Primopiano Dicembre 1999
Parigi è sempre Parigi... (4)
Alla cassa (casse a dire il vero, la mia è la
numero 23) c'è una coda lunghissima. A quelle vicine lo stesso. È vero che siamo sotto
Natale e che la gente regala anche dei libri, ma le pile che hanno in mano i clienti qua
attorno, in Italia non le vedi nemmeno se ci stai una settimana dentro alla Feltrinelli. E
da FNAC puoi anche metterti seduto e leggerli i libri.
D'altra parte, basta
salire in métro, a qualunque ora, e di gente con gli occhi sopra a un libro ne vedi a
decine. Uomini e donne.
Indistintamente. Provate a salire su un autobus della vostra cità e dirmi - per esempio
-quanti maschietti vedete che stanno leggendo un libro. Qui, poi, frequentando i bistrot
da dove mando i miei taccuini, è frequentissimo vedere gente che scrive. Apre il taccuino
e scrive. Un gesto così semplice ma per noi così raro...
Ho comprato il libro di Jean Echenoz che ha vinto il Premio Goncourt, il
più importante che c'è in Francia. Je m'en vais ha già venduto 350.000 copie. In Italia
lo pubblicherà Einaudi il prossimo anno. Ne venderà molto meno di un decimo. Infatti,
come capita spesso, da noi Echenoz è praticamente sconosciuto. Alcuni libri sono stati
tradotti ma sono passati del tutto inosservati. Eppure si tratta di un grande narratore,
uno di quelli che può leggere chiunque, sia il lettore raffinato che quello per cui il
libro è solo svago. Ma sto parlando un po' a vanvera, in Italia non legge nessuno.
Lo capisci quando entri dentro a questi posti qui, dove il libro è un prodotto di consumo
come un altro e al contempo però amato, cercato,
verrebbe da dire coccolato data la cura, la precisione con cui è esposto. Del resto, poi
vedi il reparto dedicato alla letteratura italiana e ti rattristi. Un unico scaffale
quando altri riempiono settori interi.
Ed è giusto così. Mi sa che mi dilungo su questo perché, da scrittore, provo una
profonda invidia per gli scrittori francesi, per la quantità di lettori che hanno, per
gli spazi che librerie come questa gli dedicano.
Mentre pago ed esco mi chiedo - nostalgico - se anch'io, un giorno avrò
mai uno spazietto largo qualche centimetro, qua dentro.
Guardo la ragnatela
della metropolitana sulla piantina, e penso che quella sia il simbolo in qualche modo di
questa città. Nella ragnatela, noi mosche andiamo a incastrarci, a intrappolarci. Succede
per l'atmosfera che respiri la prima volta che ci arrivi e ti cattura per sempre. Zac:
intrappolati. Conosco centinaia di persone che hanno detto (tutte) "vorrei andarci a
vivere". Ne conosco decine che lo hanno fatto, almeno per un periodo ci sono venute,
alla fine, a vivere. E poi, ti incastri anche nella ragnatela dei negozi. Vai al Marais,
negozietti arti e mestieri e lasci giù la tua buona dose di franchi. Ci sono cose così
belle...
Cose. Le cose. Non è poi il grande scrittore francese Georges Perec ad avere scritto Le
cose? E sarà anche un caso, ma come numero speciale di fine millennio, il quotidiano
Libération ha pubblicato un numero dedicato agli oggetti di questo secolo. Tanto non c'è
niente da fare. La ragnatela ti cattura. Anche questa è Parigi...
Roberto Ferrucci |