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MUSICA - Novembre 1998

 

Nyman, l'orchestra del cinema

Ha scritto le colonne sonore delle pellicole di Peter Greenaway ed è diventato famoso con le note di "Lezioni di Piano" di Jane Campion. Ma poi ha litigato con tutti e due. Perché, dice il compositore inglese, è la sua musica che rende belli i film

All’età di cinquantaquattro anni, il musicista inglese Michael Nyman sembra avere raggiunto tutto o quasi. Compositore della maggior parte delle colonne sonore dei film di Peter Greenaway, Nyman ha raggiunto la notorietà presso il pubblico di tutto il mondo grazie alla musica del film di Jane Campion, Lezioni di piano. Oggi, come esecutore delle sue stesse composizioni, tiene concerti in tutto il mondo, mentre decine di registi lo inseguono per fargli comporre le musiche dei loro film. Spesso, infatti, basta questo ad assicurare grande successo ad una pellicola.

Ma va davvero tutto così bene ? In questa intervista esclusiva il musicista ci racconta i problemi incontrati negli Stati Uniti con le colonne sonore di alcune produzioni hollywoodiane e parla ampiamente del suo futuro. Ancora una volta - probabilmente - legato a quello di Peter Greenaway.

Mr. Nyman, recentemente lei ha scritto due colonne sonore per grosse produzioni hollywoodiane. Qual è il bilancio di questa esperienza ?

Visto che me lo chiede esplicitamente vorrei raccontarle una storia di cui non ho mai parlato con nessuno fino adesso. Questa estate ho finito di scrivere la mia seconda colonna sonora hollywoodiana intitolata Practical Magic, per l’omonimo film con Nicole Kidman e Sandra Bullock appena uscito negli Stati Uniti. Purtroppo quando i vertici della Warner Bros. hanno visionato il film erano assai preoccupati per la sua riuscita dal punto di vista narrativo. Così hanno deciso - per migliorarlo - di togliere quasi del tutto la colonna sonora che avevo scritto con molta passione, lavorando a stretto contatto con il regista Griffin Dunne. Improvvisamente tutto il mio lavoro è andato in pezzi per la decisione di un gruppo di persone. Con la mia colonna sonora Practical Magic sarebbe stato un progetto più interessante di quello che voleva la casa di produzione. Personalmente sono convinto che il film sarebbe riuscito meglio con la mia musica, ma questo non è servito a nulla. Loro volevano soltanto qualcosa di banale, conservatore e morbido. La mia partitura, invece, era molto melodica, leggermente ritualizzata, in alcuni punti molto ironica. Una lezione davvero interessante che spiega la differenza tra la forza del regista e il potere dello Studio di produzione. Quest’ultimo interviene sul primo con ogni mezzo. Se nel tuo lavoro fai qualcosa di inaspettato e che va oltre il convenzionale e il prevedibile, oltre quello che è emozionalmente trasparente e ordinario, non puoi davvero pensare di potere lavorare a Hollywood. È interessante notare che non sono stato il solo ad avere questa esperienza. Ennio Morricone ha avuto il mio stesso problema con una sua colonna sonora che è stata cancellata da una grande produzione hollywoodiana. Questa gente non ha nessun rispetto per la qualità del tuo lavoro.

Lei non teme di essere un po’ ingombrante ? Molto spesso, infatti, i film di cui lei aveva scritto la colonna sonora non erano granché, soprattutto paragonati alla musica da lei composta. Forse, i registi e le case di produzione sono un po’ inibiti...

Non credo. È molto facile lavorare con me. Spesso lascio di sasso i miei amici quando dico loro che faccio sempre esattamente quello che mi dice il regista di fare.

Con Andrew Niccol per Gattaca è andata proprio così. Ho seguito attentamente le istruzioni che mi ha dato per realizzare una musica che fosse omogenea alla pellicola.

