I film di dicembre
Il calcio amaro di Ken Loach
Uma Thurman, la vendicatrice
Il Principe
dEgitto
Cartoni Animati - Sceneggiatura
Philip LaZebnik Regia Brenda Chapman, Steve Hickner, Simon Wells con le
voci originali di Val Kilmer - Ralph Fiennes - Jeff Goldblum - Patrick Stewart - Sandra
Bullock - Michelle Pfeiffer - Danny Glover - Helen Mirren - Martin Short - Steve Martin Anno
di produzione 1998 Distribuzione UIP Durata
90
Solenne e
commovente, Il principe dEgitto segna un passo avanti nella storia della
cinematografia danimazione. Mancano, infatti, alcuni elementi tipici dello standard
Disney cui eravamo abituati da circa sessanta anni ad oggi.
Si vede la morte sullo schermo, non
esistono personaggi di animali antropomorfi, le canzoni non sono tantissime,
lallegria lascia spazio a tematiche serie al limite del filosofico, mentre disegni
perfetti e pieni di poesia tessono la trama di una storia importante e ricca di
significato.
Versione animata della storia di Mosé del
quale viene enfatizzato il rapporto con il fratello faraone Ramses, il film è incentrato
sul libro dellEsodo tratto dalla Bibbia.
Pellicola
intensa che racconta la metamorfosi dello scapestrato Mosé nel condottiero del popolo
ebraico fuori dallEgitto.
Prodotto da Jeffrey Katzenberg per lo
studio Dreamworks fondato insieme a Steven Spielberg e David Geffen, il film annovera in
originale un cast stellare di attori per dare le voci ai meravigliosi disegni animati.
Reso - alla perfezione - in italiano dal gruppo di doppiatori guidato dallottimo
Roberto Pedicini nel ruolo di Mosé, che regala uninterpretazione meritevole di lodi
sperticate per la profondità e lintensità con la quale rende il dramma interiore
del suo personaggio.
Da
notare che il doppiatore di Ralph Fiennes che possiamo ascoltare ogni giorno nella
trasmissione Alcatraz in onda su Radiodue nei panni del detenuto Jack Folla, anziché
doppiare il personaggio del faraone cui presta la voce lattore britannico, doppia
quello che nella versione originale è interpretato da Val Kilmer.
Se commoventi sono le scene dellesodo
e delle sofferenze degli Ebrei paragonate allo splendore dellEgitto ideale mostrato
nel film, addirittura emozionanti e sconvolgenti quelle dove Mosé incontra Dio .
Mistico,
intelligente, avventuroso, magnifico, Il principe dEgitto è il primo cartone
animato di un nuovo millennio dove larte e la tecnologia servono - assecondando la
fantasia delluomo - a raccontare storie sempre più profonde e moderne.
Proprio come quella di un uomo di
quattromila anni fa che costretto a scegliere tra lamore per il suo popolo e quello
per suo fratello decise di rinnegare il secondo a favore del primo.
Una storia psicologicamente ben costruita e
che nonostante il tempo, trova nuova linfa in un cartone animato davvero per tutti.
