Black Hawk Down {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Regia: Ridley Scott; Sceneggiatura: Ken
Nolan tratta dal libro di Mark Bowden "Falco Nero";
Fotografia: Slawomir Idziak; Montaggio: Pietro Scalia;
Scenografia:Arthur Max; Musica: Hans Zimmer; Interpreti:Josh
Hartnett, Eric Bana, Ewan McGregor, Tom Sizemore, William
Fincher, Sam Shepard; Produzione: Jerry Bruckheimer; Anno
di produzione: USA 2001 – Colore – 143 minuti
Anche se dal punto di vista dei
dialoghi e – soprattutto – sotto il profilo concettuale
Black Hawk Down propone una sceneggiatura molto
semplicistica, appesantita da una sequela quasi
imbarazzante di deja vu fondata sui luoghi comuni del
cinema bellico (il sergente dal cuore buono, l’eroe
burbero, il pauroso che diventa coraggioso…), dal
cinematograficamente parlando questo film che il regista
britannico reduce dai successi di Hannibal e Il gladiatore
ha voluto dedicare alla missione militare in Somalia si
presenta come un documento a dir poco sconvolgente. Anche
se il pubblico ha per la maggior parte la mente abbastanza
fresca per quello che riguarda l’esito negativo della
spedizione sotto l’egida delle Nazioni Unite chiamata
Restore Hope, i fatti del 3 ottobre 1993 che videro
coinvolti circa un centinaio di militari americani sulle
tracce del famigerato generale Aidid vengono trasformati
nell’emblema di una guerra assurda e terrorizzante. Le
diciotto ore che videro intrappolati nel quartiere del
mercato di Mogadiscio un gruppo di veterani della squadra
speciale chiamata Delta Force e un pugno di Rangers
vengono trasformate da Ridley Scott in un feroce atto
d’accusa contro la brutalità della guerra in grado di fare
a pezzi ogni retorica bellicista e ogni dichiarazione
insensata di supremazia militare. Anche se dal versante
politico il film è solo tiepido nei confronti delle
motivazioni che hanno spinto l’intervento militare in
Somalia (scegliendo come escamotage di puntare sulla
retorica dei "compagni di trincea") è attraverso la
crudezza estrema delle sue immagini che Scott sembra
firmare una dichiarazione di intenti antibellicista e
antimilitarista. Dal punto di vista cinematografico, il
primo film impegnato a raccontare l’unica recente
operazione militare americana all’estero rimasta fuori
dall’attenzione dei riflettori è decisamente
straordinario. Black Hawk Down riprende e porta alle sue
massime conseguenze il filo rosso della narrazione
cinematografica della guerra, rendendo – in paragone –
quasi "delle passeggiate" capolavori come Apocalypse Now!,
Full Metal Jacket, Platoon e Il giorno più lungo. Tramite
questo film, infatti, lo spettatore è portato in prima
linea in una battaglia senza sosta e senza quartiere dove
la percezione dell’inferiorità numerica e del pericolo
dietro ad ogni angolo risulta in grado di infondergli
un’angoscia con pochi precedenti. Con un realismo
agghiacciante, enfatizzato da una regia velocissima,
riequilibrata su punti di vista diversificati che non
risparmia nulla allo spettatore, Ridley Scott si libera
del politicamente corretto che aveva influenzato
negativamente alcuni suoi film recenti come Hannibal e
G.I. Jane, per proporre al pubblico uno spettacolo
selvaggio e spaventoso in cui le parole diventano inutili
dinanzi alla ferocia e alla drammaticità degli scontro a
fuoco tra militari americani e miliziani somali. Una
battaglia senza esclusione di colpi che vede coinvolti
anche i civili in un turbinio spaventoso di sangue, dolore
e morte. Black Hawk Down che prende il titolo dalla frase
che viene pronunciata quando sono abbattuti gli elicotteri
Black Hawk su cui vengono trasportati i militari durante
le missioni, è un film sul senso di sconfitta in una
guerra apparentemente inutile. Interpretato da alcuni
attori di Pearl Harbor come Hartnett e Sizemore che già
avevano lavorato con il produttore Bruckheimer, il film è
accompagnato dalla colonna sonora di Hans Zimmer che torna
dopo Il gladiatore a collaborare con Ridley Scott. In
attesa di altri film sulla guerra come We were soldiers
con Mel Gibson e Windtalkers di John Woo, Black Hawk Down
oltre a riproporre l’ennesimo tema della perdita
dell’innocenza tramite il cosiddetto "battesimo del
fuoco", cerca di riflettere sul senso di un coinvolgimento
militare in luoghi e paesi lontani.
