La Laguna del calcio
Roberto Ferrucci, nel suo nuovo
libro "Giocando a pallone sull'acqua" racconta l'avventura del Venezia
in serie A
dopo trentuno anni
Di
calcio si parla anche troppo. Ce n'è troppo, partite quasi tutti i giorni, di campionato
e di coppa, trasmissioni speciali, pay tv, pagine e pagine di giornali, radiocronache.
Erano anni che si sentiva dire in giro che il calcio è ormai solo un grande business.
Questo, con l'allargamento della Champions League, è il primo anno in cui la conferma è
evidente.
Lo stesso cronista, colui che ha il compito di raccontare le partite a cui assiste, fatica
a tenere il ritmo. Alla fine ormai si guardano le pagelle dei giocatori e basta. Si
rischia, insomma, di perdere l'essenza del calcio, di una partita, di smarrirne il
racconto. Per conservarlo, preservalo, c'è bisogno di qualcuno che ne faccia narrazione e
di un giornale che dia spazio a un altro modo di guardare il calcio. È quello che ha
fatto lo scorso campionato lo scrittore veneziano (di Marghera, tiene a precisare) Roberto
Ferrucci, che nelle pagine della Nuova Venezia ha raccontato l'avventura del Venezia in
serie A dopo trentuno anni. Ne è venuto fuori un libro, edito da Marsilio, 155 pagine,
9900 lire il prezzo di copertina. Il titolo è Giocando a pallone sull'acqua.
"Il romanzo di una stagione", lo ha definito nell'introduzione Darwin Pastorin,
autore del bellissimo Le partite non finiscono mai, edito da Feltrinelli.
"Solo in provincia, dice Ferrucci,
nelle squadre della seconda fascia della serie A, credo sia possibile vedere quel calcio
che alcuni definiscono dal volto umano. Forse, il desiderio di raccontare questo calcio mi
è venuta due anni fa, quando, finita una partita del campionato di serie B a Sant'Elena,
è salito sul vaporetto dove mi trovavo anche Nicola Marangon, il numero 14 della squadra.
E' salito con la sua borsa, come fanno i ragazzini, ed è andato a casa. Semplicemente. In
nessun'altra città, ho pensato, può accadere una cosa del genere".
Il libro è diviso in due parti; la prima Il
girone della paura, vede la squadra all'ultimo posto della classifica, già
condannata, rassegnata; la seconda, Il tiro mancino di Alvaro Recoba,
racconta la favola del girone di ritorno, con il campione uruguagio protagonista insieme
ai compagni di un recupero insperato.
"Lo
dico sempre: il Venezia potrà anche andare in Uefa, vincere forse un giorno lo scudetto,
ma un campionato come quello scorso è irripetibile. E' successo di tutto, compreso il gol
di Tuta nella famosa Venezia-Bari e, soprattutto, il memorabile gol di tacco di Pippo
Maniero contro l'Empoli, il gol del 3-2, la svolta del campionato. A un certo punto l'idea
di mettere insieme i racconti è venuta da sola. C'era un romanzo sul calcio lì dentro.
Ho riscritto il libro nel corso dell'estate (si sa, quando scrivi per i quotidiani, i
pezzi che escono non sono mai come li avevi scritti o li avevi voluti), ho chiesto al mio
amico Sebastiano Giorgi di tracciare una breve ma esauriente storia del Venezia da porre
in appendice e aggiunto il racconto in cifre del campionato coi tabellini di tutte le
partite. Poi Cesare De Michelis della Marsilio ha voluto a tutti i costi pubblicarlo per
l'inizio del nuovo campionato. Non so come c'è riuscito, ma il libro ora è in edicola,
allegato al Gazzettino, il giornale per cui scrivo, e nel frattempo è arrivato anche in
libreria. Spero possa interessare anche i non veneziani, non fossa'altro che lì dentro
racconto di tutte le squadre di serie A, dei loro campioni".
Ferrucci, autore anche del romanzo Terra
rossa, uscito qualche anno fa da Transeuropa, tiene a precisare che non si
tratta di un instant book:
"Quelli si scrivono in venti giorni.
Non ne sarei mai capace. Qui c'è più di un anno di lavoro, con una attenzione sulla
scrittura che è la stessa che ci metto quando scrivo un romanzo. E non è solo un libro
sul calcio. Non per caso ho scelto il sottotitolo Venezia e il Venezia in serie A. Dentro
c'è anche la città, c'è Mestre, ci sono le altre squadre. La soddisfazione maggiore ce
l'ho quando sento gente che mi dice di averlo letto e apprezzato pur non capendo niente di
calcio. Vuol dire che forse - forse - ho raggiunto il mio obiettivo. Il calcio, alla fine,
può essere anche puro racconto".
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