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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema settembre 1999


Il "dottore" più amato dagli italiani

Ha recitato Goldoni e Goethe in teatro, è fatto cinema. Ma a 43 anni Giulio Scarpati è diventato una star con la sitcom tv "Un medico in famiglia". In attesa di ritornare, magari con un progetto tutto suo, al grande schermo

GiulioScarpati.jpg (25223 byte)Romano e romanista, all’età di quarantatré anni Giulio Scarpati è diventato una star di prima grandezza della nostra televisione con la serie Un medico in famiglia. Attore colto e interessante ha iniziato a lavorare giovanissimo in teatro dal 1977 al 1983 interpretando opere di Goldoni, Goethe e Diderot. Quest’anno - quando non è sul set della sitcom con Lino Banfi e Claudia Pandolfi - è in tournée in tutta Italia con L’idiota di Dostoevski. Tra i suoi film più famosi ricordiamo Chiedi la luna di Giuseppe Piccioni, La Riffa , Mario, Maria e Mario, Il cielo è sempre più blu, Pasolini, un delitto italiano e Cuori al verde. Simpatico, intelligente ed estremamente profondo Giulio Scarpati è sicuramente uno degli attori di riferimento del mondo dello spettacolo italiano.

Scarpati, come si sente un attore come lei dalla solida formazione teatrale ad essere definito ‘il sex symbol del 1999’?

Qualche tempo fa ho giocato a Messina una partita di calcio con la nazionale attori. A parte l’accoglienza da rock star, quello che mi ha più colpito è stato uno striscione sugli spalti con su scritto "Lele curaci!". Sono molto sorpreso di essere considerato un sex symbol e me ne farò una ragione, perché mi fa molto piacere avere tutte queste attestazioni di stima e di affetto da parte del pubblico. Alla mia età fa solo piacere, ma sono troppo anziano per perdere la testa.

Un sex symbol rassicurante…

Sono il primo sex symbol affidabile: quello che prima ti seduce e poi ti fa fare quattro figli…

Il grande mistero della sera della domenica – dopo gli X files – era come sarebbe andata a finire la storia di amore tra Lele e Alice. Adesso che è stata svelata, cosa proporrà Un medico in famiglia 2?

Il fatto che alla fine della prima stagione sia venuta fuori la storia di amore tra me e Alice, ovvero il ruolo interpretato da Claudia Pandolfi, non significa che la prossima serie sarà incentrata solo sull’elemento romantico. Tutti gli altri personaggi saranno molto importanti nel raccontare l’evoluzione della storia che continuerà a riguardare la famiglia intera, con trame che si intrecciano tra loro. Non cambierà nulla nel modo di raccontare le avventure della famiglia Martini, anche perché la formula vincente è proprio quella di volere affrontare fatti e situazioni di tutti i giorni con semplicità, evitando – ovviamente – i momenti patetici.

La grande differenza con il format spagnolo cui è ispirata la serie è che proprio il suo personaggio è molto più umano e vicino ai figli. Un aspetto che lei in prima persona ha voluto accentuare rispetto all’originale…

Quando ho accettato questo ruolo ho letto tutte le sceneggiature e ho visto anche un paio delle puntate spagnole. Quello che più mi piaceva era proprio di potere raccontare una paternità più aggiornata all’oggi, nel senso che i padri di oggi non sono più quelli di una volta. Lele è anche vedovo. Doveva a tutti i costi essere una figura contemporaneamente paterna e materna, molto presente nella vita dei figli. Qualcosa di molto differente dei padri che proponevano frasi storiche alla stregua di abusati modelli educativi.

La famiglia Martini è molto moderna…

Famiglia.jpg (19103 byte)E’ la famiglia che tutti vorremmo avere e contemporaneamente quella che tutti abbiamo. Un fenomeno doppio in cui riesce ad essere anche emblema di una famiglia di nuova fattura dove i ruoli non sono più quelli classici. E’ aperta e democratica. Ricevo moltissime lettere di persone che mi dicono quanto vorrebbero avere una famiglia come quella dei Martini. Un nucleo rivolto verso l’esterno dove c’è sempre un piatto di pasta pronto per chiunque arrivi. Quella dei Martini, però, è e rimane una famiglia vera e non ideale, altrimenti non avrebbe avuto senso fare una serie televisiva che parlava di personaggi ‘perfettini’ che – in realtà – non potrebbero esistere.

Qualcuno ha detto di ‘sentirsi solo la domenica sera’ da quando la prima serie è finita. Che cosa ha cambiato questa fiction nell’immaginario collettivo televisivo?

La mia stessa famiglia si riuniva la domenica sera per vedere la puntata. Se lo è per me che so come va a finire e che ne sono l’interprete, comprendo benissimo chi non aspetta altro di assistere alla puntata della settimana successiva. La domenica è una giornata particolare, l’unica della settimana probabilmente che si trascorre ‘totalmente in famiglia’ e Medico in famiglia è una sorta di moderno focolare.

Lei ha la nomea del timido…

In televisione ti domandano di essere naturale con tempi tecnici che non ti mettono affatto a tuo agio e che rendono tutto davvero complicato. I giornali ti chiedono dettagli sulla vita privata che io non voglio rivelare, perché credo che l’attore debba avere un alone di mistero per il suo pubblico. Come si fa a non essere timidi ? E poi negli anni sono molto migliorato. Ricordo una Domenica In di qualche anno fa dove tra me e Margherita Buy ci fu quasi la sagra della timidezza. Sembravamo dei casi clinici. Io sono migliorato, Margherita un po’ meno. Del resto ognuno è quello che è e non si può violentarlo, costringendolo a tutti i costi a essere qualcos’altro.

Lei è un attore di teatro che fa cinema e televisione. Qualcosa di assai raro in Italia…

Ma che dovrà necessariamente rappresentare il futuro dell’essere attore. I grandi numeri possono far perdere la testa e soprattutto rischiano di farti perdere il contatto con quello che si fa. Io continuerò a fare teatro per coltivare quell’energia che sul palcoscenico ti può dare solo quello che hai dentro. A teatro i grandi numeri non contano. Importa solo ciò che si sta facendo in quel momento. Del resto io sono felicissimo di tutto quello che mi sta accadendo in questa fase della carriera.

Cosa significa il successo per lei?

La possibilità di scegliere. Voglio tentare di coinvolgere il pubblico televisivo per portarlo a teatro o al cinema per assistere a spettacoli che altrimenti non avrebbe mai visto. So che molti rimangono delusi quando vengono per vedere in scena il medico della domenica, ma io sfrutto questa opportunità per proporre loro testi complessi come L’idiota e – comunque – fino adesso abbiamo avuto sempre il tutto esaurito.

E’ vero che lei ha in testa un progetto per il grande schermo?

Vorrei potere fare un film in stile Mrs.Doubtfire destinato a un pubblico di bambini, ma raccontato in chiave europea lontano dai simboli americani della mazza da baseball e del guantone. I nostri bambini hanno riferimenti culturali troppo distanti dai nostri. Vorrei potere fare qualcosa di analogo a quello che La gabbianella e il gatto ha fatto nel cinema d’animazione. Noi europei abbiamo tanto da dire e quando lo facciamo, lo facciamo meglio degli americani. Sto valutando alcune proposte, perché vorrei riportare gran parte del pubblico televisivo al cinema. Oggi la televisione e il cinema italiano si sono troppo differenziati in termini numerici. Di sicuro è che, finito di girare la nuova serie, riprenderò i panni de L’idiota per una tournée che coinvolgerà anche Roma. 

Marco Spagnoli

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