My name is Joe
Peter Mullan - Louise Goodall - Gary Lewis - Lorraine
McIntosh Sceneggiatura Paul Laverty Regia Ken Loach Anno di produzione 1998
Distribuzione BIM Durata 100
Potente e doloroso My name is Joe - "Mi
chiamo Joe", la frase che gli alcolisti anonimi usano per presentarsi, è una
riflessione sulla vita tra droga e emarginazione, disoccupazione e microcriminalità nella
periferia di Glasgow. Ultima opera del regista Ken Loach che dopo La canzone di Carla torna
a collaborare con lo sceneggiatore Paul Laverty, questo film è un vero pugno nello
stomaco. Quella descritta è una città industriale della Scozia, ma in realtà questa
viene presa ad esempio per un discorso più generale che vede coinvolti milioni di
disoccupati in tutta lEuropa, senza un futuro, senza una scelta. Gente che finisce
per diventare drogata o alcolizzata e che quando riesce a venirne fuori, grazie
allappiglio offerto da strutture sociali di quel fatiscente Welfare State che
tanto sembra pesare ai ricchi di tutte le nazioni civilizzate, rischia sempre di ricadere
allinterno di una voragine senza fondo. My name is Joe racconta della voglia
di vivere. Di uomini come bambini che piangono tra le braccia delle donne che amano e da
cui solo il passato sembra separarli e di bambini come uomini che assistono
quotidianamente a scene di terribile violenza. Rimbambiti dalla televisione e dal calcio
imperante, una squadretta dilettantistica può sembrare una piccola risorsa e una speranza
di venirne fuori. Bisogna, però, fare i conti con la dura realtà della vita dove la
gente pensa solo a fare i soldi sulle disgrazie altrui. In un mondo di spacciatori
incalliti, di giovani madri e padri costretti a prostituirsi per saldare vecchi debiti,
anche la bontà può diventare una sorta di pietra al collo. Amaro, doloroso e con un
finale che apre comunque uno spiraglio allottimismo, My name is Joe (che è
valso la Palma doro allo scorso Festival di Cannes per il protagonista Peter Mullan)
è un film sul mondo che vorrebbe cambiare e non può farlo. Una riflessione sul valore
della possibilità di scegliere, per gente la cui unica realtà è costituita dal non
avere opzioni. Un ennesimo capolavoro di Loach che continua la sua personalissima analisi
della nostra realtà contemporanea.
Al di là dei sogni (What dreams may come)
Robin Williams - Annabella Sciorra - Cuba Gooding Jr. - Max
Von Sydow - Rosalind Chao Sceneggiatura Ron Bass Regia Vincent Ward Anno
di produzione 1998 Distribuzione Warner Bros. Durata 106
Al di là dei sogni è un film
certamente sconcertante. Realizzato in maniera semplicemente fantastica dal punto di vista
tecnico, soffre di uneccessiva sperequazione tra il suo aspetto strettamente visuale
e la qualità della sceneggiatura in senso stretto.
Il film che racconta della morte di un pediatra che finisce
come in un Paradiso personale rappresentato dai quadri della moglie non è decisamente
allaltezza di riuscire negli intenti proposti.
Un Aldilà dove si può prendere laspetto di chi si
vuole, dove ognuno possiede un paradiso personale a metà tra la New Age e il sincretismo
di tutte le maggiori religioni,
dove Dio è solo - per lennesima volta - un semplice
spettatore, dove non esiste bianco o nero e dove linferno è "quello che ognuno
si è creato da solo" è certamente unidea seducente, ma che - purtroppo - non
viene approfondita nei suoi aspetti teoretici e spirituali. Nonostante un ottimo cast di
attori su cui svettano Robin Williams e Max Von Sydow, il film si dimena tra una penosa
mancanza di ironia e uneccessiva glorificazione di concetti troppo poco approfonditi
per essere credibili e convincenti.
Di contro a immagini seducenti e bellissime, la storia
debole e a tratti banalotta stenta per la sua mancanza di approfondimento. Un film che
corre troppo e che rallenta su situazioni spesso secondarie che non forniscono a esso il
respiro necessario per diventare una grande pellicola. Un po per la sceneggiatura,
un po per la regia frettolosa Al di là dei sogni (interessante e ottimo, una
volta tanto il titolo italiano) risulta decisamente incompiuto. Da vedere a tutti i costi
per limmagine di Paradiso e Inferno che ci viene regalata con i suoi toni anche un
po ruffiani che accontentano tutti: ignorando subito i dialoghi scipiti e insulsi
che danneggiano lesito complessivo del film.
Un film spaccato a metà tra Peter Greenaway e Frank Capra
di cui non riesce a seguire in pieno né il gusto estetico, né lumanesimo leggero e
intelligente. Davvero un peccato... mortale.
