IN PARLAMENTO SI DISCUTE COME CAMBIARE PER NON CAMBIARE. E IL CONSUMATORE
SARA' SEMPRE PENALIZZATO ... PENALIZZANDO IL CONSUMO. Firenze,
12 gennaio 1998. E' in discussione alla Camera la nuova legge per la creazione di punti
vendita sperimentali di giornali. Dovrebbe essere approvata velocemente per essere poi
esaminata dal Senato e approvata definitivamente entro il 25 aprile, la data fissata dalla
legge Bersani per la liberalizzazione della rete di vendita. Interviene il presidente
nazionale dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Sparito nel nulla il limite dei 300 metri di distanza dalle
attuali edicole, entro cui poteva essere istituito un nuovo punto vendita, si e'
provveduto a crearne un altro per impedire che i giornali siano effettivamente venduti in
ogni luogo: i punti vendita devono essere tabaccai e bar con superficie di almeno 1500 mq,
librerie oltre i 120 mq e strutture di vendita oltre 700 mq. A parte che sfidiamo chiunque
a trovare un tabaccaio che abbia una superficie di vendita oltre i 1500 mq, e' evidente
che le dimensioni da rispettare sono state studiate proprio perche' la distribuzione dei
giornali non sia capillare, ma si faccia finta di liberalizzare per lasciare il monopolio
agli edicolanti e ai loro attuali grossisti. L'acquisto del giornale e' un gesto semplice,
che si puo' fare ovunque proprio perche' il prodotto che si acquista e' di larga
diffusione e sta bene in qualunque esercizio commerciale, ma questo sembra non interessare
il legislatore. Se la legge andra' in porto cosi' com'e', il suo effetto sara' solo
dannoso, perche' non cambiare nulla facendo finta di aver liberalizzato servira' ad
eliminare qualunque speranza di poter un giorno comprare un giornale mentre, la mattina,
si prende il caffe' nel bar sotto casa o sotto l'ufficio. E non solo saranno danneggiati i
consumatori, ma anche il consumo di giornali, che in questo modo non trovera' certo
ossigeno per risollevarsi dai numeri negativi che continuano a crescere. E meno giornali
-pur senza entrare nello specifico dei loro contenuti- significa comunque meno
informazione, meno cultura e meno consapevolezza civica e civile.
NON E' NECESSARIA L'AURIZZAZIONE PER LE ANTENNE PARABOLICHE.
Roma 12.1.99. Non e' piu' necessaria la autorizzazione per
la istallazione delle antenne paraboliche per ricevere i programmi televisivi via
satellite. L'abbonamento alle radiodiffusioni nazionali (abbonamento RAI) da' titolo alla
istallazione e utilizzazione delle antenne collegate a ricevitori radiotelevisivi
(televisori). La nuova normativa non prevede ne' le dimensioni massime delle parabole ne'
la banda di frequenza. Chissa' perche' - dichiara Primo Mastrantoni, segretario dell'Aduc
- in precedenza bisognava avere la autorizzazione degli ispettorati territoriali del
Ministero delle Comunicazioni. Misteri ministeriali.
TUTTI DISTRATTI DALLA DEMAGOGIA DI RIMBORSI IMPOSSIBILI, SOTTOVALUTANO IL
PERICOLO MAGGIORE PER I CONSUMATORI: GLI ACCORDI CHE CEMENTIFICANO IL MERCATO.
Firenze, 13 gennaio 1999. L'Autorita' Tlc del prof. Enzo
Cheli, alzando la voce, ha fatto sospendere la manovrina Tim/Omnitel con alla base gli
aumenti dei costi per le chiamate dai telefoni fissi a quelli mobili. C'e' stata una
levata generale di scudi, dalle associazioni di consumatori che abitualmente razzolano nel
parco buoi della Telecom, alle forze di Governo e di opposizione: tutti hanno
trovato spazio per dire la loro e plaudire ai risultati ottenuti dal prof. Cheli. Cosi'
interviene il presidente nazionale dell'Aduc, Vincenzo Donvito.
Ma a noi ci viene qualche dubbio, ed e' per questo che non
abbiamo partecipato al coro di plausi per come la vicenda sembra che stia andando.
L'aspetto piu' pericoloso e' quello del cartello che Tim e Omnitel avrebbero fatto per
gabbare le "regoline" della concorrenza; su questo si doveva pronunciare
l'Antitrust, ma finora -dopo aver fatto sentire la sua voce di presenza- ha rimandato
qualunque decisione a tempi indefiniti. Per noi, invece, quella dell'Antitrust e' la
decisione piu' importante, perche' sarebbe quella che ribadisce che il mercato si fa con
il gioco della domanda e dell'offerta e non con i divieti e le imposizioni. E per farci
dimenticare questo aspetto fondamentale, viene tirata in ballo la demagogia dei rimborsi,
che e' tale perche' i rimborsi sono impossibili; da' un certo tono fare certe richieste,
ma quando si sa che sono impossibili, diventano solo demagogia: come sara' rimborsato chi
ha chiamato da luoghi diversi di casa propria, dove ha gia' pagato per questo servizio? E
-considerato che nella manovrina erano incluse alcune riduzioni- chi ha gia' pagato meno
dovra' dare i soldi indietro a Tim e Omnitel? Oppure si pensa che esiste un diritto alla
retroattivita' per alcuni, ma non per tutti? Particolari che sono tutt'altro che
insignificanti e che servono a far capire che il problema centrale non e' tanto negli
aumenti, ma nel come le aziende incriminate hanno deciso di applicarli: un metodo che se
non fosse denunciato e sanzionato farebbe da apripista a scombussolamenti tariffari che ci
farebbero rimpiangere quelli odierni che -e' bene ricordarlo, pur nella loro
irrazionalita' economica- Tim e Omnitel avevano il diritto di applicare, ma che hanno
assunto un manto di illegalita' perche' gli utenti non avevano, invece, il diritto di non
sceglierli. E la situazione oggi e' piu' anomala di ieri, perche' il mercato continua a
non essere determinato dai consumatori, ma dai gestori delle Tlc con in piu' l'Autorita'
Tlc che, invece, avrebbe dovuto solo controllare che le regole fossero applicate: un nuovo
caso -tipico del processo di smonopolizzazione dell'economia italiana- in cui controllore
e controllato sono la stessa persona. Bel sistema di garanzie!!
