della comicità".
Un film carino e a tratti esilarante, ma
senza quello stile di pellicole anche recenti come In & Out che non devono
ricorrere a un umorismo su tematiche adolescenziali per divertire il pubblico.
Radiofreccia
Stefano Accorsi - Luciano Federico -
Alessio Modica - Enrico Salimbeni - Roberto Zibetti - Francesco Guccini Sceneggiatura
Antonio Leotti e Luciano Ligabue tratta dal libro di Luciano Ligabue Fuori e dentro il
borgo Regia Luciano Ligabue Anno di produzione 1998 Distribuzione
MEDUSA Durata 112'
E'un
bell'esordio quello del rocker Luciano Ligabue alla regia. Un po'per una storia di
provincia non "provinciale" , un po' per avere dato la possibilità a Stefano
Accorsi - indubbiamente uno dei giovani attori italiani più in forma - di interpretare un
grande ruolo come quello di Freccia, giovane operaio della Bassa che - metà degli anni
Settanta - vive tutte le contraddizioni del suo tempo. E la vita di Freccia si confonde
con quella della radio a lui dedicata, una delle prime Radio Libere e con la descrizione
dei suoi diciotto anni di trasmissione. Un film pieno di storie da raccontare, intepretate
con grande maestria da un affiatato gruppo di attori, in cui si confondono i sogni le
speranze e le esigenze di una nuova generazione di giovani. Amici che nel convivere
insieme alle loro debolezze trovano la forza per andare avanti in un mondo vagamente
ostile.
Con la grande comparsata autoironica di
Francesco Guccini, il film assume toni ancora più forti, confrontandosi con un pezzo di
storia locale che è anche storia di tutti noi.
Luciano Ligabue, oltre a mostrare una buona
tecnica registica, ha saputo offrirci uno spunto di riflessione interessante su uno
spaccato di vita di quell'Italia forte e operosa che tutti dovremmo ricordare come
l'emblema di un mondo che è andato sparendo e trasformandosi. Ottima la ricostruzione
storica e sociale: eccezionale Stefano Accorsi oggi molto di più di una promessa essendo
Lui, Enrico Lo Verso e Valerio Mastandrea gli attori italiani di maggiore forza e
caratura. Commovente il ricordo di un'era quasi pionieristica della radio italiana, quando
era il mezzo radiofonico e non la televisione a regalare sogni ad adolescenti e teen
agers.
Gallo Cedrone
Carlo Verdone - Regina Orioli Sceneggiatura
Carlo Verdone - Leo Benvenuti - Piero De Bernardi - Pasquale Plastino Regia
Carlo Verdone Anno di produzione 1998 Distribuzione Cecchi Gori Durata 94'
Per
recensire Gallo Cedrone basterebbe notare - nel bene e nel male - che Carlo Verdone
è sempre Carlo Verdone. Potrà sembrare una questione lapalissiana eppure non è
esattamente così.
Chi ama Verdone correrà a vedere questo
film, perché c'è tutto quello che apprezziamo del regista romano. La simpatia, l'ironia
dei personaggi, alcune piccole cattiverie, certe forme di tic, caratterizzazioni di modi
di parlare e di essere che - spesso - risultano irresistibili.
Ma anche chi odia Verdone potrà rimanere
soddisfatto dal non andare a Gallo Cedrone: la trama è debole e gli attori che non
sono lui e la Orioli recitano malamente, il film sembra complessivamente una brutta
versione di Un americano a Roma, la regia è senza punti di genio e di valore, il
film assomiglia più a una lunga serie di skethces televisivi che una pellicola
organica.
Insomma, non riscontriamo alcun cambiamento
apprezzabile dal Verdone che conosciamo e amiamo/odiamo. Purtroppo - l'unica vera
considerazione a sfavore del film è che Carlo Verdone ha quasi cinquanta anni e che -
francamente - ci sembra che i casi siano purtroppo solo due ed entrambi sfavorevoli: o non
riesce a evolversi in staccandosi e andando oltre il suo passato. Oppure non vuole farlo
per motivi di cassetta e soddisfare lo zoccolo duro del suo pubblico che adora vedere i
romani parlare romanaccio e che arde costantemente nella speranza di rivedere -
leggermente aggiornati ai Novanta - i soliti personaggi che Verdone da venti anni porta
avanti - ovviamente - facendo un calcolo economico molto preciso.
Domandandoci quanto a lungo il regista
romano potrà andare avanti così senza prendere una posizione definita che lo costringa a
liberarsi dall'incubo della sua stessa storia, ci auguriamo che la voglia e la forza di
osare lo prendano per potere sfruttare quel talento immenso che l'attore ha dentro di sé.
Un augurio e una speranza che in questo Gallo
Cedrone vengono completamente disattesi e dove le rare risate vengono strappate
perché la bravura di Verdone risulta comunque innegabile e la sua simpatia sempre
irresistibile.
Insomma, Verdone è sempre Verdone.
Marco Spagnoli |