Un film drammatico e doloroso in cui il
pubblico è bersagliato per oltre due ore da narrazione
cinematografica estrema, violentissima e totalizzante.
Come dire: il cinema ricrea la realtà del dramma per
costringere lo spettatore a riflettere senza filtri e –
soprattutto senza il tempo di pensare – esattamente come è
capitato a un centinaio di soldati americani ai primi di
ottobre di quasi dieci anni fa.
Il favoloso mondo di
Amelie (Le fabuleux destin d’Amelie Poulain) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Di Jean Pierre Jeunet con Audrey Tatou
– Mathieu Kassovitz – Rufus
Dopo Alien 4 – la clonazione e
Delikatessen Jean Pierre Jeunet torna alla regia
con un film – capolavoro in cui tutto si fonde alla
perfezione. Candidato francese agli Oscar, Amelie renderà
durissima la vita a Nanni Moretti con il suo amore per la
vita e la sua passione per le piccole cose. Un film di
argomento fantastico, una favola meravigliosa di cui è
protagonista Amelie una ragazza che dopo anni al limite
dell’autismo ha deciso di cambiare il mondo. Non proprio
tutto, quello che la circonda fatto di persone qualsiasi,
adoperando qualsiasi mezzo. Una commedia divertentissima
che riempie il cuore di gioia di vivere e che con ironia
diventa una sorta di "Pulp Fiction dell’anima" in
cui cinema e buoni sentimenti si uniscono in un’amalgama
perfetta. Una pellicola da non perdere per nessun motivo
che in Francia è diventata un film di culto e che anche da
noi sarà presto celebrata come uno dei migliori film degli
ultimi anni. Una sintesi post moderna della realtà che ci
circonda che in ogni secondo di film propone idee
sorprendenti. Una commedia romantica girata come una
pellicola d’azione. Si può chiedere di più dalla vita?
Soprattutto quando ad una regia interessante corrisponde
una sceneggiatura serrata interpretata da attori simpatici
e credibili? Decisamente no. In un cinema fatto di grandi
emozioni, Amelie è la donna destinata a cambiare la
nostra vita.
Vanilla Sky {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Di Cameron Crowe con Tom Cruise –
Penelope Cruz – Cameron Diaz – Kurt Russell – Noah Taylor
– Jason Lee
Basato su Abre Los Ojos il film
che ha rivelato al mondo il regista Alejandro Amenabar e
l’attrice Penelope Cruz, Vanilla Sky è uno strano
film di cui sarebbe meglio non sapere nulla prima della
sua visione. Già il definirlo un thriller fantascientifico
è un torto necessario che si compie nei confronti del
potenziale spettatore. Con la sua colonna sonora
costituita da canzoni di R.E.M. e Peter Gabriel,
Vanilla Sky infatti sembra non avere niente di
eccezionale sotto il profilo narrativo e – per tutta la
pellicola – sembra un’altra di quelle commedie in cui il
ragazzo ricco deve caricarsi la bella di turno. In realtà
la storia di un editore molto facoltoso di New York (Cruise)
accusato di avere ucciso qualcuno e lacerato dall’amore
per due ragazze (Diaz e Cruz) sembra, infatti, appartenere
piuttosto al genere giallo – rosa. In realtà, e qui sta il
grande genio di Cameron Crowe, tutto si ribalta in un
finale in crescendo dove nulla è più come sembra. Le
ultime scene sono dunque la spiegazione anche stilistica
di incentrare tutto il film su Cruise che è il perno di
questa storia noir che per atmosfere e disperazione
ricorda un po’ quelle di Gattaca. Certo, la
presenza dell’ex marito di Nicole Kidman in ogni scena
sebbene sensata risulta vagamente insopportabile, ma si è
parzialmente ripagati da questo piccolo danno dalla
presenza di un cast di attori veramente notevole con Kurt
Russell, Noah Taylor, Jason Lee, Tilda Swinton e
addirittura una brevissima apparizione di Steven Spielberg.
