Computer Dicembre 1999
E il chip creò lo
spot
La sfida: ideare dei messaggi
pubblicitari. I concorrenti: esperti del settore, persone normali e un computer.
Risultato: la macchina stupisce la giuria, arriva seconda appena dopo i professionisti e
batte nettamente i profani. Per questo tre ricercatori israeliani vogliono rivedere il
significato della creatività. Perché, dicono, l'intelligenza artificiale prova che anche
per inventare e generare nuove idee servono delle regole
Il primo è stato Deep Blue, che due anni fa battè il numero
uno del mondo Garry Kasparov nel gioco più "cerebrale" che ci sia: gli scacchi.
Il problema è che Deep Blue è un computer, anzi un supercomputer, ma sempre una macchina
è. Poi è toccato a "Brutus". E 'vero che il suo racconto non è piaciuto molto
ai quattromila utenti del sito letterario "Instant Novelist" che dovevano
giudicarlo con altri quattro. Anzi, per niente: su cinque è arrivato ultimo, visto che è
stato votato solo dal 15 per cento dei lettori. Eppure solo il 25 per cento delle persone
ha capito che quello, dei cinque, era l'unico mini-romanzo scritto da un computer.
Ma tre mesi fa, un po' di nascosto, un altro pezzo di silicio
e cavi elettrici ha dato una lezione di "creatività" agli umani. Al punto che
in una gara di slogan pubblicitari da inventare ha quasi pareggiato i conti con i
professionisti del settore. E ha comunque fatto di gran lunga meglio di un gruppo di
persone normali.
Non è molto confortante, come risultato. Ma non perché il
computer sia più intelligente dell'uomo. Il fatto è che i ricercatori della Hebrew
University di Gerusalemme, Jacob Goldeberg, David Mazursky e Sorin Solomon hanno scoperto
che non è vero che per essere creativi bisogna essere liberi, senza limiti e
anticonformisti (almeno nella pubblicità), come si crede generalmente. Ma che i risultati
migliori si ottengono rispettando alcune regole. "Il successo del computer in questa
prova infatti non significa che un microchip è più fantasioso degli umani - ha spiegato
Mazursky - Ma suggerisce che le macchine possono aiutare nella nascita di un processo
creativo".
Per "fregare" i suoi avversari umani, il computer
nell'esperimento ha usato delle semplici regole sfruttate alcune volte anche negli attuali
messaggi pubblicitari. E così ha sfornato una serie di idee che sono piaciute agli
esperti in carne ed ossa. Facciamo qualche esempio: per promuovere un computer Apple che
doveva rivolgersi ad una clientela diffidente e poco esperta, il pubblicitario-robot ha
creato l'immagine di un computer che offre dei fiori a chi gli sta davanti. Non è
simpatico? Ancora: il tema era la promozione di un torneo di tennis a Gerusalemme, la
macchina ha disegnato una moschea con una gigantesca palla da tennis al posto della
cupola. Si può dire che è geniale? E poi un'auto che aveva come punto di forza la
velocità, è stata rappresentata a forma di proiettile. Ultimo (e sorprendente): per
mettere in luce la puntualità di una compagnia aerea, il computer ha pensato a un
orologio a cucù dove al posto dell'uccellino spunta fuori un piccolo aereo. Diciamocelo:
al silicio o no, ma questa non è ironia?
Quello che ha pensato (pensato?) la macchina si basa su un
principio (noto ai pubblicitari) abbastanza semplice: prendi un prodotto e la
caratteristica che devi mettere in risalto, quindi sostituiscilo con un'altra cosa che ha
la stessa caratteristica. Una regola, insomma. I ricercatori hanno anche scoperto da
un'indagine sugli slogan che l'89 per cento dei messaggi pubblicitari vincitori di premi
in giro per il mondo erano basati su sei regole diverse (chiamati "modelli
creativi"), e che di questi il 25 per cento seguiva il "modello
sostitutivo": quello usato dal computer.
Vediamo di spiegare meglio come funziona il modello
sostitutivo. Mazursky e colleghi citano l'esempio di una pubblicità della Nike per un
paio di scarpe da ginnastica che hanno la caratteristica di assorbire e ammortizzare i
colpi sul terreno. Per capirci quelle con il gel o la camera d'aria. Lo spot pubblicitario
mostra dei vigili del fuoco sotto una finestra di un palazzo che sta bruciando: solo che
invece del classico telo che dovrebbe attutire la caduta di una persona, tengono in mano
la scarpa della Nike. Uno spot divertente e in più è chiarissimo il messaggio: la scarpa
è così soffice che può attutire un corpo che cade dall'alto. Questo è un esempio di
"modello sostitutivo": al posto del telo (oggetto che ammortizza) viene messa la
scarpa (oggetto che ammortizza). E' una "regola della creatività". E il
computer l'ha usata, usando un algoritmo che ha la stessa funzione: se un prodotto P (la
scarpa) ha la caratteristica C (ammortizza i colpi), prendi un simbolo S (un cuscino dei
pompieri) che ha la stessa caratteristica C (ammortizza) e metti P (la scarpa) al suo
posto.
Al di là delle questioni tecniche, il risultato delle prove
è che primi in assoluto (secondo la giuria) sono stati i messaggi premiati (del tutto
umani, ma comunque ideati seguendo determinati modelli); secondi quelli del computer
(modello sostitutivo); terzi e a grande distanza quelli creati dai "profani",
cioè persone non del mestiere ma libere da ogni regola (nessun modello). Conclusione: la
totale libertà di invenzione e creazione ha fallito, ed è stata nettamente battuta anche
da un computer.
Quello che i tre ricercatori israeliani hanno voluto
dimostrare è che in tutti i campi del sapere, in fondo, la creazione-invenzione nasce
all'interno di regole o strutture prestabilite. "La casualità è ancora sicuramente
un valore: molte delle grandi invenzioni della storia sono nate casualmente, in momenti e
modi irripetibili - dicono - Ma la casualità va riservata per quelle questioni dove il
problema, magari racchiuso da troppi limiti, non permette soluzioni creative o comunque ne
permette poche. Invece l'uso di regole può servire come infrastruttura o come scheletro
per generare idee creative. Questo sistema produrrà probabilmente idee considerate come
"creative" anche se in realtà l'uso di modelli e regole non viene considerato
generalmente un segno di vera creatività. E' anche vero però che la creatività è
determinata dall'occhio di chi guarda e non dal modo in cui questa è stata
ottenuta". E allora? Allora "dobbiamo rivedere il nostro approccio classico alla
creatività e rivalutare la sua definizione pratica".
Certo si può discutere sulle conclusioni, l'argomento è
aperto. Ma c'è un'altra cosa interessante: per la prima volta il comportamento di un
computer ci permette di valutare un comportamento umano. L'inverso di quello che si faceva
finora. E comunque vada, ora sappiamo che Hal 9000 diventerà un grande artista.
a.m. |