AOSTA - "Leonardo Bazzaro: lagune
venete e montagne valdostane" al Museo Archeologico
E la terza delle
importanti iniziative promosse dalla Regione Autonoma Valle dAosta nel suo
capoluogo, assieme a quelle dedicate allAvanguardia Russa e la
musica , raccolta nel Centro Saint-Bénin e della monografia sul pittore
espressionista toscano Remo
Squillantini, collocata allinterno degli spazi espositivi della Tour
Fromage. Questa, su Leonardo Bazzaro, infine, esposta al Museo Archeologico di piazza
Roncas e visitabile fino al 19 aprile, porta il titolo "Leonardo Bazzaro
1853-1937. Un maestro dell800 italiano tra la Valle dAosta e la laguna veneta",
ed è costituita da una sessantina di dipinti di uno dei maestri del Naturalismo italiano.
Nato a Milano nel 1853, il pittore non poteva non trarre suggestioni dal dominante gusto
legato alla Scapigliatura lombarda ed in modo particolare dalla pittura di Tranquillo
Cremona alla quale molti dei suoi dolci paesaggi e ritratti soffusi di velature delicate
mostrano di far riferimento. La mostra, che raccoglie oltre 60 opere, permette una
ricostruzione diacronica delle diverse fasi dellitinerario artistico di Leonardo
Bazzaro, ed è divisa in quattro sezioni: i ritratti e le scene di genere, le alture del
Verbano, Chioggia, la Valle dAosta; soggetti ai quali Bazzaro destina altrettanti
diversi linguaggi. Tutti questa varietà tematica aveva attirato, fin dagli esordi del
pittore, lattenzione del mercante parigino Goupil, famoso per aver avuto nella sua "scuderia"
anche Vincent Van Gogh, e aveva creato le premesse per una carriera ricca di successi e di
importanti incontri con le maggiori personalità artistiche della fine del secolo.
Presente a manifestazioni importanti di carattere nazionale, dalle rassegne di Brera,
allEsposizione Nazionale di Parigi del 1889, alle Biennali di Venezia alle quali
partecipa fin dal 1897, Bazzaro ottiene riconoscimenti assai significativi, a cominciare
dalla XI edizione della Biennale di Venezia che, nel 1914, gli dedica unesposizione
monografica.
Le opere dellodierna mostra ad Aosta provengono da prestigiose sedi
museali italiane e sono accompagnate da un bel catalogo edito da Giorgio Mondadori nel
quale Nicoletta Colombo ha curati i testi critici e Sergio Rebora gli apparati scientifici
e la biografia.
MARTIGNY (Svizzera) Turner e le Alpi - 5 marzo-6 giugno
1999
La mostra, esposta alla Fondation Pierre Gianadda di Martigny proveniente dalla
Tate Gallery di Londra, segue il viaggio che Joseph Mallord William Turner (1775-1851) intraprese, nel 1802, in
compagnia di un amico sulle Alpi. Con matite, carboncino, acquerelli e gouache lo
straordinario paesaggista inglese, al suo primo incontro con i paesaggi del continente,
esplora con ricchezza di dettagli e con immagini di grande immediatezza e freschezza una
regione mai forse indagata così a fondo: da Grenoble a Ginevra, fino a Courmayeur e,
attraverso il passo del Gran San Bernardo, fino a Martigny , per raggiungere poi Lucerna,
Zurigo e Baden e il passo del Gottardo. Assieme allamico Newbey Lowson, finanziatore
dellimpresa, attraverso un cammino spesso accidentato che ancora risentiva del
passaggio e delloccupazione delle truppe napoleoniche, Turner scopre lasprezza
del Monte Bianco e di Chamonix, la calma serena dei laghi di Thun, Brienz e Ginevra ed i
suoi disegni documentano, come in un diario fotografico, anche
levoluzione del pittore sia in termini di espressione pittorica, sia per quanto
riguarda le sue capacità di fissare, immaginare e ricordare i differenti motivi della
natura. Luso delle diverse tecniche pittoriche, poi, dimostra lattenta
sensibilità dellartista al dato naturalistico e le visioni che Turner riporterà da
questo viaggio affascineranno i suoi conterranei in modo straordinario, tanto che il
pittore dovrà rielaborare diverse versioni di molti dei paesaggi rappresentati per
soddisfare le richieste dei suoi clienti.
La mostra, patrocinata nel duecentesimo dalla loro fondazione da MM. Lombard
Odier & Cie Banquiers privés di Ginevra, include opere provenienti dalla Whitworth
Art Gallery di Manchester, dal Sir Johon Soanes Museum di Londra e dallAbbot
Hall Art Gallery di Kendal, oltre che da collezioni private svizzere. Essa è, inoltre,
accompagnata da un catalogo bilingue che riproduce a colori tutte le opere esposte, con
testi di David Brown, conservatore alla Tate Gallery e curatore della mostra stessa.