Senza volere fare paragoni con l’originale quello che
colpisce di più di Vanilla Sky è il suo costruire
di continuo falsi rimandi per il pubblico allo scopo di
trarlo in inganno.
Una pellicola che può non piacere per
alcune ruvidità eccessive e per gusti personali (davvero
rinuncereste a Cameron Diaz per Penelope Cruz?), ma che
sorprende per la sua originalità nata nell’angoscia e
nell’incubo.
L’inverno {Sostituisci con chiocciola}
Di Nina Di Majo con Fabrizio Gifuni,
Valeria Bruni Tedeschi, Valeria Golino
Piccolo film sulle nevrosi e le
insoddisfazioni di due coppie, la seconda pellicola
realizzata da Nina di Majo manca volutamente di un
contatto forte con la realtà, sulla scia di Bergman,
Antonioni e Woody Allen. Peccato, però, che con uno stile
visivo vecchio la recitazione degli attori e soprattutto
l’interessante trasformazione interpretativa delle due
Valerie (Golino e Bruni Tedeschi) venga immolata
sull’altare di una verbosità eccessiva per una storia che
non riesce ad essere mai coinvolgente nella sua
prevedibilità.
Da 0 a 10 {Sostituisci con chiocciola}
Di Luciano Ligabue Stefano Pesce,
Pierfrancesco Favino, Massimo Bellinzoni,
Barbara Lerici, Stefania Rivi
L'atteso ritorno alla regia di Ligabue,
dopo l'exploit di Radiofreccia, in una nuova e
storia su un gruppo di amici che si ritrovano per
riprendere un weekend interrotto vent'anni prima. Se
l’ispirazione del film precedente è molto lontana, questa
farsa sui trentenni in crisi (incredibile, ma vero…) è una
storiella come tante altre sulla provincia e sui sogni che
si vorrebbero potere continuare a fare. Una pellicola
debole e tutt’altro che brillante o energica in cui anche
Ligabue sembra essersi piegato alla logica del tempo che
passa. Un film di cui si poteva fare francamente a meno
nonostante tutto il battage pubblicitario che ce lo
vuole proporre come la panacea per i nostri tormenti
cinefili.
Danni collaterali {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Arnold Schwarzenegger – Francesca Neri
– Elias Koteas – John Turturro Sceneggiatura David & Peter
Griffiths Regia Andrew Davis Anno di produzione USA 2001
Distribuzione Warner Bros. Durata 107’
Dopo lunghi rimandi la produzione ha
deciso che il pubblico è pronto a vedere un film che
ricorda non a caso la tragedia dell’11 settembre. Ma lo
spettatore è davvero in grado di seguire una pellicola del
genere, impregnata su quella che è e resta poco più di una
storiella, vista e considerata la realtà dei fatti di
cronaca?