The last days of disco
Chloe Sevigny - Kate Bekcinsale - Chris Eigeman - Matt
Keeslar - Mackenzie Austin - Matthew Ross - Jennifer Beals Sceneggiatura e Regia Whit
Stillman Anno di produzione 1998 Distribuzione Warner Bros. Durata 113
È un film delizioso questo scritto e diretto dal regista
di Barcelona, Whit Stillman. Un po per il suo tono delicato e interessante
con cui ricorda lepoca della disco music fotografata nel suo crepuscolo a
metà degli anni Ottanta, un po per le storie non banali di tanti giovani
"carini, più o meno occupati e assatanati" nella New York dello yuppismo. Una
pellicola esaltata da una colonna sonora travolgente che è anche un documento e un
manifesto di unepoca che semplicemente non cè più. Sebbene i fatti
raccontati risalgano al massimo a circa diciotto anni fa, unera senza Aids, senza
telefonini, senza deregulations appena fuori dalla recessione di Nixon & Co.
e con i primi accenni del famoso "edonismo reaganiano", ci sembra
appartenere a un passato remoto dei nostri ricordi. Ed è dunque giusto che il regista
Stillman gli dedichi un film così, dove sullo sfondo dei locali notturni newyorchesi si
muove un gruppo di giovani alle prese con i problemi relazionali, occupazionali e
generazionali che i ragazzi di tutte le epoche si sono trovati affrontare.
Un tributo dovuto allera della disco music e
al suo carattere di dirompente leggerezza che ha portato via con sé.
Il Negoziatore (The negotiator)
Samuel L. Jackson - Kevin Spacey Sceneggiatura James
De Monaco & Kevin Fox Regia F. Gary Gray Anno di produzione 1998 Distribuzione
Warner Bros Durata 138
Un
thriller mozzafiato dalla struttura quasi teatrale quello che il regista F. Gary Gray
(quasi un esordiente) ci regala con intelligenza e con un grande dispendio di mezzi e
risorse. Accurato, intenso, elegante il film racconta la storia di Danny Roman (Samuel
Jackson) un negoziatore della polizia di Chicago (ovvero colui che media in prima persona
con i sequestratori per la liberazione degli ostaggi) accusato ingiustamente di avere
ucciso il proprio partner di lavoro perché questi avrebbe scoperto degli ammanchi
nel fondo pensione di cui Danny è consigliere damministrazione. Così, luomo
per provare la propria innocenza sequestra un ispettore della polizia disciplinare
scatenando il finimondo per le strade di Chicago che vedono il palazzo della polizia preso
dassedio. Sulla scena - inoltre - viene fatto arrivare laltro miglior
negoziatore della città Chris Sabian (Kevin Spacey) per gestire il sequestro e per
ottenere quanto prima la liberazione degli ostaggi. In una guerra continua di colpi gobbi
a vicenda tra assi del proprio mestiere si sviluppa unamicizia basata sul rispetto
reciproco. Cosa quasi impossibile in un mondo marcio come quello dei poliziotti corrotti
dove i "presunti" amici ti sparano alle spalle. Un film che tiene inchiodati gli
spettatori alla poltrona e che tra qualche puntatina divertente e qualche concessione alla
retorica tipica delle pellicole dazione americane incentrate sui poliziotti,
sviluppa una trama convincente e interpretata da due ottimi protagonisti del calibro di
Kevin Spacey e Samuel L. Jackson. Entrambi in forma e perfettamente calati nel ruolo,
lasciano grande spazio al gioco di sguardi e alla mimica delle espressioni del viso. Un
film che piace, soprattutto perché è basato sulla tensione generata da una trama piena
di colpi di scena quasi mai scontati e imprevedibili.
