Una vita senza Zeri
Critico d'arte ma anche critico
della società, della politica e delle devastazioni culturali causate dal "vuoto
morale" dell'Italia. Nemico delle ipocrisie e delle mistificazioni. Pignolo negli
studi. Così un amico, in queste righe, ricorda lo scomparso Federico Zeri
Con la scomparsa di Federico Zeri è venuto
improvvisamente a mancare un punto di riferimento fondamentale per la cultura italiana e
non solo, oltrechè un grande e sincero amico dell'arte e degli artisti.
Tutti i suoi studi sono nati dall'approccio diretto, non
mediato, con l'opera d'arte. Egli,ripeteva che per avvicinarsi alla comprensione parziale
di un'opera del passato, era necessario uno studio approfondito del suo contesto, e cioè
della società del tempo, in tutte le sue manifestazioni politiche, sociali ed economiche,
oltrechè artistiche.
Come storico dell'arte non si è limitato a ripercorrere in
maniera acritica e per partito preso, le strade tracciate in precedenza dai suoi maestri
Toesca e Longhi, ma ne ha riesaminato sul campo le fonti, rivisto molto spesso a ragione)
le attribuzioni, con un coraggio che gli derivava dalla consapevolezza della propria,
rigorosa, mai accademica e rigida analisi.
Era pessimista per quello che riguardava l'umanità, in
special modo la società italiana, tutta chìusa nel proprio "particolare",
persa in un vuoto morale che non risparmia nemmeno il mondo delle espressioni artistiche.
Insomma, un personaggio scomodo, un uomo che aveva il coraggio di denunciare pubblicamente
gli scandali e le continue devastazioni di un patrimonio culturale ereditato dal passato,
testimone della storia dell'uomo.
Inutile ricordare qui il suo straordinario contributo alla
comprensione e alla lettura delle opere e della storia dell'arte con pubblicazioni come:
"Pittura e Controriforma" del 1975, "La filologia e un nome" del 1961,
"Dietro 1'immagine" del 1987, "La percezione visiva dell'Italia e degli
italiani" del 1989. Ha curato una sezione della Storia dell'arte italiana per
Einaudi, oltre a centinaia di saggi. Da qualche tempo si era avvicinato anche all'arte
contemporanea con l'umiltà di un neofita. Grande collezionista di epigrafi e busti
romani, poteva contare su di una fototeca privata fra le più fornite del mondo.
Accademico di Francia e consulente in alcuni fra i più importanti musei del mondo, non
esitava a troncare ogni rapporto di fronte a ipocrisie e mistificazioni.
Da parte mia, oggi, come penso per molte altre persone, è
un triste giorno. Per me significa la perdita di un amico lontano ma sempre presente, al
quale, dal 1991, confidavo i progetti e le difficoltà. Un rappor to basato sulla stima
reciproca. Un uomo raro per coerenza e grande dignità morale, e nello stesso tempo
goliardico con le sue "imitazioni" telefoniche per gli amici.
Concludo questo breve omaggio con le parole con cui Zeri
introduce il libro dei ricordi autobiografici, pubblicato prima in Francia nel 1995,
intitolato "Confesso che ho sbagliato" :-"Chi scrive l'autobiografia è
spinto spesso dalla paura della morte, dal,desiderio di innalzarsi un monumento oppure di
non lasciare scoperti che i migliori aspetti della propria esistenza, occultando quelli
considerati meno brillanti. Da parte mia non ho paura della morte che fa parte della vita;
e non pretendo, nelle pagine che seguono, offrirmi modello o esempio, per la ragione
proclamata dal titolo stesso di quest'opera".
Sono rimaste sole ora le sue sfingi di pietra a guardare la
campagna romana.
Vladimiro Elvieri |