E – si badi – qui non si tratta solo di
chiudere un occhio sui capelli tinti di Arnold
Schwarzenegger e sul Bignami di storia sudamericana che
viene proposto. In ballo c’è qualcosa di più, ovvero il
rapporto tra cinema e realtà. La storia è quella di un
pompiere di Los Angeles vede morire moglie e figlio in un
attentato per mano di un terrorista colombiano. Così
decide di partire alla volta del paese sudamericano per
avere vendetta. Girato dal regista del rifacimento de
Il delitto perfetto, Danni collaterali soffre
malamente del confronto diretto con l’attualità. Se da un
lato la preveggenza di un possibile attacco sul suolo
americano lascia sorpresi, dall’altro i nove morti della
finzione sembrano davvero poca cosa di fronte alla realtà
di quello che è accaduto al World Trade Center. La nuova
epica di Schwarzy diventa così quella di un filmetto
"appena, appena retorico" in cui Francesca Neri, una
spietata terrorista con il labbro rifatto, che cerca di
colpire l’America al cuore, diventa addirittura patetica.
Senza alcun approfondimento, con la
geografia politica affrontata con un punto di vista
semplicistico e disarmante, il film è imbevuto
dell’abusata e perfettamente condivisibile retorica del
punto di vista della vittima che vuole fare di tutto per
vendicarsi. Il problema è – semmai – che il cinema,
perfino quello di Schwarzenegger, dovrebbe fare di tutto
per sforzarsi di raccontare un po’ meglio perfino
l’aspetto umano e non solo quello politico. Con un colpo
datogli dal confronto perso con la realtà e – soprattutto
– con una retorica che sembra appesantire
irrimediabilmente le tante cose buone presenti nel film,
Danni collaterali è un documento interessante sul
confronto storico politico tra Hollywood e la realtà
politica degli Stati Uniti nei primi mesi del nuovo
millennio. Resta da vedere se questo rappresenta davvero
un buon motivo per andare al cinema e spendere i soldi del
biglietto. Perché anche se il terrorismo è da condannarsi
sempre, non si possono accettare frasi semplicistiche
quando vengono citati i misfatti di alcuni consiglieri
militari americani: gli stessi, poi, che ironia della
sorte hanno creato i vari Noriega, Osama Bin Laden, Saddam
Hussein e Gheddafi.
Kate & Leopold {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Di James Mangold con Meg Ryan, Hugh
Jackman, Breckin Meyer, Liev Schreiber
Non basta certo la presenza dell’X man
Hugh Jackman alias Wolverine a trasformare Kate &
Leopold in un film di fantascienza. Va detto, però,
che i toni fantastici presenti in questa pellicola sono
inusuali per una commedia romantica tout court con
Meg Ryan che – dai tempi di Salto nel buio – non
affrontava un genere dallo sfondo concettuale un po’
diverso per il suo cinema fatto di romanticismo che, di
recente, aveva trovato una strada mistica in City of
angels.
La storia di un nobile inglese che
nella New York del 1876 segue un misterioso individuo fino
ad un’anomalia spazio – temporale che lo condurrà nel
nostro presente, è ben costruita, soprattutto perché
l’impianto che il regista dà alla pellicola può essere
passato alla prova di chi ha macinato centinaia di
paradossi spazio temporali di natura trekkiana e –
soprattutto – è attento al fatto che tutti i pezzi possano
davvero combaciare. Il resto è tutto scontato. O quasi.
Abbiamo una Meg Ryan in carriera nel ramo della
pubblicità, che si innamora suo malgrado di questo
misterioso, ma elegante gentiluomo amante della cultura,
della bella vita e figlio di un mondo concepito su altri
ritmi (e privilegi, ma il film non lo dice.) Kate &
Leopold è quindi una pellicola leggera che costruisce
su una buona infarinatura fantascientifica un umorismo
romantico che avvicina la pellicola più alla saga di
Ritorno al futuro che agli sconci B- movies che
tentano la sorpresa "alla Crocodile Dundee" con l’ennesima
saga tragicomica del nuovo straniero in città. Va detto,
però, che l’eleganza di Jackman e il fascino della Ryan
danno sicuramente una marcia e una credibilità in più ad
un film allegro e romantico, senza mai diventare
mellifluo.