Amici & Vicini (Your friends
& Neighbours)
Amy Brennan - Aaron Eckhart - Catherine Keener - Nastassja
Kinski - Jason Patric - Ben Stiller Sceneggiatura e Regia Neil Labute Anno di
produzione 1998 Distribuzione Warner Bros. Durata 99'
Bolsi e annoiati, tra un'eiaculazione precoce e un'altra,
tra pranzi conditi da storielle senza senso, con davanti lo spettro di una lontana copia
delle commedie di Woody Allen, si agitano i personaggi di un'umanità squallida e violenta
di una città qualsiasi degli Stati Uniti. Con un attore produttore come Jason Patric che
gode negli interminabili primi piani che gli vengono dedicati e che oltre a
autocompiacersi della sua recitazione incomprensibilmente forzata, impone un ritmo a una
storia senza midollo, questo Amici & Vicini si dilunga nella più sgradevole
delle analisi. La sessualità maschile e femminile vista sul piano dei rapporti umani,
condita da debolezze, tradimenti e retorica da Talk show, con l'assenza totale di
un qualsiasi richiamo etico o semplicemente legato alla sensibilità. Già autore
dello sgradevole Nella società degli uomini il regista Neil Labute è
riuscito nell'intento di bissare lo spiacevole successo del precedente lungometraggio,
raccontandoci una storia estremamente squallida e dai risvolti incomprensibili. Un mondo di
frustrati, complessati, arroganti parolieri, che sproloquiano su tutto senza dire nulla.
Un film che lancia il messaggio che tutto fa schifo e che solo la violenza sul piano del
sesso è funzionale e appagante.
Una pellicola mediocre con attori costretti a raccontare
una storia piena di parole, frasi e situazioni sconnesse che sembra durare un'eternità.
Un film volutamente brutto dove l'estetica e l'etica borghese americane si autocelebrano
in una sorta di combustione di tutti i valori di stampo nichilista. Amici & Vicini è
un film irritante e sconclusionato, dove lo squallore morale, umano e civile regnano
sovrani in una società allo sbando che sa solo trattare argomenti da bar di infima
categoria.
The avengers - agenti speciali (The
avengers)
Uma Thurman - Sean Connery - Ralph Fiennes Sceneggiatura
Don Macpherson Regia Jeremiah Chechick Anno di produzione 1998 Distribuzione
Warner Bros. Durata 88'
The Avengers - Agenti speciali
è una buffa pellicola in cui l'omonimo telefilm britannico anni Sessanta diventa il
semplice spunto per una divertente, divertita e curata ricostruzione di un'epoca e della
sua presunta ingenuità.
Splendida Uma Thurman, sensuale Ralph Fiennes, geniale Sean
Connery i tre attori si divertono a giocare e a gigionare in maniera molto raffinata su
una sceneggiatura non eccezionale e che eppure - nonostante la sua palese mediocrità -
funziona per tanti piccoli accorgimenti. Una Londra senza macchine che è precipitata
dagli anni Sessanta ai Novanta senza tappe intermedie, un gioco continuo sui luoghi comuni
che riguardano il tempo in senso metereologico, una storiella semplice, semplice, ma anche
scontata fanno di questo film un'interessante parodia che fa respirare proprio l'aria
ingenua e glamour dei telefilm britannici di quegli anni.
A metà strada tra James Bond e Austin Powers, The
avengers è una pellicola graziosa con qualche picco di genialità. Un film che deve
tutto ai suoi interpreti e che trova nella bellezza senza fine di Uma Thurman
un'interessante celebrazione .
Gatto nero, gatto bianco (Chat noir, chat blanc)
Bajram Severdzan - Florijan Ajdini - Zabit Mehmedovski -
Srdjan Todorovic Sceneggiatura Emir Kusturica - Gordan Mihic Regia Emir
Kusturica Anno di produzione 1998 Distribuzione Cecchi Gori Durata 129
Dopo il trionfale successo di Underground il regista
bosniaco Emir Kusturica torna a dirigere un film corale, ironico e allegrissimo ambientato
nel mondo dei gitani.
Truffe, matrimoni, ricatti, danze sfrenate, sentimenti,
pistole, poesia sono al centro di questo delizioso caleidoscopio che ha vinto il Leone
dArgento alla scorsa edizione del Festival del cinema di Venezia. Ottima la regia,
ancora migliore la storia che racconta di un mondo balcanico agli europei che hanno sempre
teso a confondere il mondo gitano con una sorta di universale del crimine. Una pellicola
interessante e solare, perché semplice e diretta, ambientata in un mondo pieno di
confusione con due bei gattoni (uno bianco e uno nero) a fare da alibi narrativo e da
spettatori silenziosi a tutto il caos delle vite dei protagonisti.
