Quel
teatro non s'ha da fare
E' la storia di 54 anni di
occasioni mancate, progetti accantonati e proposte respinte. Adesso il giornalista Antonio
Di Lorenzo ha colmato un vuoto raccontando nel suo libro "L'altalena dei sogni"
come e perché a Vicenza non si sia ancora riusciti a costruire il teatro. E in 560 pagine
e 1160 immagini ricostruisce l'identità di una città "brava a curare i suoi
interessi privati ma priva di gioco di squadra"
"In un
certo senso è come un delitto senza l'assassino", dice. Eppure ci sono tutti e due:
il defunto in realtà mai nato è il teatro di Vicenza, il suo carnefice la totale
mancanza di "gioco di squadra" della città. Dove basta un minimo intoppo, un
comitato di protesta, un interesse privato magari di pochi e tutto si blocca. A raccontare
il "giallo" del teatro virtuale è Antonio Di Lorenzo, giornalista del Giornale
di Vicenza che per 5 anni ha scartabellato fra archivi, biblioteche e raccolte sparse per
il Veneto. E nel libro "L'altalena dei sogni" edito da Ergon ricostruisce 53
anni di progetti mancati, idee abbandonate e proposte congelate.
"Perchè ho pensato al teatro? - spiega Di Lorenzo -
Perchè è una ferita aperta da mezzo secolo, e chi fa il mio mestiere prima o poi ci
sbatte contro. Era una curiosità che andava approfondita. Certo sono un cronista, non uno
storico. Ma alla fine tra la cornice politica e sociale, progetti ed episodi vari ne viene
fuori in qualche modo il primo libro sulla storia di Vicenza dal dopoguerra ad oggi".
E infatti ne sono uscite 560 pagine con 1160 immagini, comprese quelle dei plastici e dei
disegni del teatro mancato. Progetti firmati da nomi come Pierluigi Nervi, Nimayer,
Scarpa. Idee poi realizzate in altre città o altre nazioni. Mentre Vicenza restava a
discutere.
"Sono 36 i progetti mai andati in porto - continua Di
Lorenzo - A partire dal '46 con il sindaco Angelo Lampertico. In tutti questi anni si vede
la città che cambia ma che spesso si inceppa, che perde occasioni su occasioni. In fondo
era la prima volta che si faceva un lavoro di archivio come questo, con la ricerca e la
documentazione delle fonti. Tra l'altro a Vicenza c'è poco, sono risalito fino a Udine
per trovare il materiale". Quante occasioni ha perso, Vicenza? "Tante. E non
solo per il teatro. Vedi la scultura del cavallo e cavaliere di Marin. O il concorso per
il Palasport vinto da Nervi e poi abbandonato perchè costava troppo. Peccato che quello
di oggi sia costato di più. Ma il colpo più grosso è quello del '51, quando l'Ina che
deve costruire la nuova sede si dice disposta a mettere in piedi anche il teatro. Anzi,
faceva la fiera, un hotel e il teatro. Spesa prevista: 13 miliardi dell'epoca. Risultato?
Ad una associazione di amici dei monumenti non piace l'idea che il palazzo dell'Ina sia
edificato di fronte al teatro. E da Roma arriva il no al progetto".
Ancora: la protesta di alcuni abitanti blocca la nascita
del teatro Gardella perché dà fastidio la "palazzina di sei piani" prevista.
Oppure il no al costruttore Gaetano Ingui che finirà per costruire il teatro a Bologna; e
all'architetto Niemayer che darà il suo progetto a San Paolo del Brasile. Caso mai è una
leggenda la storia che Marzotto voleva regalare il teatro. E non è neanche vero che si
sono spesi un sacco di soldi in progetti: due miliardi in tanti anni non sono
granchè".
Ma possibile che non ci sia un colpevole? Di Lorenzo ha una
sua tesi: "Per una volta non è colpa degli amministratori, che spesso approvarono i
progetti. E' stata la città che muoveva al contrario. I vicentini, bravi nel curare gli
interessi propri, quando si tratta di interessi collettivi si inceppano. Insomma non sanno
fare gioco di squadra".
a. m. |