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redarrowleft.GIF (53 byte) Musica Aprile 1999


Intervista a Michael Nyman 

All’età di cinquantaquattro anni, il musicista inglese Michael Nyman sembra avere raggiunto tutto o quasi. Compositore della maggior parte delle le colonne sonore dei film di Peter Greenaway, Nyman ha raggiunto la notorietà presso il pubblico di tutto il mondo grazie alla musica del film di Jane Campion, Lezioni di piano.

Oggi, come esecutore delle sue stesse composizioni, tiene concerti in tutto il mondo, mentre decine di registi lo inseguono per fargli comporre le musiche dei loro film.

Spesso, infatti, basta questo ad assicurare grande successo ad una pellicola.

E per chi ama la musica di Nyman e il cinema di Peter Greenaway, diventa assolutamente imperdibile l’antologia uscita da qualche giorno su CD che porta il nome di questi due geni contemporanei Nyman & Greenaway . La raccolta include le eleganti e affascinanti musiche dei principali film che hanno segnato la collaborazione tra i due autori. Lo stupendo Prospero’s Books (L’Ultima tempesta) e soprattutto il famosissimo (e forse per entrambi un vero capolavoro concepito in stato di grazia) I misteri del giardino di Compton House su cui spicca il brano Chasing sheeps is best left to sheperd, in cui l’ispirazione di Michael Nyman trova il suo emblema e la sua voce più alta. A questi vanno aggiunte le altre melodie composte per Giochi nell’acqua, Lo zoo di Venere, Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante.

Per sottotitolare idealmente la musica con le parole del suo autore, riproponiamo parte di un’intervista esclusiva concessa da Michael Nyman a Nautilus poco prima di Natale in cui il musicista inglese parla per la prima volta di nuovo della sua collaborazione con Greenaway.

Mr. Nyman, la sua fortuna è legata alle colonne sonore dei film di Greenaway. Vuole raccontare come è nato questo sodalizio ?

Nyman & Greenaway.jpg (19618 byte)Una volta ho visto Quincy Jones in televisione che raccontava in un documentario come trovava frustrante scrivere colonne sonore, perché la sua musica era una sorta di "tappabuchi" e non poteva cambiare i meccanismi dei film. Io, invece, l’ho fatto.

Greenaway mi chiedeva un commento sonoro ad una sequenza di cinque minuti ed io lo scrivevo, ma Peter non mi ha mai detto che cosa volesse. Non ha mai voluto sovrintendere al mio lavoro e mi ha dato un’opportunità, che io ho sfruttato. Il nostro, in un certo senso, era un lavoro alla pari.

Un regista pensa di dirigere anche il compositore e questo non va tanto bene...

Con Peter Greenaway non ho mai dovuto implorare un po’ di libertà creativa, perchéquesta è una cosa molto normale con lui. Oggi mi rendo conto di avere avuto un grande privilegio a lavorare con un regista come Peter che mi consentiva semplicemente di farmi sedere al pianoforte e comporre la musica che volevo per accompagnare le sue immagini.

Perché ha deciso di non lavorare più con Peter Greenaway ?

Una volta abbiamo litigato ferocemente e da quel giorno non ci siamo più parlati. Personalmente sono convinto del fatto che gran parte del successo dei suoi film sia stato dovuto alle mie colonne sonore.

Tornerà mai a lavorare con lui ?

Dal 1991 fino al 16 luglio 1998 non gli ho mai più rivolto la parola. La scorsa estate, però, sono andato ad Amsterdam a vedere la messa in scena della sua opera Rosa. Dopo lo spettacolo sono andato a trovarlo in camerino, l’ho abbracciato e gli ho detto : "È bello vederti di nuovo...". Era molto stupito di vedermi, perché non avrebbe mai pensato che andassi a trovarlo. Ora che abbiamo rotto il ghiaccio è possibile che la nostra collaborazione prenda di nuovo il volo.

Penso che potrei fargli presto una telefonata e offrirgli i miei servigi come compositore della colonna sonora del suo prossimo film. Peter ha appena terminato di girare un omaggio a Otto e mezzo di Federico Fellini. Negli anni sessanta, quando eravamo solo amici, eravamo soliti ad andare a vedere tutti i film della nouvelle vague francese e italiana e la pellicola che più ci ha colpito in assoluto fu decisamente Otto e mezzo di Fellini. Una volta che sono caduto in mezzo alla strada, ho perso conoscenza e ho avuto uno strano sogno che ricordava molto questo film di Fellini. È un film che ha avuto un grande effetto sulla mia vita. È anche per questo che voglio lavorare con lui. Per esprimere il mio punto di vista su questo grande film.

