I film di gennaio
La gabbianella ecologica di D'Alò
Woody Allen, una Celebrity sconcia
Cè post{Sostituisci con chiocciola} per te (Youve got mail)
Tom Hanks - Meg Ryan - Greg Kinnear - Parker Posey - Steve
Zahn Sceneggiatura Nora Ephron & Delia Ephron Regia Nora Ephron Anno
di produzione 1998 Distribuzione Warner Bros. Durata 119'
Il
cast e gli autori di Insonnia damore tornano in questo remake agrodolce
di Scrivimi fermo posta di Lubitsch che vedeva James Stewart protagonista di una
storia damore divertente e originale. Proprio come accade in questo upgrade digitale
interpretato da attori come Tom Hanks e Meg Ryan che di commedie se ne intendono. Anche se
i tempi sono cambiati e la posta è elettronica strutturata sul sistema inventato da
America On Line per chattare allegramente in libertà sotto uno pseudonimo. Chi
lavrebbe detto che "La commessa" e "NY 172" non
sono altro che i proprietari di due librerie rivali con una concezione totalmente diversa
del lavoro e della vita?
Diretto da Nora Ephron regista di Michael il film è
una sottile e intelligente commedia con alcune leggere incongruenze finali che non
spiegano levoluzione psicologica e affettiva di certi aspetti dei personaggi. Questo
dovuto purtroppo ai tagli cui è stata costretta la regista per dare al film
una lunghezza "giusta", lo limita vagamente, smorzando alcuni aspetti
interessanti e soprattutto squilibrando Cè post{Sostituisci con chiocciola} per te tra un
primo tempo divertentissimo e un secondo tempo vagamente retorico e annacquato rispetto la
prima parte della pellicola. Nonostante questo, unottima commedia con due grandi
attori che si divertono e ci divertono nelle loro intelligenti e romantiche schermaglie.
Il mio West
Leonardo Pieraccioni - Harvey Keitel - David Bowie -
Sandrine Holt - Alessia Marcuzzi Sceneggiatura Giovanni Veronesi & Leonardo
Pieraccioni Anno di produzione 1998 Distribuzione Cecchi Gori Durata 97
Giovanni Veronesi, sceneggiatore di molti film di Nuti e
dei successi pieraccioniani non è né Sam Peckinpah, né Sergio Leone e si vede. Dunque,
tutti i suoi limiti di autore e di regista sono quelli che nuocciono gravemente alla
salute de Il mio west, maldestro omaggio di fine millennio a un genere
cinematografico e un luogo mitico e di sogno come la Frontiera americana. Una società in
transizione è quella che Veronesi vorrebbe raccontarci e che nonostante due mostri sacri
come David Bowie e Harvey Keitel, non riesce a spiegare con qualcosa di leggermente
approfondito e meno banale. Mentre Alessia Marcuzzi - bellissima e affascinante - buca lo
schermo con il suo fisico e non come attrice (ancora troppo televisiva...), Leonardo
Pieraccioni ci sembra "legato"e fuori parte in un ruolo cui non riesce veramente
mai a dare spessore.
Il film - inserito nel contesto discutibile della commedia
natalizia scaccia pensieri - potrebbe anche funzionare e divertire. Il problema è che con
tutti i soldi spesi e le possibilità avute dal regista, Il mio west diventa
un'esperienza discutibile e francamente da dimenticare. Perché non bastano certo Harvey
Keitel e David Bowie a dare forza a una storia con molti appeals, quando tutto
viene affondato in un'incomprensibile pochezza di idee.
Lamico del cuore
Vincenzo Salemme Eva Herzigova Carlo
Buccirosso Maurizio Casagrande Nando Paone Sceneggiatura e Regia Vincenzo
Salemme Anno di produzione 1998 Distribuzione Cecchi Gori Durata 100
Sarebbe
bastata la sorpresa di un'elegante e strepitosa Eva Herzigova che recita discretamente
sganciandosi dall'immagine patinata di top model a connotare L'amico del cuore come
la commedia rivelazione del Natale 1998. Invece, l'esordiente Vincenzo Salemme ha voluto
piacevolmente stupirci regalandoci un film divertente e a tratti esilarante che - pur nel
solco della tradizione di Eduardo e Peppino De Filippo - risulta comunque una commedia
napoletana pienamente autonoma. Moderna e intrigante. Un film allegro e scanzonato che -
partendo dall'antefatto di un medico in fin di vita che chiede al suo migliore amico di
potere trascorrere un po' di tempo con la sua bellissima moglie - sviluppa un'allegrissima
commedia, spesso prevedibile, ma nonostante tutto gustosissima. Se Carlo Buccirosso e
Maurizio Casagrande insieme a Salemme creano delle gag irresistibili, Eva Herzigova è
perfetta nel ruolo dell'oggetto del desiderio. Una pellicola simpatica ed esilarante, che
diverte soprattutto per la sua ingenuità e la sua semplicità. Un film anche dal
sorprendente risvolto civile che vede l'amicizia come un valore che supera ogni egoismo e
gelosia. Davvero un ottimo debutto quello di Salemme da cui ci aspettiamo ancora tante
sorprese.