Quella colonna sonora è molto lenta, lirica e io sono stato attento a fare in modo che nessuno mi accusasse che la musica fosse troppo simbolica. Metaforicamente Niccol era sempre dietro di me mentre scrivevo. La musica di Gattaca raccoglie in sé un senso di gravità legato in maniera molto decisa a una sorta di ricerca della dignità. Tristezza mista a tenerezza. Lei conosce la mia musica : vi immetto tutta la mia energia. Un regista pensa di dirigere anche il compositore e questo non va tanto bene... Con Peter Greenaway non ho mai dovuto implorare un po’ di libertà creativa, perché questa è una cosa molto normale con lui. Oggi mi rendo conto di avere avuto un grande privilegio a lavorare con un regista come Peter che mi consentiva semplicemente di farmi sedere al pianoforte e comporre la musica che volevo per accompagnare le sue immagini.

Qual è il suo modulo di lavoro per comporre una colonna sonora : preferisce leggere la sceneggiatura, vedere prima il film, oppure seguire costantemente la produzione come fa - per esempio - Philip Glass ?

Ho cambiato idea da poco. Quando ho iniziato a lavorare con Greenaway ero molto giovane e avevo un sacco di idee. Mi bastava semplicemente rielaborare certi concetti, certi pensieri e certe strutture per dare vigore alle mie invenzioni come compositore. Adesso, spesso preferisco vedere prima il film, perché credo siano proprio le immagini a dovere suggerire alcune idee e a permettere di fare sviluppare alcune impressioni. Pratical magic, però, non mi suggeriva nulla e solo dalle conversazioni con il regista Griffin Dunne è scaturito un certo interesse musicale. Spesso rimango sorpreso dal fatto che alcune pellicole che non mi danno alcuno stimolo intellettuale e nessuno spunto narrativo riescano a generare in me idee di qualche tipo su quale musica comporre.

Questo è il motivo per cui dopo l’enorme successo di Lezioni di piano, lei si è rifiutato di comporre la colonna sonora di Ritratto di Signora di Jane Campion...

È una storia molto triste: Jane è mia amica e siamo in ottimi rapporti. Mi ha convinto a venire a Roma durante le riprese e ha fatto in modo che scrivessi un piccolo quartetto per una scena del film. Ero profondamente coinvolto in questo progetto. Quando, però, ho visto la prima proiezione di Ritratto di Signora a Sidney, mi sono accorto che non mi diceva nulla e che era un film basato veramente sul niente. Il problema era che se fosse stato il lavoro di qualsiasi altro regista, questo avrebbe fatto sì che mi sentissi sfidato a comporre comunque la colonna sonora. Poiché, però, era il film di Jane e su entrambi noi c’era la pressione dovuta al grande successo di Lezioni di piano ho preferito lasciare perdere.

Ma non ha mai pensato di accettare, invece, la sfida di comporre - comunque - la colonna sonora di questo film ?

Certamente. Soltanto che per farlo avrei dovuto essere un po’ radicale. La musica di Lezioni di piano e di Carrington era stata concepita tramite una partitura orchestrale, mentre per Ritratto di Signora volevo utilizzare quattro chitarre elettriche. Tutti erano d’accordo con me nel farlo. Anche Jane. Solo che poi io stesso mi sono reso conto che in un film vittoriano, ambientato nel diciannovesimo secolo quattro chitarre elettriche avrebbero potuto solo rovinarne l’equilibrio. Il film e la mia partitura erano antitetici e incompatibili. Per la prima volta nella mia vita ho pensato: "Questo film non è ‘sano’ per me..." Purtroppo la mia decisione ha sollevato un vespaio: il film avrebbe trovato un aiuto nella mia musica, ma io avrei avuto dei problemi psicologici nel comporre la colonna sonora. La mia decisione presa dal punto di vista professionale ha avuto pesanti conseguenze visto che ha rovinato - per un po’ - i miei rapporti con Jane Campion che erano - sicuramente - più importanti di qualsiasi film.

Cosa prova nel vedere le immagini con il commento sonoro della sua musica ?