È anche vero che Greenaway - dopo il suo abbandono - ha avuto enormi problemi

con le colonne sonore...

Sì, è vero. Non credo che sia facile per lui trovare un collaboratore come me che sappia lavorare in maniera tanto naturale al suo fianco.

L’aspetto più impressionante della sua collaborazione con Greenaway è il lavoro di glorificazione della morte che avete reso tramite musica e immagini in diversi film...

Considero la Messa da Requiem come la massima espressione della musica dei secoli scorsi in relazione con la morte . Ovviamente l’essenza di quella particolare composizione era totalmente religiosa. La sua ritualità serviva a esaltare completamente la dimensione sacrale e spirituale. Per un compositore scrivere un Requiem era un affare assai complesso e molto serio. Nelle mie musiche, invece, viene meno l’aspetto religioso, perché io non ho l’abitudine formale di ritualizzare attraverso la religione i contenuti delle mie composizioni che riguardano - in una maniera o in un’altra - la morte. Dal punto di vista artistico, il mio rapporto con la morte è nato in maniera del tutto casuale. Nei film di Peter Greenaway la riflessione sulla morte è sempre molto presente e così io ho dovuto confrontarmi con essa quasi per caso. Ovviamente - nel corso degli anni - la scomparsa di alcuni miei amici ha mostrato quanto fosse necessaria in me una risposta dal punto di vista musicale a questi momenti tragici. Ricordo ancora con dolore il più doloroso incontro con la morte che io abbia mai avuto, ovvero la notizia di quello che accadde nello stadio dell’Heyselle a Bruxelles ai tifosi della Juventus nel 1985. La scomparsa di quelle quaranta persone è stata qualcosa che mi ha turbato profondamente, per sempre.

La morte degli amici, delle persone care è stato qualcosa che non sono mai riuscito a rendere con la composizione di un pezzo che fosse una sorta di omaggio e di ricordo.

Non ho mai voluto mettermi a sedere e dire : "Adesso scrivo un po’ di musica in memoria di queste persone..." Ho sempre voluto rendere la morte in maniera astratta, senza riferimenti religiosi o personali concreti.

Da dove prende ispirazione per il suo lavoro ?

Da un’angoscia musicale molto personale.

È corretto dire che lei scrive "musica per gli occhi" ? Quando si vede un film e poi si ascolta separatamente l’incisione della colonna scritta da lei, si ritrovano - una ad una - le stesse emozioni che si sono provate nella visione della pellicola.

Se, invece, si ascolta la sua musica senza avere visto il film che l’ha ispirata, si viene trasportati in un universo di bellezza e sentimenti...

Accade, ma non per una mia scelta deliberata. Non ho mai composto coscientemente musica "visuale". Nessun fotogramma di nessun film mi ha fatto pensare: "Devo esprimere quest'immagine con la tale musica...". Quello che lei dice è del tutto vero se viene esaminato il fatto che la mia opera ispira spesso immagini profonde e inconscie. Ogni volta che ascoltiamo una composizione musicale ci accorgiamo che questo pezzo ha una forte capacità di proporsi come una visione quasi onirica.

Se si legano immagini diverse alla mia musica penso che vada tutto bene. Differente è pensare che ad essa possano andare collegate solo le scene del film. La musica acquisisce forza e anima dalla nostra memoria e dalla nostra coscienza. Molte delle mie composizioni sono legate di fatto ai film di Greenaway, mentre nella mia mente sono connesse a sensazioni ed emozioni che ho vissuto precedentemente a quando ho composto queste note.

Qual è il suo modulo di lavoro per comporre una colonna sonora : preferisce leggere la sceneggiatura, vedere prima il film, oppure seguire costantemente la produzione come fa - per esempio - Philip Glass ?

Ho cambiato idea da poco. Quando ho iniziato a lavorare con Greenaway ero molto giovane e avevo un sacco di idee. Mi bastava semplicemente rielaborare certi concetti, certi pensieri e certe strutture per dare vigore alle mie invenzioni come compositore.

