"Artisti, tornate a
lottare contro
la tv e la massificazione"
Oggi domina l'immagine televisiva e il
prodotto di consumo. Proprio per questo è importante che l'artista torni ad essere
quell'elemento critico e libero da condizionamenti, capace di ridare all'uomo il senso di
sé stesso
In un'epoca in cui l'immagine televisiva è diventata il
principale mezzo di condizionamento degli individui, uniformemente replicata in tutti gli
schermi video del mondo allo scopo di far digerire una realtà mediata dall'occhio e dalla
volontà di qualcun'altro per far consumare alle masse gli stessi prodotti che esse sono
costrette a produrre per il profitto di pochi, l'immagine artistica (un'immagine non
utilitaristica) può rappresentare un elemento di contrapposizione critica. Soprattutto da
parte di coloro che non intendono ancora rinunciare ai propri sogni e alla propria vita,
al di fuori delle mode e delle convenienze sociali.
Ma
se i sogni che vivono nell'arte vengono riciclati sotto forma di pubblicità, che cosa
può fare l'artista per opporre resistenza? Quali strumenti di controazione può
inventarsi colui che non aspira al potere ma a tutta la vita? Oggi le immagini deformate
della televisione organizzano gli spettacoli nel nome dell'audience che regola i costi
della pubblicità, che noi tutti paghiamo poi sui prodotti che compriamo nei supermercati.
Ogni struttura del linguaggio è condizionata dall'unica logica che è quella del
profitto. La televisione rende merce i desideri delle persone che assistono alla
rappresentazione falsificata della loro vita, mentre le immagini in cui si specchiano
stanno gradualmente modificando le loro menti, stanno deformando i loro stessi corpi.
"Nella società del benessere" come ripete un
acuto testimone del nostro tempo, il regista Alberto Grifi, "ogni umanità è
bandita, il mercato non sa cosa farsene dell'umanità delle persone che non serve a
vendere i prodotti". In questa organizzazione mondiale del profitto, controllata
innanzitutto dalle multinazionali in accordo con il potere politico, le immagini
costituiscono la grande ipnosi del linguaggio globale, la droga che tutti addormenta e
rimbambisce.
E' tempo che gli artisti tentino di riappropriarsi delle
proprie immagini, ma per poter fare ciò devono innanzitutto prendere coscienza della loro
condizione nel mondo, e scendere dalle torri d'avorio, dove l'arte rimane immobile e dove
essi, come uccelli dalle piume sgargianti, cantano perennemente senza mai avere la forza
di rompere la gabbia. La storia non ci insegna forse che l'arte e la ribellione sono in
fondo la stessa cosa? L'arte non nasce da esigenze merceologiche e non giunge con
l'ispirazione da mondi celesti, ma scaturisce dall'intima necessità di dare un senso al
proprio mondo, di svelare la propria realtà personale. L'arte è un atto d'amore che ci
offre la straordinaria possibilità di essere NOI STESSI, di creare e pensare con la
nostra testa.
L'artista cosciente è anche qualcuno che ricerca
continuamente una forma, che deve però immediatamente distruggere e reinventare (come
insegna Picasso) per non essere da questa imprigionato e condizionato. Solo così potrà
creare delle cose del tutto imprevedibili (l'opera va al di là della semplice visione
superficiale delle forme), e non ciò che ci si aspetterebbe di vedere. "Se il mondo
si fosse liberato dell'arte - scriveva Gombrowicz nel Diario 1957-1961 - il progresso non
si sarebbe fermato; le Scienze, il Partito, la Filosofia, le Religioni avrebbero
continuato a far sentire la loro stentorea voce, ma non avremmo più udito la voce del
singolo, ciò che sente e pensa l'uomo". Ma come può cambiare l'arte se non cambia
prima la vita e il pensiero?
Vladimiro Elvieri
(incisore) |