VERONA Mancino (Michele Tarasco) e Antonio Violetta a
Palazzo Forti
La Galleria
dArte Moderna e Contemporanea di Palazzo Forti presenta contemporaneamente due
interessanti artisti che svicolano, come spesso accade in questi tempi recenti, da ogni
definizione di "scuderia" per porsi, ciascuno, in una propria, personalissima e
assi più larga e confortevole postazione da "fine millennio". Si tratta di
Mancino e di Antonio Violetta. Costruttivo ed esplosivo, il primo, Michele Tarasco,
"un artista- come afferma Giorgio Cortenova, direttore del Museo e curatore
della mostra- che ama manipolare i materiali e assemblare le cose di tutti i giorni con
altre cadute in disuso,
attraverso una sorta di alchimia quotidiana capace di trasformare la prosa della materia
nelle rime della poesia". Lessere poeta di Mancino appare non solo dalle
sue opere (assemblaggi di materiali vari, tuttavia sempre posti tra loro in armoniche
sequenze), ma anche dei suoi brevi e significativi interventi scritti che nel catalogo si
interpolano alle immagini e presentano una "visione" anche dellartista
come persona (non è sempre così scontato che gli artisti si facciano conoscere
attraverso proprie opere): intelligente, autonomo e disarmante fin nella pregiudiziale
affermazione, nella sua autobiografia, di discepolato ideale dal grande Vincent Van Gogh.
Antonio Violetta,
invece, è il rappresentante di una scultura contemporanea che trae ispirazione da un
quotidiano esistere popolato di figure maschili non idealizzate, dai lineamenti robusti e
reali, pieni di una interiore energia; le sue donne e le sue fanciulle sono, al contrario, accomunate da
un dominante desiderio di ritrarsi, di nascondersi in una sorta di semplificazione che,
privandole di una contestualità specifica e collocandole fuori dalla storia, garantisce
loro uninviolabilità perenne e rassicurante.
Come per Mancino, anche per Violetta Giorgio Contenova ha curato il catalogo
edito da Electa, corredato dei testi critici di Massimo Ferretti e Alessandra Rizzi e
dagli apparati di Claudia Casali.
MENDRISIO (Canton Ticino, Svizzera) Eduardo Chillida al
Museo dArte (12 marzo-2 maggio)
Uno straordinario
gruppo di opere, per lo più inedite, dello scultore basco Eduardo Chillida, trova in
questi giorni degna collocazione negli spazi espositivi del Museo dArte di
Mendrisio, proponendo al pubblico che già conosce Chillida alcuni nuovi aspetti della sua
arte. In mostra ci sono, infatti, 74 opere della sua collezione personale: 12 Lurrak,
sculture di argilla bruciata, e 62 Gravitaciones, rilievi di diversi strati di
carte, tagliate ed in parte dipinte a china nera, legate ed appese. Si tratta di un excursus
sugli ultimi trentanni di attività dellartista, dal 1968 ad oggi che da la
misura della vastità della gamma linguistica di Chillida e ragione della presenza delle
sue opere nei più prestigiosi musei e collezioni del mondo, dei numerosi riconoscimenti
internazionali: dal Gran premio internazionale della scultura alla Biennale di Venezia
(1958), al Premio Kandinsky (Parigi 1960), al Premio Rembrandt della Fondazione Goethe
(1975), al Premio europeo delle Belle Arti (Strasburgo 1983), al Gran premio dArte
di Francia (Parigi 1984), al Premio Lorenzo il Magnifico (Firenze 1987), al Premio
imperiale (Tokyo 1991).
Recentemente anche il
Museo Nacional Reina Sofia di Madrid gli ha dedicato una grande retrospettiva ordinata da
Kosme de Barañano, curatore assieme a Matthias Bärman, della mostra proposta al Museo di
Mendrisio.
Nato nel 1924 a San Sebastiàn, dove attualmente vive e lavora, Chillida è uno
dei più significativi artisti del nostro secolo, un "creativo che mette in
discussione lo spazio", come afferma Kosme de Barañano, e le sue opere in ferro,
acciaio, legno, cemento, alabastro, granito, terracotta e carta, sono state commentate da
altrettanto grandi poeti quali Claude Esteban, Jaques Dupin, Edmond Jabes, Octavio Paz,
José Miguel Ullàn di Salamanca.
La mostra è corredata da un bel catalogo bilingue edito dal Museo dArte
di Mandrisio e curato dagli stessi
Kosme de Barañano, con un testo in spagnolo, e Matthias Bärman, con uno in tedesco, gli
studiosi che si sono occupati anche dellesposizione. In questo interessante ed
esauriente catalogo, che raccoglie tutte le immagini a colori delle opere presentate in
mostra, colpisce anche il suo particolarissimo colophon che, oltre alla data di
pubblicazione, aggiunge che, in questo stesso tempo Eduardo Chillida compiva 75 anni e che
ne sono passati 876 da quando "il vento del nord soffiò per la prima volta fra le
rose sulla tomba del poeta persiano Omar Khayyam". Tomba che è costituita da una
splendida, lineare scultura di Chillida.
G.G.