Primopiano Luglio/agosto 1999
Vulcani,
manuale per l'uso
Inquietanti ma spettacolari, pericolosi ma
affascinanti. Per i nostri antenati i vulcani erano la porta dell'inferno. Ma a volte lo
sono anche per noi. Perché quando i vulcani si svegliano possono fare male. Mariagiovanna
Capone, vulcanologa e collaboratrice dell'Osservatorio vesuviano di Napoli, ci racconta i
segreti delle "montagne di fuoco". A partire dal Vesuvio, una bomba a orologeria
che domina una delle zone più popolate del mondo
Sono circa 2 anni che "bazzico" per diletto sulla
chat di Nautilus Pow Wow (redazione{Sostituisci con @}nautilus.tv)
e frequentemente vengo inondata da messaggi riguardanti la mia professione:
la vulcanologa! È difficile dover dare una descrizione del mio lavoro in poche righe, ma
mi rendo conto che linteresse intorno a queste minacciose montagne di fuoco è
notevole, ed ho deciso di descrivere il più semplicemente possibile questi fenomeni naturali
così affascinanti ma ancora troppo poco conosciuti alla gente comune.
Quando siamo nei pressi di un vulcano, soprattutto in
eruzione, siamo spesso invasi da una serie di emozioni molto forti e contraddittorie. Da
un lato ci sentiamo minacciati da questa montagna scura, inquietante, imprevedibile ed
ostile, ma dallaltro non possiamo fare a meno di guardare quelle pulsanti fiamme che
si innalzano verso il cielo, gli scricchiolii della lava che fluisce devastando tutto ciò
che incontra lungo il suo percorso, fuoco che viene direttamente dalla nostra giovane
Terra, spettacolo crudo e violento di Madre Natura.
Luomo è ormai abituato da secoli a convivere con
questi grandi mostri che tappezzano il pianeta, si può affermare che ormai sono nel
nostro codice genetico, arrivando ad associarli ora a mostri mitologici distruttivi, ora a
divinità da placare anche con sacrifici umani fino a trasformare e sublimare queste paure
in una scienza. Nasce così la vulcanologia, la scienza che studia i vulcani in tutta la
loro vita passata, presente e futura, ed il mio lavoro è proprio quello di studiare e
seguire le loro lente variazioni di umore. In particolare, per motivi ovviamente
logistici, mi interesso del vulcanismo nellarea campana.
Larea vulcanica napoletano-flegrea, che comprende il
Vesuvio, la caldera dei Campi Flegrei e lisola di Ischia è abitata da circa due
milioni di persone, con una densità di popolazione tra le più elevate al mondo. Questo,
unitamente alle caratteristiche dei tre vulcani attivi in questarea, allalto
valore esposto ed allelevata vulnerabilità, ne fanno una delle zone a più alto
rischio vulcanico del pianeta. Attualmente i tre vulcani dellarea napoletano-flegrea
sono in uno stato di quiescenza, ma lo studio della loro storia vulcanica passata ci dice
che certamente essi daranno ancora eruzioni in futuro e che, probabilmente, quanto più
lungo sarà il periodo di riposo, tanto più violenta sarà la ripresa
dellattività.
Allo scopo di approfondire le conoscenze sui vulcani
dellarea napoletana-flegrea e sulla loro attività pre-eruttiva e, in definitiva,
allo scopo di prevedere una eventuale ripresa dellattività eruttiva in questarea,
vengono effettuate tutte una serie di attività di ricerca e di sorveglianza. In
particolare, lOsservatorio Vesuviano, il più antico al mondo fondato nel 1841 per
volere del Re Ferdinando II di Borbone, è operativo sul territorio, adeguandosi nel tempo
allo sviluppo delle conoscenze vulcanologiche e tecnologiche, con lobiettivo di
permettere una previsione a breve termine sempre più accurata e tempestiva. Tale
previsione è basata sul rilevamento di tutte le possibili variazioni dei parametri
chimico-fisici, imputabili a modificazioni dello stato di equilibrio del sistema
vulcanico, che possono denunciare processi di migrazione di masse magmatiche verso la
superfice.
