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redarrowleft.GIF (53 byte) Letture & Scritture Gennaio 1999

Nabokov, non solo Lolita

Molti autori sono ricordati solo per il loro libro-capolavoro. Dimenticando così il resto del loro lavoro. E' la sorte de "L'Occhio", scritto dal romanziere russo nel 1930: una specie di poliziesco che serve in realtà a spiegare come dopo la morte il pensiero possa continuare ad esistere

 

Vladimir Nabokov, L’occhio, trad. di Ugo Tessitore, Adelphi, pp.101, L.14.000

cop.JPG (9059 byte)Per molti uno scrittore – specie se un classico – viene a coincidere col suo capolavoro. Così Kafka è tutt’uno con "Il processo", Joyce equivale all’"Ulisse" e, anziché Italo, il nome che balza alla mente pensando a Svevo è "Zeno". A tale destino d’immedesimazione con l’opera più celebre non sfugge certo Nabokov, legato indissolubilmente a "Lolita": il libro che ha eclissato, anziché promuoverli, gli altri testi di uno tra i grandi prosatori del novecento. Specie gli scritti cosiddetti minori, quali ad esempio i romanzi appartenenti al periodo berlinese di cui fa parte "L’occhio", composto dapprima in russo nel 1930, quindi in inglese nel 1965.

L’ordito del racconto, come rimarcò lo stesso Nabokov, mima quello della narrativa poliziesca, ma è solo l’occasione per intessere un esilarante arazzo surreale, dove l’ingegnosità fabulatoria non sta tanto nel proporre un intrico da dipanare bensì nel disegno ovvero nel gioco di riflessi, sdoppiamenti e stranianti agnizioni che fanno dell’"Occhio" un romanzo estremamente moderno e godibilissimo.

La vicenda infatti piglia sì l’avvio all’insegna d’un suicidio, ma fin dalle prime pagine il lettore comprende che il racconto si basa su una scommessa: narrare in che modo dopo la morte il pensiero possa seguitare ad esistere per forza d’inerzia. Tema di "The Eye" – sottolinea Nabokov nella prefazione al libro – è "lo svolgersi di un indagine che guida il protagonista in un inferno di specchi e si conclude con le immagini gemelle che si fondono in una". Dunque non già come voleva Calderón de la Barca: la vita è sogno, ma piuttosto è un romanzo la vita.

Francesco Roat

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