Il fantasma dellopera
Julian Sands - Asia Argento - Andrea Di Stefano Sceneggiatura
Gerard Brach & Dario Argento tratta dal romanzo omonimo di Gaston Leroux Regia Dario
Argento Anno di produzione 1998 Distribuzione Medusa Durata 106
Questo film
diretto dal maestro dellHorror Dario Argento ha tre difetti fondamentali:
innanzitutto più che spaventare, disgusta. Non trova alcun miglioramento, infatti, la
figura del fantasma creata dalla penna di Gaston Leroux cui viene sottratto laspetto
romantico per essere dotata invece di unanima da topo (sono i ratti delle fogne ad
averlo cresciuto...). Gli attori recitano tutti in maniera caricata ed eccessiva. Asia
Argento sbaglia i playback della cantante dopera, mentre Andrea Di Stefano e Julian
Sands appaiono assai spaesati nellinterpretare una sceneggiatura senza alcun
mordente.
I dialoghi anziché rendere più credibile una trama troppo
diluita, appesantiscono una sceneggiatura che della storia del Fantasma dellopera
non riesce a ripetere il fascino e le seducenti ambientazioni. Costato molto, forse,
troppo vista la riuscita, il film risulta un ibrido veloce che non spaventa e che non
diverte. Una pellicola che scorre a una distanza equamente pericolosa da ironia e terrore,
senza fascino e senza tensione. Nonostante la simpatia e la stima che un regista colto e
attento come Dario Argento ispira, il giudizio su Il fantasma dellopera non
può essere che decisamente negativo. Perfino lo splatter ha delle sue regole che
vanno rispettate. Ignorarle senza fornire qualcosa di nuovo e convincente può essere
molto pericoloso per il risultato finale
La Cena
Vittorio Gassman - Fanny Ardant - Giancarlo Giannini -
Stefania Sandrelli - Nello Mascia - Antonio Catania - Francesca dAloja - Riccardo
Garrone - Marie Gillain - Eros Pagni - Daniela Poggi - Rolando Ravello - Stefano Antonucci
- Francesca Rettondini - Francesco Siciliano - Giorgio Tirabassi Sceneggiatura Ettore
Scola - Furio Scarpelli - Silvia Scola - Giacomo Scarpelli Regia Ettore Scola Anno
di produzione 1998 Distribuzione MEDUSA Durata 115
Può un film diretto da un maestro del cinema
italiano, con un cast di attori che vede tre mostri sacri del cinema come Giannini,
Gassman e lArdant, con una storia intelligente e acuta non essere allaltezza
delle aspettative? La cena di Ettore Scola è la dimostrazione che questa evenienza
- per quanto rara - può accadere.
Le ragioni sono tante: un film corale di qualità con tante
piccole storie legate, troppo diverse tra loro e con un "vissuto" francamente
eccessivamente eterogeneo non riesce a tessere una trama eccessivamente affascinante.
La lunghezza della pellicola - inoltre - porta le
situazioni a ripetersi senza essere mai avvincenti e convincenti. Un finale in stile
surreale che strizza maldestramente locchio a Woody Allen non lascia intravedere un
significato di qualche spessore in una pellicola - tra laltro - afflitta da numerosi
luoghi comuni. Tutti i personaggi si comportano in maniera prevedibile e tutti i ruoli
portano alle più scontate delle conclusioni. Certo Giannini e Gassman ci regalano momenti
di grande cinema, mentre il doppiaggio della Ardant porta a uno scalino sonoro nella presa
diretta che rende il suo ruolo eccessivamente "ovattato e alonato" non
permettendo al complesso della recitazione di essere al meglio. Tutti gli altri bravi e
meno bravi in ruoli prevedibili e assai scontati non fanno veramente testo. Un film
vecchio che Scola avrebbe potuto girare - con un adattamento minimo - ventanni fa.