Io mi domando sempre se sono riuscito a spiegare il film, le sue sensazioni ed i suoi sentimenti tramite la musica. Di quasi tutti i film di Greenaway io non ho visto una singola scena prima di comporne la colonna sonora. Certo ne avevamo discusso... per me è sempre sorprendente trovarmi faccia a faccia con immagini che in una qualche maniera io spiegavo e raccontavo.

La sua fortuna è legata alle colonne sonore dei film di Greenaway. Vuole raccontare come è nato questo sodalizio ?

Una volta ho visto Quincy Jones in televisione che raccontava in un documentario come trovava frustrante scrivere colonne sonore, perché la sua musica era una sorta di "tappabuchi" e non poteva cambiare i meccanismi dei film. Io, invece, l’ho fatto. Greenaway mi chiedeva un commento sonoro ad una sequenza di cinque minuti ed io lo scrivevo, ma Peter non mi ha mai detto che cosa volesse. Non ha mai voluto sovrintendere al mio lavoro e mi ha dato un’opportunità, che io ho sfruttato. Il nostro, in un certo senso, era un lavoro alla pari.

Perché ha deciso di non lavorare più con Peter Greenaway ?

Una volta abbiamo litigato ferocemente e da quel giorno non ci siamo più parlati. Personalmente sono convinto del fatto che gran parte del successo dei suoi film sia stato dovuto alle mie colonne sonore.

Tornerà mai a lavorare con lui ?

Dal 1991 fino al 16 luglio 1998 non gli ho mai più rivolto la parola. La scorsa estate, però, sono andato ad Amsterdam a vedere la messa in scena della sua opera Rosa. Dopo lo spettacolo sono andato a trovarlo in camerino, l’ho abbracciato e gli ho detto : "È bello vederti di nuovo...". Era molto stupito di vedermi, perché non avrebbe mai pensato che andassi a trovarlo. Ora che abbiamo rotto il ghiaccio è possibile che la nostra collaborazione prenda di nuovo il volo. Penso che potrei fargli presto una telefonata e offrirgli i miei servigi come compositore della colonna sonora del suo prossimo film. Peter ha appena terminato di girare un omaggio a Otto e mezzo di Federico Fellini. Negli anni sessanta, quando eravamo solo amici, eravamo soliti ad andare a vedere tutti i film della nouvelle vague francese e italiana e la pellicola che più ci ha colpito in assoluto fu decisamente Otto e mezzo di Fellini. Una volta che sono caduto in mezzo alla strada, ho perso conoscenza e ho avuto uno strano sogno che ricordava molto questo film di Fellini. È un film che ha avuto un grande effetto sulla mia vita. È anche per questo che voglio lavorare con lui. Per esprimere il mio punto di vista su questo grande film.

È anche vero che Greenaway - dopo il suo abbandono - ha avuto enormi problemi con le colonne sonore...

Sì, è vero. Non credo che sia facile per lui trovare un collaboratore come me che sappia lavorare in maniera tanto naturale al suo fianco.

L’aspetto più impressionante della sua collaborazione con Greenaway è il lavoro di glorificazione della morte che avete reso tramite musica e immagini in diversi film...

