Otello e la voce ritrovata
Lo Sferisterio di Macerata ha
accettato la sfida: proporre l'Otello di Verdi nonostante l'attuale crisi di interpreti
vocalmente adeguati. Invece il russo Vladimir Galouzine ha superato la prova. Appoggiato
da un raffinato Renato Bruson nella parte di Jago
La
stagione lirica maceratese si è aperta con un doppio appuntamento verdiano e precisamente
con l'"Oberto conte di San Bonifacio" al Teatro Lauro Rossi e con
"Otello" allo Sferisterio; la prima e la penultima opera di Giuseppe Verdi,
dando quindi la possibilità di avere un confronto diretto tra i primi passi, ma che già
rivelavano la grandezza del Maestro, e la compiuta maturità artistica del compositore.
Tra "Aida" e "Otello" passano ben
sedici anni. Verdi ha a lungo riflettuto sulla sua esperienza e sull'evoluzione avvenuta
nell'opera lirica specialmente con l'entrata in scena di Richard Wagner.
Per "Otello" si avvale come librettista di Arrigo
Boito che gli scrive una trama molto densa che permette a Verdi di sviluppare un discorso
continuo, incalzante, perfetto nella sua drammaturgia e che può mettere ancora una volta
in luce il senso del teatro del Maestro.
Come si evince dallo scambio delle lettere tra Verdi e
Boito, la loro collaborazione fu tutt'altro che facile ma è da questo continuo contributo
tra le due vive personalità che nasce il dramma; la scelta di Boito come librettista è
stata una carta vincente perché nel poeta era ben presente il concetto della
scapigliatura di fondere insieme le tre arti e cioè la musica, la letteratura e le arti
visive come pittura e scultura e nel teatro la scenografia. Concetti questi che erano ben
cari a Verdi.
I dialoghi sono serrati, l'azione procede senza cedimento
alcuno e le arie, in numero limitato rispetto ad altre produzioni verdiane, si inseriscono
perfettamente in questo tessuto narrativo perennemente in movimento; l'orchestrazione è
curata fin nei minimi particolari e si percepisce come in Verdi si sia fatto strada quel
senso di rinnovamento che i tempi imponevano e che sfocerà nel miracolo
"Falstaff".
Presentare
oggi "Otello" è un atto di coraggio data la crisi di voci ma i dirigenti della
stagione maceratese hanno brillantemente superato la prova. Otello era il russoVladimir
Galouzine; voce importante, estremamente duttile, ben impostata, capace di sostenere con
grande efficacia sia la tessitura acuta che la mezza voce, cosa importante specialmente in
certi passi del secondo atto; ne è risultata una interpretazione di rilievo sia dal punto
di vista scenico che vocale. Renato Bruson era Jago il quale ha fornito una
interpretazione del ruolo in modo strepitoso; eleganza nel canto, ineccepibile il legato,
profondo approfondimento psicologico del contorto personaggio. Ha cantato il
"Credo" senza cedere a facili eccessi ma con un efficace gioco di sfumature nel
canto mirabilmente aderenti al testo; e cosa dire dei colori che ha saputo trovare
nell'insinuante duetto del secondo atto con Otello e nel famoso "sogno"?
Lucia Mazzaria si è ben disimpegnata nel ruolo di
Desdemona con una voce fresca e sicura; accanto alle dolci e delicate frasi del duetto
finale del primo atto ha successivamente toccato con maestria il lato dolente del
personaggio ed ha interpretato con grande intensità la "canzone del salice" e
l' "Ave Maria" nell'atto finale. Completavano molto bene la compagnia Domenico
Gheggi (Cassio), Silvano Paolillo (Roderiogo), Paolo Battaglia (Lodovico), Arturo Cauli
(Montano), Tiziana Carraro (Emilia). Donato Renzetti ha tenuto saldamente in pugno
l'Orchestra Filarmonica Marchigiana dando una lettura precisa e accurata della splendida
partitura. Bene il Coro Lirico Marchigiano "Vincenzo Bellini" istruito dal
maestro Carlo Morganti. La regia e le scene, assai stilizzate e ridotte all'essenziale ma
con gusto, erano di Philippe Arlaud; molto belli i costumi di Dominique Burté.
l.m. |