Allora sarebbe stato un successo. Oggi - dopo tutto il cinema che cè stato in mezzo
- è solo poco più di un deja vu. Lungo, noioso e prevedibile.
La maschera di Zorro (The mask of Zorro)
Antonio Banderas - Anthony Hopkins - Catherina Zeta Jones Sceneggiatura
John Eskow, Ted Elliott & Terry Rossio e Randall Jahnson Regia Martin
Campbell Anno di produzione 1998 Distribuzione Columbia Tristar Durata 136
E bravo Martin Campbell, già regista del primo Bond anni
Novanta 007 Goldeneye! È riuscito, infatti, a trasformare Zorro in un incrocio tra
Batman, James Bond e un personaggio di quelli interpretati da Errol Flynn! Risultato? Una
pellicola commerciale, divertente e scanzonata con tutti gli elementi tipici dei
cosiddetti blockbusters ovvero i film che incassano centinaia di miliardi al
botteghino. Un attore magnetico e carismatico come Anthony Hopkins, il "vecchio"
(si fa per dire) Don Diego de La Vega, che cede il testimone (...e la maschera) a un
giovane ex ladro e belloccio Antonio Banderas per combattere chi vuole fare della
California una repubblica indipendente per sfruttarne i peones e arricchirsi. Il film,
però, funziona e diverte per tutte le due ore di durata con ripetuti colpi di scena,
inseguimenti mozzafiato e continui e repentini mutamenti di situazione. Ci sono tutti gli
ingredienti del film di successo: una storia che fa piangere e fa ridere, belle donne,
begli uomini, avventura, azione e tanta, tantissima ironia per dare una lettura moderna e
vagamente intrigante del personaggio con la maschera soprannominato "la volpe",
ovvero Zorro. Certo non stiamo parlando di un capolavoro o di unopera che rimarrà
negli annali della storia del cinema, eppure - nonostante tutto - Zorro è un grande film.
Di natura commerciale, ma pienamente godibile e capace di distrarre e interessare per
tutta la sua durata. Girato molto bene, con un montaggio che riesce a esaltare
lazione eliminando i tempi morti, sembra un film anni Cinquanta venato da scelte
estetiche e tecniche di gran gusto. Merito del regista certo e di uno dei produttori
esecutivi che si chiama Steven Spielberg.
Mulan
Cartoni Animati Sceneggiatura Rita Hsiao,
Christopher Sanders, Philip Lazebnkik, Raymond Singer & Eugenia Bostwick - Singer
tratta da un racconto di Robert D. San Souci Regia Barry Cook & Tony Bancroft Anno
di produzione 1998 Distribuzione Buena Vista Durata 91
Mulan è
un cartone animato molto piacevole. Con la voce di Enrico Papi nel ruolo del simpatico
draghetto Mushu (in originale a prestargli la voce era Eddie Murphy) e il tenero grillo
cri-cri il film acquista una forte connotazione comica. La storia che vede una ragazza del
medioevo sostituire il vecchio padre malato nellesercito cinese che va contro gli
Unni e che la vedrà trasformarsi presto in uneroina è abbastanza scontata e
riuscita. Una figura protofemminista di maniera che - ovviamente - si innamorerà del suo
bel giovane comandante. Il merito principale di questo cartone - oltre ad alcune scene di
battaglia che ricordano alla lontana il miglior cinema dello scomparso Akira Kurosawa - è
quello di essere genuinamente divertente. Molto di più degli ultimi cartoni Disney. Con
numerose situazioni esilaranti, il tono sempre leggero lo fa funzionare e riuscire. Questo
- forse - anche un po per ripagare lo spettatore dellandamento molto
"classico" della trama e - soprattutto - dei disegni e delle animazioni nei
confronti dei quali cè stata sicuramente una minore cura se paragonate a quelle di
pellicole più recenti come Il gobbo di Notre Dame. Un film semplice e spensierato
con un Enrico Papi che sembra essersi preparato ad affrontare con successo una nuova
carriera.
Marco Spagnoli |