Il
rischio più grosso, dice Ilvo Diamanti, è che si imbocchi
uno sviluppo senza società. Perché come si legge nel 6°
rapporto di Poster-Assindustria sulla società vicentina del
2001 presentato pochi giorni fa dal sociologo-politologo, i
due dati sono inversamente proporzionali: la società si
ritira, l’economia cresce in importanza. Un percorso
pericoloso, visto che nella storia locale (ma anche d’Italia
se non dell’intero Occidente) è lo sviluppo economico che
è nato dalle relazioni, dai valori e dalla convivenza
reciproca delle persone. Non l’inverso. A cosa può portare
il "ribaltone sociale"? A un grande Paese-azienda di
berlusconiana matrice?
Per certi versi il rapporto di
Poster conferma che alcuni dati si sono stabilizzati. Se dal
’95 al ’98, spiega sempre Diamanti, c’era il segno di
alcune fratture fra la gente e la società, ora regna la
calma. In particolare sul lavoro, la famiglia (perché è
utile) e la chiesa, che restano punti fermi della società
assieme agli amici (a cui si dice tutto quello che non si dice
ai genitori). C’è ottimismo sull’economia, sullo sviluppo
futuro, sui soldi. Le istituzioni forti reggono: le persone
credono nelle forze dell’ordine (ma per paura della
criminalità), nelle associazioni imprenditoriali, nella
chiesa e riconoscono nel Presidente della Repubblica Ciampi
una figura importante. Ma sono pessimisti o inquieti verso gli
altri aspetti della vita sociale: la politica vale poco, idem
il governo, la sicurezza cala, l’ambiente preoccupa. Si vive
più isolati, più a riccio.
Grande è la fiducia nell’economia,
si diceva. Ma in quella tradizionale, non nella new economy.
Infatti della Borsa i vicentini non si fidano. Certo ci sono
cose che fanno pensare: la certezza nella solidità degli
imprenditori è riuscita a superare perfino quella nella
chiesa, finora leader incontrastata delle preferenze. Così
Diamanti lancia un’ipotesi: "L’economia oggi contende
al vescovo anche il ruolo di riferimento morale. Insomma una
specie di calvinismo economico, di etica del lavoro".
Gli immigrati? Meglio di quanto
si potesse immaginare. Le persone si dicono sì preoccupate
dei clandestini e della criminalità, ma il dato della
"paura dell’altro" è inferiore a quello
nazionale. Mentre molti ritengono che gli immigrati siano
necessari allo sviluppo e che per migliorare l’integrazione
la società debba aiutarli a trovare casa. Inquietudine ma
niente chiusure, quindi.
Alla fine restano gli scenari
da interpretare. Il primo è la frattura fra giovani e adulti,
mai così evidente come oggi. Motivo: mentre prima comunque c’era
una continuità sociale e ambientale fra le generazioni, negli
ultimi vent’anni il tessuto sociale e lo stesso territorio
è radicalmente cambiato. Non c’è più il villaggio, la
piazza, la piccola comunità. Ma un'unica metropoli che, ad
esempio nella pianura Padana, va da Torino a Venezia. C’è
la globalizzazione, e vent’anni fa non se ne parlava quasi
neanche. I computer, il mondo digitale, i celulari. Come in un
videogioco, la società intesa come riferimenti comuni sta
diventando più virtuale che reale. La vita che facciamo
adesso, insomma, non è più quella di due-tre decenni fa. Gli
anziani sono spaventati dal futuro, i giovani no.
Secondo problema: l’invecchiamento
della popolazione, per ora costante e senza segni di frenata.
Un nodo doppio: una società di anziani e pochi bambini. Nel
2020, commenta sempre Diamanti, per ogni bambino ci saranno
due genitori, quattro nonni e forse qualche bisnonno. Niente
fratelli su cui scaricare tutto questo "peso", come
succedeva fino a poco tempo fa. Terzo punto: la massiccia
fiducia nell’economia e nel lavoro. Domanda: cosa ne sarà
di una società incerta, scollata e rinchiusa su sé stessa
davanti ad una pesante crisi economica mondiale? Potrebbe
succedere anche domani: il Giappone è a terra, l’Argentina
agonizza, gli Usa sono in pieno terrore recessione. A chi
crederà l’uomo della strada oggi ciecamente fedele alle
imprese e alla crescita economica? Ma soprattutto: dove può
andare una comunità benestante, florida e ricca (di soldi)
senza più una società di riferimento sotto i piedi?
a.m.