Adesso, spesso preferisco vedere prima il film, perché credo siano proprio le immagini a dovere suggerire alcune idee e a permettere di fare sviluppare alcune impressioni.

Pratical magic, però, non mi suggeriva nulla e solo dalle conversazioni con il regista Griffin Dunne è scaturito un certo interesse musicale. Spesso rimango sorpreso dal fatto che alcune pellicole che non mi danno alcuno stimolo intellettuale, e nessuno spunto narrativo riescano a generare in me idee di qualche tipo su quale musica comporre.

Questo è il motivo per cui dopo l’enorme successo di Lezioni di piano, lei si è rifiutato di comporre la colonna sonora di Ritratto di Signora di Jane Campion...

È una storia molto triste : Jane è mia amica e siamo in ottimi rapporti. Mi ha convinto a venire a Roma durante le riprese e ha fatto in modo che scrivessi un piccolo quartetto per una scena del film. Ero profondamente coinvolto in questo progetto. Quando, però, ho visto la prima proiezione di Ritratto di Signora a Sidney, mi sono accorto che non mi diceva nulla e che era un film basato veramente sul niente. Il problema era che se fosse stato il lavoro di qualsiasi altro regista, questo avrebbe fatto sì che mi sentissi sfidato a comporre comunque la colonna sonora. Poiché, però, era il film di Jane e su entrambi noi c’era la pressione dovuta al grande successo di Lezioni di piano ho preferito lasciare perdere.

Ma non ha mai pensato di accettare, invece, la sfida di comporre - comunque - la colonna sonora di questo film ?

Certamente. Soltanto che per farlo avrei dovuto essere un po’ radicale. La musica di Lezioni di piano e di Carrington era stata concepita tramite una partitura orchestrale, mentre per Ritratto di Signora volevo utilizzare quattro chitarre elettriche. Tutti erano d’accordo con me nel farlo. Anche Jane. Solo che poi io stesso mi sono reso conto che in un film vittoriano, ambientato nel diciannovesimo secolo quattro chitarre elettriche avrebbero potuto solo rovinarne l’equilibrio. Il film e la mia partitura erano antitetici e incompatibili. Per la prima volta nella mia vita ho pensato : "Questo film non è ‘sano’ per me..." Purtroppo la mia decisione ha sollevato un vespaio : il film avrebbe trovato un aiuto nella mia musica, ma io avrei avuto dei problemi psicologici nel comporre la colonna sonora. La mia decisione presa dal punto di vista professionale ha avuto pesanti conseguenze visto che ha rovinato - per un po’ - i miei rapporti con Jane Campion che erano - sicuramente - più importanti di qualsiasi film.

Cosa prova nel vedere le immagini con il commento sonoro della sua musica ?

Io mi domando sempre se sono riuscito a spiegare il film, le sue sensazioni ed i suoi sentimenti tramite la musica. Di quasi tutti i film di Greenaway io non ho visto una singola scena prima di comporne la colonna sonora. Certo ne avevamo discusso...per me è sempre sorprendente trovarmi faccia a faccia con immagini che in una qualche maniera io spiegavo e raccontavo.

Mr. Nyman, lei ha raggiunto tutto nella sua vita artistica. E' richiesto da numerosi registi, le sue musiche sono ascoltate in tutto il mondo, lei stesso è impegnato in decine di progetti e di tournée dappertutto. All'inizio del nuovo millennio, qual è allora la sua sfida personale?

Fare tutto quello che ha detto lei, solo facendolo di più e meglio. Sono consapevole del fatto che la mia musica sia conosciuta più di quella di tanti altri famosi compositori, ma se viene paragonata con quella di alcuni musicisti rock, le cose cambiano sensibilmente. Voglio continuare a essere felice mentre lavoro, scrivendo opere e facendo cose che mi piace realmente fare. Desidererei anche che molta più gente ascoltasse i miei lavori. Non solo gli amanti dei film di Greenaway o quelli di Lezioni di piano. Mi piacerebbe che tutto il mondo si sentisse ispirato e aiutato dalle mie composizioni. Il mio sogno è che la gente in discoteca, cosí come gli accademici ascoltassero i miei lavori e ne traessero un beneficio del tutto personale. Forse, non capiterà mai, perché io continuerò comunque a scrivere principalmente per me - ad ogni modo - staremo a vedere.

Marco Spagnoli

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