La vita?
Teniamola a distanza
L'Einaudi propone una nuova
collana dove gli scrittori devono reinterpretare il significato di parole d'uso comune. Ed
Emilio Tadini l'ha inaugurata cercando di capire cosa significa il temine
"distanza". Partendo dal primo grande distacco: il trauma del parto che
allontana figlio e madre
Emilio Tadini, La Distanza -
Einaudi, pp. 175, L.18.000
Nella serie dei saggi "Einaudi
contemporanea", con il libro di aforismi La distanza di Emilio Tadini
ha recentemente preso lavvio una nuova proposta editoriale allinsegna di un
lessico quotidiano a misura della contemporaneità. In altri termini, si tratta di testi
in cui gli scrittori, invitati ad esplorare determinate voci rappresentative (o abusate) del nostro universo semantico,
dibattono intorno al significato di queste parole emblematiche da rivisitare con spirito
critico, su cui interrogarsi e soprattutto interrogare (o intrigare) il lettore.
Si parte, e non a caso, da un vocabolo fortemente allusivo:
la distanza. E infatti proprio sotto la voce "distanza" che noi iniziamo a
rubricare la nostra prima esperienza al momento della nascita, separandoci dalla madre. E
il saper prendere le distanze dal corpo della madre a cui si era uniti nella fusionalità
prenatale riuscendo gradualmente a sopportarne lassenza, rappresentano dunque
lavvio basilare di quel processo di differenziazione ed individuazione che
permetterà al soggetto di costituirsi quale io autonomo. Così laltro (e in primis
la figura materna, che rappresenta lalterità aurorale) viene messo a fuoco,
potremmo dire si dà, solo nella distanza. Ogni atto, ogni rappresentazione quindi si
giocano sulla distanza e non possono fare a meno di questa dimensione prospettica. E
probabilmente, dovendoci innanzitutto misurare col distacco dallabbraccio protettivo
materno, "è sul modello della separazione primaria che si configureranno tutte le
separazioni a venire"; anche quella definitiva, che nella sottrazione della morte
annichilerà per noi definitivamente ogni distanza.
Aristotele sostiene che il sapere nasce attraverso o grazie
al desiderio del nostro corpo di esplorare, dunque conoscere e far nostro il mondo. E non
è forse il desiderio di abolire tutte le distanze ciò che ci muove si e ci chiede
Tadini nel tentativo di ricostruire, simbolicamente almeno, la totalità perduta da
quando attraverso levento davvero traumatico del parto siamo stati esiliati dal
nostro piccolo Eden in cui eravamo tuttuno col corpo materno? In questottica
il desiderio, ciascun tipo di desiderio non è legato alla brama di questo o quel
conseguimento, ma ambirebbe a cancellare la distanza che fatalmente sempre ci separa dalla
cosa o dalla persona agognata, a eludere quello iato (sorta di vera e propria iattura)
impossibile da esorcizzare.
Ancora, la religione stessa cerca di abolire la distanza
fra dio e gli uomini. E lamore profano, cosaltro è se non una straordinaria
forza attrattiva che mira a unire due esseri distinti in un unico abbraccio a ricomporre
la totalità perduta? Ma se non cè dato annullare mai del tutto la distanza, allora
è solo la presenza dellaltro a poter risolverne lenigma; una presenza che
rende quella tollerabile gettando sullabisso che ci separa un ponte di relazioni
che, pur non abolendola, lattraversa e la colma.
Francesco Roat |