Atterraggio
duro, atterraggio sicuro
Per milioni di passeggeri far toccare ad un aereo la
pista senza scossoni è il massimo della bravura. Invece spesso è meglio il contrario:
rimbalzare sull'asfalto o scendere in modo brusco evita un sacco di guai. Soprattutto
quando c'è pioggia, neve o vento. Quindi ringraziate il pilota di un Boeing 747 solo
quando vi scuote per bene
Mai fidarsi di niente e nessuno, nemmeno dei piloti d'aereo capaci di farvi
atterrare senza il minimo scossone, come sul velluto, su un materasso, sulla seta. Insomma
con quell'inavvertibile tocco delle ruote sulla pista che scatena nei passeggeri italiani
(solo loro, chissà perché...) quella idiota mania di applaudire. Beh, in realtà a
sentire i più esperti tra i piloti civili negli Stati Uniti c'è poco da applaudire:
perché l'atterraggio soft di un Boeing 747 o di un Airbus può essere pericoloso, mentre
al contrario un "touchdown" ruvido con tanto di rimbalzo è più sicuro.
Così svanisce anche quella che sembrava una certezza incrollabile. Pare infatti
(ma perché ce lo dicono solo adesso?) che solo in condizioni climatiche quasi ideali
l'atterraggio morbido sia corretto. Per il resto la presenza di vento, pioggia, neve o le
condizioni dell'asfalto consigliano un atterraggio "duro".
Partiamo da una considerazione: far scendere in pista un bestione da 50-60
tonnellate alla velocità minima di 650 km l'ora e fermarlo in meno di 1000 metri non è
semplicissimo. Figurarsi poi se c'è vento di traverso, l'asfalto gibboso, bagnato o
coperto di neve. Così un atterraggio troppo morbido e leggero su una pista coperta
d'acqua è a rischio del famigerato effetto "acquaplano", cioè la formazione
sugli pneumatici di un velo d'acqua che fa scivolare le gomme come ci fosse ghiaccio (e
frenare non serve). "In questi casi non bisogna fare atterraggi soft - ha spiegato un
pilota della Us Airways - perché si deve fare in modo che le ruote facciano presa
sull'asfalto per poter frenare e guidare l'aereo". Quindi meglio qualche rimbalzo, o
un tocco secco che "spezza" il velo d'acqua.
Idem in caso di neve o ghiaccio. Meglio toccare subito l'asfalto, il più presto
possibile e quindi in modo brusco, che far scorrere l'aereo perdendo metri preziosi per
ammorbidire la discesa. Uno dei motivi è anche che in alcuni aerei i freni anti-scivolo e
gli aero-freni (gli alettoni che si alzano sulle ali) entrano in funzione solo quando le
ruote toccano l'asfalto.
E con un forte vento di lato? Per carità, mai tentare l'atterraggio soffice e
lungo. Anzi, meglio sbattere un po' i passeggeri: tenere l'aereo sospeso sopra la pista
per addolcire l'impatto può portare ad uno spostamento laterale del velivolo, con il
rischio di uscire dalla pista stessa. Infine non va dimenticato che in alcuni aeroporti
l'asfalto è ruvido di natura ed è quindi più difficile fare atterraggi impercettibili.
Comunque sia, la scelta di allungare i tempi di discesa per toccare morbidi è
sempre un rischio: un piccolo errore e lo spazio per frenare diventa insufficiente. Meglio
di nuovo saltellare una o due volte, con qualche protesta dei passeggeri (e senza
applausi, finalmente, degli italiani) e frenare per tempo che ritrovarsi in mezzo
all'erba.
Le conclusioni? Che spesso i piloti fanno i dolci atterraggi solo perché
piacciono ai passeggeri. Anche quando, a volte, sarebbe meglio scuotere un po' di più
teste, cuori e valige. Pensare che basterebbe dirlo prima: "Gentili signori, faremo
un atterraggio un po' secco per motivi di sicurezza perché la pista è bagnata...".
Qualche pilota lo fa, pare. Il problema è che non gli crede mai nessuno.