I sistemi di sorveglianza comprendono reti geofisiche e
geochimiche che sfruttano tecnologie allavanguardia nel campo del monitoraggio delle
aree vulcaniche. Le reti geofisiche controllano lattività sismica, le deformazioni
del suolo e le variazioni del campo gravimetrico e magnetico, mentre le reti geochimiche
controllano le variazioni della composizione e della temperatura dei gas emessi dalle
fumarole e delle acque di falda, che potenzialmente possono ricevere e registrare
chimicamente apporti di fluidi magmatici.
Ma cerchiamo di spiegare cos'è un vulcano. La parola viene
dalla piccola isola di Vulcano nellarcipelago delle Eolie. Centinaia di anni fa, la
popolazione che viveva in questarea credeva che Vulcano fosse il camino della
fornace del dio Vulcano. Essi credevano che i caldi frammenti di lava e le nuvole di
polvere e vapori che si producevano venissero direttamente da quella fornace, come
espressione della capacità del dio di manifestarsi.
Un vulcano può essere definito come una fenditura nella
crosta terrestre, in corrispondenza della quale il magma viene a giorno nel corso di una
eruzione. Comunemente i materiali eruttati tendono ad accumularsi attorno al centro di
emissione, dando luogo ad edifici vulcanici di forma e dimensioni variabili a seconda
della dinamica eruttiva, del tipo e della quantità di materiali emessi, e della durata
nel tempo dellattività vulcanica connessa con quel determinato centro eruttivo.
Il nostro pianeta, infatti, non è un inerte ammasso
roccioso, bensì è dotato di un calore interno che fornisce lenergia
necessaria per lo sviluppo di processi, quali la formazione delle catene montuose e
lapertura degli oceani. Il suo interno è costituito da una serie di involucri
concentrici con caratteristiche fisiche e mineralogiche differenti. Tali involucri sono
separati da superfici di discontinuità più o meno nette. In ogni guscio compreso tra due
superfici di discontinuità parametri quali la pressione e la temperatura subiscono un
continuo aumento in funzione della profondità.
Gli involucri principali sono il nucleo, il mantello
e la crosta. La parte più esterna del pianeta può essere anche suddivisa, in base
alla reologia dei materiali di cui è costituita, in astenosfera, con bassa
rigidità, e litosfera, con elevata rigidità.
La differenza di temperatura tra le zone profonde del
pianeta, più calde, e quelle superficiali, meno calde, genera dei moti convettivi nel
mantello. Tali moti convettivi, secondo la teoria detta della tettonica delle placche,
provocano il frazionamento della litosfera in diverse zolle o placche soggette a
traslazione. La maggior parte dei vulcani si sviluppa lungo i margini delle placche
litosferiche. In corrispondenza di tali aree, infatti, allinterno della Terra si
verificano le condizioni necessarie per la formazione dei magmi e per il loro trasporto
verso la superficie terrestre.
In corrispondenza dei margini divergenti, quelli in
cui le placche si allontanano reciprocamente, si sono formate delle grandi catene di
vulcani dette dorsali medio-oceaniche che, con la loro attività eruttiva
pressoché permanente, producono enormi volumi di rocce basaltiche che vanno a
costituire nuova crosta oceanica.
Nei margini compressivi, quelli in cui le placche si
fronteggiano spingendo luna contro laltra, generalmente, si verifica il
fenomeno della subduzione, ovvero della flessione della litosfera oceanica che,
essendo più densa, si incunea (subduce) al di sotto di quella continentale. In
corrispondenza di questi margini si verifica la formazione delle catene montuose ed anche
la formazione di archi vulcanici alimentati da magmi che si originano lungo il
piano di subduzione.
