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redarrowleft.GIF (53 byte) Scienza Febbraio 1999

Frankenstein 2001

Un ricercatore Usa sta cercando di creare un nuovo organismo artificiale. Prendendo, come il mostro del racconto di Mary Shelley, pezzi di geni di un microrganismo per costruire qualcosa di mai esistito prima. Ma ha chiesto anche un parere agli esperti di etica e religione. Perché, dice, dietro al suo esperimento si nasconde il significato della vita

dna1.jpg (9716 byte)Perché stupirsi? Era lì che si sarebbe arrivati. O non è il senso della genetica la ricerca delle basi fondamentali della vita? Dal nucleo ai cromosomi, dai geni alle molecole del Dna. Così la notizia che J. Craig Venter, genetista e ricercatore americano della Celera Genomics Corporation (non sa di fantascienza come nome?) di Rockville nel Maryland, è pronto a creare nuove forme di vita artificiali era prevedibile. In fondo, vuole solo fare il processo inverso scegliendo lui i pezzi: molecole e geni, il minimo necessario per dare la vita. A cosa, però, non lo sa nemmeno lui.

"Sembra la storia di Frankestein" ha ironizzato qualcuno. E infatti è quella. Solo che al posto dei pezzi di cadavere del racconto di Mary Shelley qui si vuole usare pezzi di batteri. Per ottenerne altri, nuovi e mai visti prima in natura. O qualcosa di simile. "A Mary Shelley sarebbe piaciuto" ha riso Venter. Che però non ha nascosto che una simile impresa va prima pensata e "filtrata". Tanto che ha deciso di chiedere preventivamente ad esperti di etica e religione "se è morale o meno creare una vita artificiale". Una discussione che secondo lo scienziato "bisogna affrontare, perché qui si decide la definizione di cosa è vita...". Altro che clonazione.

Ma cosa vuole fare esattamente Craig Venter? Andiamo per gradi. Tutto parte da un microrganismo chiamato Mycoplasma genitalium. Il nome, ironia della sorte, deriva dal fatto che vive soprattutto nel tratto genitale dell'uomo (ma anche nei polmoni). L'esserino microscopico, più piccolo di un batterio, non causa alcuna malattia. E ha una caratteristica fondamentale: è l'organismo vivente con meno geni che si conosca. Appena 470, contro i circa 80 mila dell'uomo. Insomma molto più abbordabile per scoprire, procedendo per eliminazione, quali sono quelli essenziali per la vita.

Per capire ancora meglio, basta prendere un suo stretto e più pericoloso fratello, il Mycoplasma pneumoniae. Che di geni ne ha 670, cioè 200 in più. E' evidente che quei 200 extra geni non sono essenziali per l'esistenza del microrganismo. Quanti allora dei 470 geni del genitalium sono indispensabili perché il Mycoplasma cresca, respiri e mangi? Basta toglierli uno a uno e vedere cosa succede. Se l'esserino microscopico muore, quel gene è indispensabile. Se no, avrà una funzione secondaria. Come nell'uomo il colore della pelle, degli occhi, la statura, la forma del viso: esteticamente interessanti, ma non servono a campare. Altro modo di dirlo: se prendiamo un'auto e cominciamo a toglierli i pezzi, prima o poi arriviamo all'essenziale. I sedili, i fanali, la tappezzeria, le porte, il tergicristallo sono degli extra: le ruote, i pistoni, ma anche una semplice candela sono indispensabili. Quella "è" la vita, tolto il superfluo. Così sono due i risultati dell'esperimento: scoprire quelli che sono i geni-base, e quali altre molecole di Dna servono per modificare l'aspetto del batterio, il colore o renderlo resistente al freddo o al caldo.

Per "sfogliare" il nucleo del povero Mycoplasma, Venter e la sua equipe hanno usato i cosiddetti transposoni, geni con il compito preciso di eliminare altri geni. Una volta identificato il pacchetto-base di geni che produce quella che chiamiamo vita, il resto verrà da sé. Anche se non si è trattato di un'operazione facile. Esempio: in molti organismi se un certo gene viene eliminato, altri geni lo sostituiscono. Un problema in più da risolvere, quindi. Comunque il "numero della vita" alla fine è arrivato: per vivere al Mycoplasma genitalium servono 300 geni. E' questo il "kit di sopravvivenza" da cui partire. Secondo Venter si potrebbe separare le varie basi nucleotidiche che formano il Dna dei 300 geni per poi "pescarle" e costruire il nuovo batterio artificiale. Magari a caso.

Ma qui si entra nella zona d'ombra. Né il ricercatore Usa né altri sanno cosa ne verrà fuori, perché un essere vivente è molto più complesso di quanto si pensi (ipotesi fosca: e se nascesse un microrganismo pestifero e invincibile?). Una volta, a titolo di paragone, si pensava che dai batteri fino agli animali superiori i geni che regolavano le funzioni principali fossero uguali. Come respirare, digerire, costruire altre cellule, ecc. Invece niente: organismi diversi usano geni diversi per le stesse funzioni. "E non sappiamo ancora a cosa serve il 50 per cento dei geni di ogni genoma" spiega Venter. Mycoplasma compreso: almeno 100 geni del piccolo batterio sono un vero mistero.

Ma questo non fermerà l'intrigante tentativo di creare una nuova forma di vita. E' vero, Craig Verter dice che aspetta le decisioni degli esperti di bioetica, dei teologi, forse dei filosofi. Ma chi crede che un "no" seppellirà la voglia dell'uomo di provare, per la prima volta, il soffio esaltante della divinità?

a.m.

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