La gabbianella e il gatto
Cartoni Animati - Sceneggiatura Enzo D'Alò &
Umberto Marino tratta dal romanzo Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò
a volare di Luis Sepulveda Regia Enzo D'Alò Anno di produzione 1998 Distribuzione
Cecchi Gori Durata 76'
Enzo D'Alò già regista dell'interessante La freccia azzurra, torna al
cinema d'animazione con una produzione che con i suoi dieci miliardi di costo conquista il
posto del più costoso lungometraggio della storia del cinema d'animazione italiano.
Soldi davvero ben spesi, perché il film riesce a trasporre
perfettamente sul grande schermo la favola ecologista, etica e civile narrata nel romanzo
di Luis Sepulveda Storia di una gabbianella e del fatto che le insegnò a volare. Con
le voci assai azzeccate di Carlo Verdone, Antonio Albanese e Melba Ruffo di Calabria, il
film rappresenta un'orginale commistione del divertimento puro tipico dei film a cartoni
animati con un gusto molto europeo di raccontare una storia che voglia andare oltre. La
metafora che vola solo chi osa farlo, diventa una sorta di chiave di lettura per una
società in transizione che deve cambiare iniziando a conoscere e a rispettare il diverso.
Una favola di tolleranza che nella sua profonda eticità commuove e diverte allo stesso
tempo, diventando un utile apologo per insegnare ai bambini a volare oltre le proprie
grettezze e ad amare il proprio prossimo. Anche se è solo un po' diverso da noi. Un modo
per amare i libri, gli animali e gli altri. Un intelligente e deliziosa produzione che
serve a spiegare quanto il mondo possa essere diverso se solo ci impegnano a trasformarlo.
Celebrity
Kenneth Branagh - Leonardo DiCaprio - Judy Davis - Greg
Mottola - Joe Mantegna - Charlize Theron - Famke Janssen - Winona Ryder Sceneggiatura e
Regia Woody Allen Anno di produzione 1998 Distibuzione Cecchi Gori Durata
120
Povero
Woody Allen! E chi se lo immaginava che il suo futuro sarebbe stata una vecchiaia
sporcacciona ammantata da discussioni intellettuali di risulta?! Un regista come lui - un
vero genio della nostra era - ridursi a raccontare storie sconce per spiegare il fenomeno
della celebrità negli Stati Uniti...davvero una tristezza soprattutto per chi - come chi
scrive - ha eletto il cinema di Allen al primo posto nella personalissima classifica dei
film preferiti.
E' vero - la pellicola vorrebbe essere ironica e allegra -
ma, mentre una volta potevamo identificarci in un personaggio spettatore incolpevole e -
forse - anche ingenuo di fronte alle stranezze dilaganti, in Celebrity - invece -
il mondo corrotto e corruttore non trova nessun appiglio per salvare qualcuno. Tutto è
sbagliato, tutto è eccessivo, tutti i personaggi sono caricati e guasti nel loro essere
più intimo. Tra una scopata e l'altra, tra sesso orale e solo parlato, gli abitanti di
questo mondo reso ancora più abulico di sentimenti da un irritante bianco e nero
sgranato, che vede attori come Leonardo DiCaprio e Charlize Theron, l'alter ego alleniano
di stavolta Kenneth Branagh, raccontano con un gusto da uomo in andropausa, il dorato e
fallace universo dello spettacolo americano.
Un film noioso, lento e inspiegabilmente vuoto quello che
ci regala il Woody Allen degli anni Novanta. Uomo evidentemente in crisi e genio
indiscutibile, incapace - però - di mettersi ancora in discussione. E perché dovrebbe
farlo? Le star sono tante, gli incassi al botteghino aumentano proporzionalmente
alla facilità con cui si cerca di accalappiare il pubblico con situazioni piccanti,
forse, il genio chiede la necessità - per un po' - di lasciarsi andare. O sono solo i
soldi?
The Confession
Alec Baldwin - Ben Kinglsey - Amy Irving - Jay O. Sanders Sceneggiatura
David Black tratta dal romanzo "Fertig" di Sol Yurick Regia David
Hugh Jones Anno di produzione 1998 Distribuzione CDI-Buena Vista Durata 110'
La storia di un dirigente d'azienda sconvolto per la morte del figlio dovuta alla
negligenza del personale ospedaliero e il conseguente omicidio di tre persone da parte di
questo è l'interessante e toccante antefatto di questo noioso film diretto
dall'esordiente David Hugh Jones. La sua esperienza come regista shakespeariano oltre a
dare un tono eccessivamente teatrale alla recitazione degli attori, non gli fornisce alcun
aiuto in una direzione banale e francamente incomprensibile. Cattivi che diventano buoni
all'improvviso, mogli fedelissime che si concedono al primo venuto, giudici corrotti e
inspiegabilmente corruttori sono gli elementi di questo thriller sbagliato che
danno vita a una storia poco credibile e forzata. Bolso e francamente debole Alec Baldwin,
eccessivamente caricata e per il resto senza pathos la recitazione di un Ben
Kingsley sottotono.
