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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Giugno 1999


Provaci ancora, Woody

Da trent'anni scrive e dirige film ironizzando su angosce e problemi dell'uomo moderno. Oggi, a 64 anni, reduce da una tempesta matrimonial-sentimentale e felicemente sposo della giovane Soon Yi, Woody Allen si è preso una "pausa". Ma non durerà. E in questa intervista spiega perché il suo prossimo film potrebbe essere anche una tragedia

Pochi attori e registi hanno influenzato un'intera generazione di persone come Woody Allen. Uno dei veri geni del cinema contemporaneo che all’età di sessantaquattro anni deve iniziare a fare i conti con il tempo che passa. Nel 1999, infatti, con circa ventinove film al suo attivo, il regista di pellicole come Manhattan e Ombre e nebbia festeggerà i suoi trenta anni da autore cinematografico. Ma Woody appare anche stanco: diventato negli ultimi anni sempre più presenzialista e attivo, sembra avere lasciato da parte momentaneamente le nevrosi e le angosce dei suoi film per una nuova vita con una donna che ha meno della metà dei suoi anni.

Lontano dalle cronache rosa e dagli scandali, Woody lascia sempre più spesso la sua adorata New York per andarsi a rifugiare a Venezia, a Parigi e in altre città europee prima di tornare nella grande mela per la realizzazione di un nuovo immancabile film. Dopo la tournée con la sua band di jazzisti celebrata nel film Wild man blues di Barbara Kopple che lo ha portato in giro per l'Europa, Woody è tornato in Italia per presentare il suo nuovo lavoro Celebrity, dura e intensa riflessione sulla celebrità e sul divismo come fenomeno dissennato e dilagante negli Stati Uniti dove sembra essere diventato una sorta di religione.

Mr. Allen, sembra che lei abbia stretto un patto con il diavolo come ne Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde: mentre i personaggi intepretati da lei o dai suoi alter ego di celluloide come Kenneth Branagh e John Cusack vivono situazioni spiacevoli, il vero Woody Allen - invece - sta godendo di un periodo molto buono della sua vita...

Ho sempre cercato di evitare qualsiasi correlazione tra la mia vita e il mio lavoro. Quello che provo a fare è creare situazioni che interessino il pubblico per farlo venire al cinema a vedere i miei film. Sullo schermo sono i personaggi che vivono dei conflitti o dei problemi a risultare sempre più interessanti. Sono stato molto fortunato e felice negli ultimi anni, ma non credo che raccontare la vita di un uomo sereno sarebbe importante o interessante. Non ci sarebbe nessuna storia da raccontare, credo. Non voglio fare paragoni pretenziosi, ma se lei desse uno sguardo all’opera dei più importanti scrittori teatrali del nostro tempo come Eugene O’Neil o Tennesse Williams noterebbe che questi autori hanno raccontato storie di uomini addolorati e in crisi che vivono situazioni drammatiche. Per questo mi diverto a creare problematiche particolari da fare affrontare ai miei personaggi, perché credo che siano solo queste a rendere davvero interessanti un film. Quando qualche anno fa ho girato Misterioso omicidio a Manhattan ero appena venuto fuori dal periodo più nero della mia vita privata. Sono felice in questo momento, ma il mio prossimo film dopo quello che ho appena finito di girare con Uma Thurman e Sean Penn che è una commedia ambientata nel mondo del jazz anni Trenta, potrebbe essere una tragedia.

Gli ultimi anni della sua vita sono stati anche tra i più movimentati che ha vissuto. Nei momenti difficili che cosa ha fatto per tranquillizzarsi? Pratica lo Yoga o qualche altra tecnica di meditazione?

La mia unica risposta a questa serie di tristissime e imbarazzanti situazioni in cui mi sono trovato è stata il lavoro. Il mio cinema e la mia musica mi hanno salvato. Come credo lei sappia io non sono una persona religiosa, né particolarmente meditativa. Scrivo, però, tutti i giorni. Sempre. E' questa la mia tecnica per affrontare la vita quotidiana: la creatività connessa al lavoro.

Lei ha compiuto da poco sessantaquattro anni. Quali sono le cose più importanti della sua vita adesso?

Le stesse di sempre. Il lavoro, la musica, i libri, gli amici. Soprattutto il benessere di mia moglie Soon Yi e la nostra felicità. E' una donna stupenda che mi rende molto sereno.

Nel suo lavoro lei ha sempre espresso una profonda filosofia. Come definirebbe il suo atteggiamento nei confronti dell'esistenza?

E' difficile da dire. Molte persone hanno trovato nei miei film significati reconditi che io stesso ignoravo e che mi sono sembrati come "appiccicati" sulle mie idee e convinzioni. Forse, perché le persone tendono a confondermi eccessivamente con i personaggi che interpreto. In fondo, in fondo sono un pessimista. Nonostante la mia voglia di vivere guardo al mondo con una forte dose di scetticismo. Credo che la cosa peggiore nella vita sia quella di avere forti convinzioni riguardo alcuni aspetti dell'esistenza come l'amore, il dolore, la religione e non riuscire a esprimerli. Il talento per tirare fuori i propri sentimenti, per incanalare le proprie passioni e le proprie amarezze è qualcosa di magnifico. Guardi cosa hanno fatto i poeti che soffrendo sono riusciti a esprimere i propri sentimenti. Non solo hanno creato opere intense e meravigliose, ma sono anche riusciti - in qualche maniera a mitigare le proprie sofferenze.

Per molte persone lei è una specie di maestro...

Forse è eccessivo...so che molti mi considerano un eroe anche se credo lo facciano più per la mia età che per i miei film.

 

Marco Spagnoli

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