Violenza, eredità scomoda
Un saggio del
sociologo tedesco Wolfgang Sofsky analizza la fenomenologia della violenza. Un
comportamento che ha seguito l'uomo fin dalla sua comparsa sulla Terra. E che, dice
l'autore, è inestirpabile perché per controllarla serve altra violenza, in una catena
senza fine. Ma è anche senza speranza?
Wolfgang Sofsky, Saggio sulla violenza,
Einaudi, pp.196, L.28.000
Quando agli albori della storia non
esistevano vincoli o leggi, nessuno era al sicuro dalla prevaricazione; allora gli uomini
strinsero fra loro un patto per garantirsi la mutua sicurezza e nacque lo Stato, che
divenne però un nuovo Leviatano detentore dogni potere. Da questo mito,
tratto dal testo più noto di Hobbes, prende lavvio la riflessione del sociologo
tedesco Wolfgang Sofsky sulla fenomenologia della violenza. Ed è una tesi segnata da un
cupo pessimismo, secondo il quale la violenza non solo è onnipresente lungo il cammino
del genere umano, ma è pure inestirpabile, in quanto ogni tentativo di eliminarla genera
un ordine civile basato su timore e costrizione: poiché "senza la protezione della
spada non cè contratto". Ciò tuttavia spingerebbe a trasgredire divieti e
norme ingenerando nuova conflittualità, a sua volta sedabile solo attraverso una
repressione ulteriore, destinata ad avvitarsi in una spirale continua di
violenza-repressione.
Anche se non le cita espressamente, Sofsky
sembra rifarsi alle considerazioni di Konrad Lorenz, che ritiene la violenza umana
retaggio del nostro sostrato animale e finisce per giustificarla come naturale tendenza
allaggressione intra-specifica. Insomma una sorta di destino iscritto nel Dna della
specie o un risvolto demoniaco del comune corredo genetico. E non basta. Essendo
luomo "un essere culturale che crea da sé la sua violenza" scrive Sofsky,
egli "può accrescere le sue forze distruttive allinfinito".
Che fare allora contro la distruttività?
Quale etica declinabile al plurale basata su ideali condivisibili fondare, tenendo conto
che i valori assoluti paiono ormai tramontati allorizzonte della coscienza dei più?
Questa la riflessione, in positivo, assente nel saggio e che invece avrebbe dovuto
costituirne lasse portante. Se infatti nessuno oggi può sensatamente illudersi di
giungere ad eliminare del tutto la violenza, il problema semmai è come depotenziarla o
arginarla, magari promuovendo un contesto sociale non contraddistinto da competitività ed
individualismo, ma allinsegna di solidarietà, con-divisione, rispetto e reciproco
aiuto.
f.r. |