Eppure gli ingredienti per realizzare un lavoro
interessante c'erano tutti: un cast di attori capaci, una sceneggiatura originale e
soprattutto un'interessante riflessione sul senso della giustizia che si insinuava dietro
gli argomenti tipici del genere thriller. Davvero un peccato insomma, con un
responsabile principale: il regista David Hugh Jones ancora troppo inesperto per il
linguaggio proprio del grande schermo.
Slam
Saul Williams Sonja Sohn Bonz Malone
Beau Sia Sceneggiatura e Regia Marc Levin Anno di produzione 1998 Distribuzione
Lucky Red Durata 100
Intenso,
potente e spietato Slam è un film poetico e politico che racconta il triste
destino degli abitanti di colore dei ghetti della città di Washington. Raramente abbiamo
assistito a pellicole che riuscissero a coniugare con tanta intelligenza una storia di fiction
con elementi sociologici e sociali sulla situazione delle minoranze negli Stati Uniti.
Girato con una camera a mano, il film nevrotico e originale racconta il dramma umano e
spirituale di un ragazzo nero che si trova a fronteggiare la possibilità di stare dieci
anni in galera per avere spacciato marjuana. Poeta del ghetto, il giovane rapper
viene convinto a esibirsi in un locale da uneducatrice conosciuta in carcere, dopo
essere stato liberato su una cauzione pagata dalla sua banda criminale. Pistole e
violenze, sorrisi di bambini e parole di fuoco sono i protagonisti di questo film ritmato
da una colonna sonora che esprime tutta la rabbia e la voglia di cambiare di
unintera generazione di giovani nati e cresciuti per strada. Un film durissimo che,
vincitore del Noir in Festival di Courmayer e Gran premio della giuria al Sundance
Festival, deve la sua forza alla sua grande chiarezza e onestà intellettuale, senza
fronzoli e strutture di comodo. Una pellicola forte che nella povertà di mezzi, ma
non di idee vale cento documentari. Mai avremmo pensato ed è questa la
bellezza del cinema che continua a stupirci di potere vedere così felicemente
insieme la stand up poetry , ovvero poeti che recitano le loro composizioni di
fronte a un pubblico, in un film che parla di gang e droga. Che la poesia possa stavolta
davvero salvare il mondo?
Ronin
Robert De Niro - Jean Reno - Natascha McElhone - Stellan
Skarsgard - Sean Bean - Jonathan Pryce - Michael Lonsdale Sceneggiatura j.D. Seik
& Richard Weisz Regia John Frankenheimer Anno di produzione 1998 Distribuzione
UIP Durata 121'
Diretto dal regista di Sette giorni a maggio e L'uomo
di Alcatraz, Ronin è un ottimo film d'azione. Sparatorie, inseguimenti mozzafiato
sulle strade della Costa azzurra o di Parigi, duelli fisici e psicologici basati sul
confronto di grandi e ottimi attori. Tutto questo condito da una regia spettacolare che
segue l'azione con completezza e coraggio. Purtroppo Ronin è tutto qui. Soltanto
ed interamente. La tensione, il pathos, le trovate del grande cinema di spionaggio
vengono totalmente a mancare in nome di una segretezza che fa dubitare gli stessi
spettatori del motivo per il quale stanno vedendo questa lunghissima pellicola, resa
inconsistente dal tessuto connettivo di una sceneggiatura talmente orginale in maniera
forzata, da risultare scontata e banale.
Perché agiscano alcuni attori in una certa maniera,
purtroppo non lo sapremo mai, mentre quello di cui siamo certi è che - oggi come oggi -
che è davvero troppo poco fare un film d'azione solo con mafiosi russi e servizi segreti.
Ancora una volta troppo prevedibile e deja vu troppe volte in 007 Goldeneye, Il
santo, The Jackal e perfino in Uno dei due della coppia Belmondo-Delon, anche
loro in trasferta armata sulla Costa Azzurra.
Tutto troppo scontato e troppo banale come la recitazione
di certi attori davvero tanto caricata. Proprio come accadeva a Val Kilmer e a Marlon
Brando nell'ultimo lavoro di Frankenheimer, quel triste remake dell'Isola del
Dottor Moreau. Tutto questo - come è ovvio che sia - non facilita il godimento di una
storia volutamente arzigogogolata e dal finale inspiegabile. Certo la bellezza di Natascha
MacElhone nei panni dell'algida terrorista ci aiuta a chiudere un occhio sui tanti buchi
di questa sceneggiatura, ma un Robert De Niro enigmatico all'ennesima potenza al punto da
essere irritante, compromette definitivamente l'accettazione di un film che sembra una
versione sanguinaria di Pacco, Doppio Pacco e contropaccotto di Nanni Loi, dove -
tra una fregatura e l'altra - si assiste a un Tour de France compiuto da spie e
terroristi armati fino ai denti.
Marco Spagnoli |