Parliamo, adesso, del vulcano più storicamente famoso e
che costituisce una grande minaccia per la popolazione napoletana, il Vesuvio. Il Vesuvio
è un vulcano centrale composito costituito dal più vecchio strato vulcanico del Monte
Somma, la cui attività terminò con lo sprofondamento di una caldera sommitale, e dal
più recente vulcano del Vesuvio, cresciuto allinterno della caldera.
L'età dei prodotti più antichi esposti è di circa 25
mila anni, mentre quello delle lave incontrate in perforazione ad una
profondità di 1125 m hanno età compresa tra 373-22 mila anni: questa età può essere
ritenuta indicativa dellinizio dell'attività vulcanica nell'area vesuviana. Il
Vesuvio deve essere considerato un vulcano attivo estremamente pericoloso che, nel corso
della sua lunga storia eruttiva, ha registrato molte volte lunghi intervalli di riposo. La
storia del vulcano suggerisce un risveglio tanto più violento quanto più lungo è il
periodo di riposo che lo ha preceduto. Inoltre, lintensa urbanizzazione dell'area
vesuviana (circa 700.000 persone vivono alla base o sulle pendici del vulcano) si traduce
in una situazione di rischio estremamente alto. Il Vesuvio è stato caratterizzato da tipi
di attività estremamente variabili, passando da eruzioni relativamente tranquille,
prevalentemente effusive, a catastrofiche eruzioni esplosive. La variabilità del
comportamento eruttivo del Vesuvio è riconducibile, in prima approssimazione, alle
condizioni in cui si trova il condotto che mette in comunicazione il serbatoio magmatico
con la bocca eruttiva, o, più precisamente, è da mettere in relazione con
lalternanza irregolare di periodi in cui il condotto è aperto e periodi in cui esso
è ostruito.
Lattività vesuviana del periodo compreso tra il
1631-1944, ad esempio, è quella tipica del vulcano in condizioni di condotto aperto,
cioè riempito di magma che si trova al fondo del cratere e che, spesso, forma un lago di
lava. Durante periodi di questo tipo si alternano fasi eruttive caratterizzate da
prevalente attività stromboliana, brevi periodi di riposo e violente eruzioni
miste (esplosive ed effusive). I periodi di riposo tra il 1631 ed il 1944 non sono mai
durati più di sette anni. Lattuale periodo di riposo, cominciato dopo
leruzione del 1944 è molto più lungo di quelli rilevati precedentemente, e ciò fa
ipotizzare che sia avvenuto il passaggio del vulcano ad una condizione in cui il condotto
è ostruito da materiale franato dai bordi del cratere e da residui di magma solidificato.
Cè da spaventarsi certo, ma la popolazione è consapevole di convivere con un
elemento così pericoloso ed incontrollabile come il Vesuvio, e per fortuna ci sono
numerosi enti preposti, tra cui ovviamente la Protezione Civile e lOsservatorio
Vesuviano, che, con la loro attività di sorveglianza e di continuo monitoraggio, sono in
grado di mettere in salvo la popolazione anche grazie al tanto criticato Piano di
Emergenza.
Il problema semmai, secondo me, è un altro. Sono anni che
gente fin troppo priva di scrupoli continua a costruire, abusivamente, alle falde e spesso
anche allinterno del Parco del Vesuvio. I sindaci dei comuni vesuviani fanno
di tutto per non permettere che ciò avvenga, ma la stupidità delluomo è sempre
superiore alla razionalità e si continua a costruire, magari con un bel corno di corallo
a portata di mano per scongiurare un pericolo che prima o poi purtroppo avverrà. Mi
permetto di affermare che io quel giorno lo aspetto certamente timorosa, ma anche con una
specie di speranza, speranza che il Vesuvio faccia pulizia di tutte quelle inutili
strutture con cui la gente lo ha addobbato, speranza che la mentalità opportunistica e
speculativa di questa città termini e venga sotterrata.
Mariagiovanna Capone
(vulcanologa - collaboratrice Osservatorio vesuviano di
Napoli) |