La poesia in technicolor
Gira pellicole amare e commoventi.
Dove i ricordi e la memoria sono i veri effetti speciali. Ora con "L'eternità e un
giorno" Theo Angelopoulos racconta la storia di un uomo distante da sé stesso. E da
un mondo aggressivo fatto di individui soli dove si è perso il senso dell'essere
comunità
Theo Angelopoulos è un mostro sacro del cinema internazionale.
Autore di pellicole indimenticabili come La recita, Paesaggio nella nebbia, Lo sguardo
di Ulisse ha vinto la palma doro allo scorso Festival di Cannes con Leternità
e un giorno, amara riflessione sulla vita di uno scrittore nella Grecia doggi.
Un film intenso, solenne, commovente. Un capolavoro interpretato da Bruno Ganz e Fabrizio
Bentivoglio. Una dolorosa lettura poetica della vita e dei ricordi.
Maestro Angelopoulos, il suo personaggio principale
ricorda molto i grandi vecchi della letteratura. In particolare quellEdipo sulla
strada raccontato recentemente da Henry Bachau. Da dove ha preso lispirazione
per questo film ? Cè, forse, una componente autobiografica ?
Certamente. La creazione di questo film è venuta fuori dal
mio osservare una finestra di una villa che conoscevo e dal domandarmi che cosa vi fosse
dietro. La figura del poeta che acquista le parole per completare il poema che non si può
terminare mi assomiglia molto. Il mio tentativo di salvare la storia di certe persone
dalloblio è molto simile negli intenti a quello che il poeta greco Dyonisos
Solomòs provò a fare acquistando parole dai poveri abitanti dellisola di Zante.
Leternità e un giorno per me rappresenta una lettera damore nei confronti
di mia moglie, delle mie figlie e dei miei amici. Una delle mie figlie mi ha detto una
volta: "Quando ho bisogno di te non ci sei mai... e quando ci sei è come se non
ci fossi". Da quel dolore è nato in me il desiderio di fare questo film e
raccontare la storia di un uomo distante da se stesso proprio come me. Dalle lacrime di
mia figlia è nata questa pellicola.
È vero che ha scritto questo film per Mastroianni e
Volonté ?
La morte di Gianmaria Volonté sul set di Lo sguardo di
Ulisse mi ha posto la domanda che ha dato origine a questo film. Pensavo a Mastroianni
come protagonista.
Lho incontrato a Milano dopo una delle sue ultime
rappresentazione teatrali nellottobre di due anni fa e ho capito che era molto
malato. Ricordo di avergli chiesto se pensava che sarebbe stato un film malinconico e lui
mi ha risposto : "No, Theo la poesia non è mai malinconica."
Cosa prova a rivedere i suoi film ?
Le confesso che non riesco mai a rivedere i miei film. Non
li ho praticamente mai visti. Nessuno di loro. Li ricordo tutti e quando li vedo passare
sullo schermo penso: "Diamine, lì potevo mettere un po più di rosso. Là
potevo mettere più in luce quel mobile...". Non ho ancora la distanza necessaria
da nessuna delle mie pellicole. Quando parlo di un film, in genere, riesco a parlare solo
delle intenzioni che avevo e basta.
Lei ha incontrato recentemente Michelangelo Antonioni,
uno dei suoi maestri...
Antonioni è stupefacente. Un uomo che nonostante i suoi
malanni è ancora in piedi per lavorare ancora...Ho visto i suoi film a pezzi per anni.
Con i miei amici di scuola andavo in sala non per rivedere tutto un suo film, ma solo per
prendermi "una mezz'ora di Antonioni". Adoro il suo cinema, perché mi ha fatto
sognare. Ad ogni modo ho visto Lavventura almeno tredici volte.
Lavorerebbe mai con lui ?
Cè bisogno di chiederlo ?
Qual è il senso della memoria presente da sempre nei
suoi film ?
Quando ero giovane in Grecia vivevamo come elementi di una
comunità. Oggi siamo invece una triste amalgama di milioni di solitudini. La possibilità
del dialogo in una società aggressiva e selvaggia è sempre più remota. La perdita del
senso della comunità è quello che voglio raccontare principalmente.
Cosa pensa del cinema del futuro e qual è la sua
posizione a riguardo ?
Il cinema ha bisogno di cambiare e di esplorare un altro
punto di vista sulla vita e sul mondo. Così come la vita di tutti giorni per tutti noi
cambia e vuole cambiare. Noi viviamo un periodo di transizione come il mondo stesso. È
come se vivessimo in una sala dattesa. Non sappiamo quando si aprirà la porta in
fondo e cosa troveremo dietro di essa. Come tanti "giovanotti della mia
generazione" continuerò a cantare la canzone che conosco bene, in attesa delle
sorprese del futuro.
Lei è ottimista riguardo al futuro del cinema
europeo ?
Da giovane ero un marxista convinto che il tempo procedesse
in maniera orizzontale. Oggi sono convinto che procede come una spirale con piccoli corsi
e ricorsi.
Sono preoccupato per lidentità dellEuropa per
la sua koiné culturale messa in pericolo dallinvasione silenziosa e
strisciante della cinematografica americana. Noi stiamo perdendo la nostra identità
culturale e linguistica appiattendo le differenze che sono la carne viva della cultura.
Rimango - nonostante tutto - un ottimista e so che il futuro ci riserva grandi sorprese.
È vero: non sappiamo né quando, né come, ma sono certo che gli ideali comuni ed europei
di libertà e di profonda umanità torneranno - un giorno - in auge. Il cinema e la vita
smentiranno ancora una volta le nostre paure.
Marco Spagnoli |