Considero la Messa da Requiem come la massima espressione della musica dei secoli scorsi in relazione con la morte. Ovviamente l’essenza di quella particolare composizione era totalmente religiosa. La sua ritualità serviva a esaltare completamente la dimensione sacrale e spirituale. Per un compositore scrivere un Requiem era un affare assai complesso e molto serio. Nelle mie musiche, invece, viene meno l’aspetto religioso, perché io non ho l’abitudine formale di ritualizzare attraverso la religione i contenuti delle mie composizioni che riguardano - in una maniera o in un’altra - la morte. Dal punto di vista artistico, il mio rapporto con la morte è nato in maniera del tutto casuale. Nei film di Peter Greenaway la riflessione sulla morte è sempre molto presente e così io ho dovuto confrontarmi con essa quasi per caso. Ovviamente - nel corso degli anni - la scomparsa di alcuni miei amici ha mostrato quanto fosse necessaria in me una risposta dal punto di vista musicale a questi momenti tragici. Ricordo ancora con sofferenza il più doloroso incontro con la morte che io abbia mai avuto, ovvero la notizia di quello che accadde nello stadio dell’Heyselle a Bruxelles ai tifosi della Juventus nel 1985. La scomparsa di quelle quaranta persone è stata qualcosa che mi ha turbato profondamente, per sempre. La morte degli amici, delle persone care è stato qualcosa che non sono mai riuscito a rendere con la composizione di un pezzo che fosse una sorta di omaggio e di ricordo. Non ho mai voluto mettermi a sedere e dire   "Adesso scrivo un po’ di musica in memoria di queste persone..." Ho sempre voluto rendere la morte in maniera astratta, senza riferimenti religiosi o personali concreti.

Quale è il debito che compositori come lei e Philip Glass avete nei confronti della musica rock ?

Non ho ascoltato molta musica rock dopo i Beatles, ma trovo che ci sia qualcosa di molto forte nel rock che mi seduce. Come la musica di Glass è omogenea, la mia è eterogenea. Noi dobbiamo alla musica rock il senso dell’amplificazione e la regolarità del ritmo, la capacità di fondere colori musicali così diversi in un’unica melodia.

Da dove prende ispirazione per il suo lavoro ?

Da un’angoscia musicale molto personale.

È corretto dire che lei scrive "musica per gli occhi" ? Quando si vede un film e poi si ascolta separatamente l’incisione della colonna scritta da lei, si ritrovano - una ad una - le stesse emozioni che si sono provate nella visione della pellicola. Se, invece, si ascolta la sua musica senza avere visto il film che l’ha ispirata, si viene trasportati in un universo di bellezza e sentimenti...

Accade, ma non per una mia scelta deliberata. Non ho mai composto coscientemente musica "visuale". Nessun fotogramma di nessun film mi ha fatto pensare: "Devo esprimere quest'immagine con la tale musica...". Quello che lei dice è del tutto vero se viene esaminato il fatto che la mia opera ispira spesso immagini profonde e inconsce. Ogni volta che ascoltiamo una composizione musicale ci accorgiamo che questo pezzo ha una forte capacità di proporsi come una visione quasi onirica. Se si legano immagini diverse alla mia musica penso che vada tutto bene. Differente è pensare che ad essa possano andare collegate solo le scene del film. La musica acquisisce forza e anima dalla nostra memoria e dalla nostra coscienza. Molte delle mie composizioni sono legate di fatto ai film di Greenaway, mentre nella mia mente sono connesse a sensazioni ed emozioni che ho vissuto precedentemente a quando ho composto queste note.

Mister Nyman, lei ha raggiunto tutto nella sua vita artistica. E' richiesto da numerosi registi, le sue musiche sono ascoltate in tutto il mondo, lei stesso è impegnato in decine di progetti e di tournée dappertutto. All'inizio del nuovo millennio, qual è allora la sua sfida personale?

Fare tutto quello che ha detto lei, solo facendolo di più e meglio. Sono consapevole del fatto che la mia musica sia conosciuta più di quella di tanti altri famosi compositori, ma se viene paragonata con quella di alcuni musicisti rock, le cose cambiano sensibilmente. Voglio continuare a essere felice mentre lavoro, scrivendo opere e facendo cose che mi piace realmente fare. Desidererei anche che molta più gente ascoltasse i miei lavori. Non solo gli amanti dei film di Greenaway o quelli di Lezioni di piano. Mi piacerebbe che tutto il mondo si sentisse ispirato e aiutato dalle mie composizioni. Il mio sogno è che la gente in discoteca, cosí come gli accademici ascoltassero i miei lavori e ne traessero un beneficio del tutto personale. Forse, non capiterà mai, perché io continuerò comunque a scrivere principalmente per me.

Marco Spagnoli