ORDINE PUBBLICO: MA QUANTO CI COSTA?
Roma,13.1.99. Il 75% dei reati contro i beni e le persone
rimangono impuniti, il sud e' in mano a mafia, camorra, 'ndrangeta e sacra corona unita,
al nord e' diffusa quella criminalita' i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ma i
cittadini continuano a pagare le tasse per mantenere in piedi una struttura che non offre
garanzie di tutela dei propri beni e della propria persona. Ma quanto costa mantenere
questo apparato di pubblica sicurezza?
E' una domanda - dichiara Primo Mastrantoni, segretario dell'Aduc - che rivolgiamo ai
competenti Ministri (Interni, Difesa, Finanze, Agricoltura e Giustizia). Aspettiamo una
risposta.
AUMENTANO I RITARDI DI SCALO ALL'AEROPORTO DI FIUMICINO. L'ADUC
SOLLECITA L'IRI: E LA PRIVATIZZAZIONE?
Roma, 15.1.99. Aumentano i ritardi di scalo all'aeroporto
Leonardo da Vinci di Fiumicino (Roma). Abbiamo confrontato i dati relativi al 1997 e al
1998 -dichiara Primo Mastrantoni, segretario dell'Aduc- ed il quadro complessivo e'
sconfortante. I ritardi di scalo AdR, relativi alla nostra compagnia di bandiera (stiamo
chiedendo anche alle altre compagnie), sono aumentati complessivamente del 25%, in
particolare l'aumento e' dell'81 % per le operazioni di carico e scarico, rampe ed errato
carico bags, del 98% per mancanza e/o avaria delle scale e bus, del 23% per ritardo
imbarco dei bagagli, del 19% per avaria dei mezzi di carico e scarico. Una
situazione insostenibile per l'utente, costretto a subire una serie di disservizi che paga
a caro prezzo. I finanziamenti pubblici, cioe' pagati dal contribuente, all'AdR ammontano
a 1600 miliardi di lire; inoltre il cittadino, oltre al costo del biglietto, paga anche la
tassa di imbarco. Per queste ragioni abbiamo chiesto all'IRI, che detiene il 54% della
societa' Aeroporti di Roma, cosa intende fare per porre rimedio alla situazione e se
ritiene che gli attuali amministratori rispettino gli impegni presi e siano all'altezza
della situazione. Ricordiamo che la privatizzazione della Societa' Aeroporti di
Roma, doveva essere effettuata fin dallo scorso anno e che il ritardo nell'operazione
ricade interamente sulle spalle del cittadino utente.
SCARICATA SUI CONSUMATORI, NON MIGLIORERA' L'AMBIENTE
Firenze 15 Gennaio 1999. La carbon tax, come avevamo gia'
previsto, la pagheranno i consumatori e non produrra' miglioramenti ambientali.
L'addizionale sulla accisa sui combustibili responsabili della emissione di gas, serve a
coprire gli sgravi contributivi del costo del lavoro e non e' quindi destinata ad
investimenti di carattere ambientale, inoltre le industrie, per i costi aggiuntivi che
dovranno sopportare, non faranno altro che farli pagare al consumatore; il consumo di
benzina non diminuira', perche' il trasporto pubblico e' ben lungi dal rappresentare
un'alternativa, e l'inquinamento rimarra' stabile. Questo il quadro che viene delineato
dall'Aduc -per voce delsuo presidente nazionale Vincenzo Donvito- di fronte alle
decisioni delCipe e del Governo, di aumentare la benzina verde di piu' di 30 lire al
litro e la super di 10 lire. Sarebbe stato piu' utile detassare le industrie ad alto
rendimento, complessivamente meno inquinanti, e quelle che investono in settori
tecnologicamente avanzati e meno inquinanti. Ci riferiamo, per esempio, alle auto
elettriche, che costano il doppio delle auto a benzina, e che in Italia sono praticamente
inesistenti, ma che potrebbero aumentare se il Governo e le Amministrazioni locali
abbattessero l'Iva su auto e batterie, diminuissero il costo della elettricita' per la
ricarica, agevolassero i parcheggi e la circolazione. Ma la logica economica del nostro
Governo non sembra quella di incentivare cio' che possa servire ad uno sviluppo armonico
con l'ambiente, creando nuove occupazioni e sviluppando una creativita' imprenditoriale
che possa offrire nuovi consumi. Il Governo sembra interessato solo a difendere le
posizioni corporative di rendita, con le varie politiche di rottamazione, mostrando alcuna
attenzione ai danni che queste politiche portano a lungo termine; in questo modo non
incamera denaro per nuove produzioni e nuovi consumi, ma usa il consumatore e il
contribuente solo come un suddito ignorante, perche', dopo che lo ha ammaliato con vari
incentivi per fargli acquistare l'auto, gli rifila la carbon tax facendogli anche credere
che sia un contributo ecologico.
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