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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Aprile 1999


FILM APRILE 1999

Fuori dal mondo {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Margherita Buy – Silvio Orlando Sceneggiatura Giuseppe PiccioniGualtiero Rosella – Lucia Zei Regia Giuseppe Piccioni Anno di produzione 1999 Distribuzione MIKADO Durata 100’

Fuori dal mondo_p.jpg (10681 byte)Fuori dal mondo è un piccolo capolavoro dove grazie alla recitazione di Silvio Orlando e Margherita Buy (praticamente perfetti nei rispettivi ruoli) ci viene regalato il miglior film italiano di questo anno. Addolorata, ma serena riflessione sulla nostra società, il film diretto da Piccioni è originale e seducente anche grazie alle musiche del maestro Ludovico Einaudi e all’ottimo montaggio della giovane Esmeralda Calabria. Autore di pellicole fortunate come Chiedi la luna, Condannato a nozze e Cuori al verde, Giuseppe Piccioni torna a dirigere Margherita Buy protagonista femminile di quasi tutti i suoi film, in un ruolo difficile che l’attrice romana ha saputo portare avanti con determinazione e intelligenza, mostrando al pubblico - forse - la sua migliore interpretazione cinematografica di sempre. Lo stesso dicasi per Silvio Orlando che ha voluto rinunciare all’arma dell’ironia per mostrarci un ruolo elegante e sobrio, fatto di piccolo gesti e di grandi passioni, sopite in un animo stanco. Fuori dal mondo racconta la storia di una suora (Margherita Buy) che trova un neonato abbandonato in un parco a Milano. La giovane - tramite il maglione in cui era avvolto il piccolo - risale al proprietario di una lavanderia (Silvio Orlando) presso cui aveva lavorato la probabile madre del bambino. Insieme cercheranno di ritrovare la ragazza, in una ricerca difficile e addolorata in cui entrambi i personaggi verranno messi a nudo e confrontati con il proprio vissuto. Poetica riflessione sulla solitudine nella modernità, Fuori dal mondo è un film moderno dalle grandi risorse morali e cinematografiche. Un film che avvicina anche dal punto di vista del cinema, il nostro paese all’Europa delle idee e dei grandi registi. Una pellicola che pur raccontando una piccola storia, sprovincializza l’Italia dal suo sedimentato torpore filmico per dare corpo e vigore a quella che è sicuramente una pietra miliare del nostro cinema.

Hi - Lo Country {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Woody Harrelson - Billy Crudup - Patricia Arquette - Penelope Cruz Sceneggiatura Walon Green tratta dal romanzo di Max Evans Regia Stephen Frears Anno di produzione 1998 Distribuzione Warner Bros. Durata 114’

Ritmato da musiche country che raccontano la passione per una donna che non si può avere Hi Lo Country mostra la difficile vita di due amici Big Boy (Woody Harrelson) e Pete (Billy Crudup) che lavorano fianco a fianco per non cadere nelle grinfie Jim Ed Love (Sam Elliot, lo straniero de Il grande Lebowski) un uomo arricchitosi durante la guerra e che ora si sta comprando tutta la campagna intorno a Hi - Lo

Girato in uno stile cinematografico molto vicino a quello di Peckinpah, Hi Lo Country è una bella rivisitazione moderna del genere western, reinventato da un regista europeo dallo stile colto e raffinato come Stephen Frears che dell’Ovest e della frontiera del New Mexico e del Texas esalta soprattutto l’aspetto naturale. L’Ovest di Frears - al di là della storia scontata - è un mondo in transizione che non può più essere come è sempre stato e dove i cambiamenti devono infine arrivare da un momento all’altro. La dicotomia : cavallo - automobile, libero cowboy - lavorante stipendiato è quella su cui si fonde interamente Hi Lo Country che racconta di un West che è rimasto tale solo negli ideali. Pete, Big Boy e i loro amici sono uomini che appartengono a un passato che non tornerà più. Il loro vivere di sogni e speranze che si dissolvono una ad una in favore di un severo pragmatismo economicistico, è la vera forza di questo film dove ad uscire sconfitto o addirittura morto non è il singolo personaggio, ma un mondo di praterie e di cavalli, destinato a rimanere tale soltanto al cinema.

Se si volesse definire questo film diretto dal regista di pellicole come Le relazioni pericolose, lo si potrebbe definire come un "Western sociale" dove si mostra il cambiamento avvenuto nell’Ovest degli Stati Uniti subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Se gli ideali dei due giovani cowboys, diventati amici per la pelle dopo la vendita per soli settantacinque dollari del cavallo chiamato Vecchio Sauro, sono gli stessi dei loro nonni ; la transizione socio economica avvenuta dopo la guerra, divide i vaccari del West in due categorie. Quelli che si sono modernizzati, che caricano i bovini su dei camion per portarli al mercato, che diventano latifondisti comprando la terra degli altri (10.000 acri non bastano per portare avanti una famiglia, si dice a un punto del film...) e quegli altri che preferiscono fare "alla vecchia maniera", tra notti di tempesta e infiniti cieli azzurri, preferendo il cavallo a qualsiasi dannato altro mezzo di locomozione. E per un film che si apre con il protagonista a cavallo e si chiude con lo stesso uomo anni dopo su un furgoncino, sta tutta lì la dialettica su cui poggiare una storia di amori, passioni e tradimenti che però nulla aggiunge alla saga cinematografica sulla Frontiera che Hollywood ha realizzato in oltre ottanta anni di cinema Western. Specchio di una transizione Hi Lo Country è un film da vedere e da amare per la sua solenne poesia e per la sua grande amarezza, dove la celebrazione e l’esaltazione di universo ideale di figure mitiche fatte di colossali bevute e di pistole facili è destinata a trovare la propria fine.

Le parole che non ti ho detto (Message in a bottle) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Kevin Costner - Paul Newman - Robin Wright Penn - Ileanna Douglas Sceneggiatura Gerald Dipego tratta dal romanzo di Nicholas Sparks Regia Louis Mandoki Anno di produzione 1999 Distribuzione Warner Bros. Durata 131’

Le parole che non ti ho detto.jpg (15348 byte)Barche, divorzi, amori a lume di candela, vedovanze, donne e uomini indimenticabili e incapaci di dimenticare sono solo alcuni ingredienti di questo memorabile polpettone che ricorda decine di pellicole viste negli anni Cinquanta e Settanta. Con l’unica differenza che Le parole che non ti ho detto offre la presenza della coppia inedita Paul Newman – Kevin Costner. Due sex symbols che in epoche diverse hanno influenzato in maniera simile l’immaginario collettivo femminile. Per questo, ma soprattutto per altri motivi (una gran cura delle immagini, un’ottima regia e un buon montaggio) Le parole che non ti ho detto è un buon film, che pur appartenendo a un genere cinematografico ben definito, è un ottimo prodotto. Alla stregua di Via col LE PAROLE CHE NON TI HO MAI DETTO 2.JPG (10655 byte)vento e di altri drammoni che fanno riempire di lacrime i fazzoletti. Grande Paul Newman, discreta la presenza di una meno rigida Robin Wright Penn, mediocre – come al solito – il bisteccone Costner, che riesce a non essere troppo antipatico e a sedurre con la sua bellezza un vasto pubblico, proprio per la poesia e la dolcezza del suo personaggio.

 

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