Che triste
quell'isola: torniamoci
Scoperta per caso nel 1506, la microbica
isoletta di Tristan nell'Atlantico non è proprio un esempio di ospitalità. Ma pur brulla
e tempestosa ha ospitato intere generazioni di pescatori fino ad oggi. Nel 1961 fu
abbandonata per un'eruzione vulcanica, due anni dopo gli abitanti erano già tornati.
Marco Ferrari ha voluto raccontare diciassette spezzoni di vita di altrettante famiglie
antiche e moderne. Che alle comodità hanno preferito solidarietà e condivisione
Marco Ferrari, I sogni di Tristan, Sellerio, pp.132,
L.15.000
A causa della sua conformazione vulcanica,
dellesiguità della propria superficie, dellinsistita presenza di umidezza e
bufere, lisola di Tristan da Cunha - graffio di compasso nella sterminata distesa
dellAtlantico - scoperta per caso nel 1506 dal navigatore portoghese da cui essa
trae il nome, non è mai stata una terra promessa per gli uomini di mare che negli ultimi
due secoli hanno insistito caparbiamente ad abitarla. Tuttavia, quando nellautunno
del 1961 a causa duna eruzione vulcanica vennero costretti a lasciarla, lo fecero
talmente a malincuore che appena un paio danni dopo gran parte di loro presero la
decisione di attraversare unaltra volta loceano per ritornare in quella landa
estrema (a cui approda solo ogni tre mesi una nave a rifornire di viveri, giornali e
notizie del mondo i Tristani). Terra emersa tra i flutti dun mare sin troppo
tempestoso e denominata l"isola della desolazione", ma forse
ingiustamente, se è riuscita a richiamare alla propria natura selvaggia uomini e donne
che han preferito trascorrere la vita su un fazzoletto di terra dappena un centinaio
di chilometri quadrati, sprezzando gli agi e i disagi di quellaltra isola - immensa
rispetto a Tristan - lInghilterra, su cui essi avevano inteso fare solo temporaneo
approdo.
E giusto intorno a Tristan ruota questo bel libro di
racconti di Marco Ferrari, che narra diciassette spezzoni di vite - resoconti fantastici,
scampoli di saghe marinaresche o autentiche cronache familiari, poco importa - una
manciata di narrativi oceanici aventi per protagonisti antichi e recenti abitatori
dell"ultima isola", in cui si può riassumere la storia di Tristan, dai
primi colonizzatori ai giorni nostri, attraverso un compendio di rassegne esistenziali
segnate - come accenna allusivamente il primo brano della raccolta - da "fallimenti e
testardaggini" o da "solitudini e ingenuità". Che sarebbero poi le
qualità umane in cui più o meno si ritrovano tutte le voci narranti di Ferrari, intese a
raccontare con singolare vis evocativa e esuberanza metaforica la ripetitività di
vite pazienti trascorse presso una terra che sarà sì "ospitale solo per i
naufraghi", ma che talvolta pare assumere la valenza dun mondo quasi utopico
allinsegna della solidarietà e della condivisione.
Un mondo dove "si vive e si muore assieme", in
cui tra arcobaleni e tempeste, casupole al riparo delle quali sognare addii o ritorni,
mari metallici ove vagare alla ricerca di foche e campi di patate rubati alla pietra lava
da cui trarre il magro sostentamento per giorni sempre uguali, si ripercorre generazione
dopo generazione quellavventura per antonomasia che è la vita.
Francesco Roat |