Heist {Sostituisci con chiocciola}
Di David Mamet con Gene Hackman,
Rebecca Pidgeon, Delroy Lindo, Danny De Vito
Le "scatole cinesi" che da sempre
contraddistinguono il cosiddetto cinema d’azione di David
Mamet questa volta sembrano più di maniera che altro. Il
gran colpo, la rapina che un genio del crimine deve
portare a termine questa volta, prima di scappare per
sempre, è un alibi per Mamet per giocare con Gene Hackman
e lavorare sul carisma di quest’attore su cui si tentare
di fare reggere il peso di tutto il film. Heist,
però, nonostante gli sforzi di tutti, più che essere un
piccolo tentativo d’autore di inventare nuovamente un
genere, risulta essere piuttosto una pellicola stentata
che per tutta la sua durata fa sperare in una serie di
colpi di scena che non arriveranno mai. Con una trama
lineare nel suo essere banale e scontata, che nonostante
qualche piccolo tentativo di innovazione scorre
maledettamente lenta e inutile nel suo essere
sostanzialmente il compromesso con un certo tipo di
deja vu. Il fascino di Hackman (al minimo sindacale
dal punto di vista degli sforzi interpretativi) non basta
quindi a cambiare lo stato delle cose, mentre – quello che
è peggio, Danny De Vito non sembra mai entrare in partita,
dato che gran parte dello spazio è lasciato a Rebecca
Pidgeon, moglie del regista che tutti i personaggi del
film lodano per la sua bellezza "straordinaria"... In
realtà non essendo la Signora Mamet né Catherine Zeta
Jones, né Cameron Diaz Heist alla fine sembra molto
sforzato dall’inizio fino alla sua indecorosa fine e sullo
scorrere dei titoli di coda viene il dubbio che Heist
è un film che sarebbe stato meglio non fare, visto e
considerato il fatto che nulla toglie o aggiunge ad un
genere sfruttato in ogni maniera come quello del cinema
che racconta le rapine.
Brucio nel vento {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Di Silvio Soldini con Ivan Franek,
Barbara Lukesova
Silvio Soldini opera una scelta
autoriale forte, per un film tratto dal romanzo di Agota
Kristof. Una pellicola ambientata nel suggestivo teatro
delle nevi svizzere ed incentrata su un’insolita storia
d’amore tra un operaio immigrato e la sorellastra
ritrovata per caso. Un film interessante dal punto di
vista stilistico, sebbene in apparenza freddo e
impersonale anche se racconta di una grande passione. Le
emozioni dello scrittore innamorato pur affidate
all’inespressivo Ivan Franek, nella versione italiana
vengono esaltate alla luce di una nuova sensibilità grazie
alla voce carismatica di Fabrizio Gifuni che a dispetto
un’interpretazione straordinaria non riesce, però, a
salvare il film dal gelo di un cinema troppo cerebrale.
L’ultimo sogno {Sostituisci con chiocciola}
Di Irwin Winkler con Kevin Kline,
Kristin Scott Thomas, Hayden Christensen
Dopo A prima vista con Mira
Sorvino e Val Kilmer, il regista Irwin Winkler torna a
flirtare pericolosamente con la malattia senza nemmeno il
sostegno scientifico di un autore come Oliver Sacks.
Melodramma di cattivo gusto che racconta la storia di un
uomo condannato dal cancro che deciso a trascorrere
l’estate a costruire la casa ideale con il figlio ribelle,
L’ultimo sogno affonda un soggetto interessante
sotto il fardello di dialoghi e situazioni facili più
consoni al mondo delle telenovelas che a quello del
cinema. Una pellicola volutamente patetica, piena di
luoghi comuni di cui francamente possiamo fare tutti
quanti a meno. Quando Patch Adams sembra Pulp
Fiction in confronto, allora è davvero meglio lasciare
perdere…
K – Pax {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Di Iain Softley con Kevin Spacey, Jeff
Bridges, Alfre Woodward
Uno psichiatra di un ospedale un po’ a
corto di personale viene in contatto con "Prot" un tizio
che porta sempre degli occhiali scuri, perché – sostiene –
di essere un alieno in missione sulla Terra e di non
sopportare la luce. Nei suoi incontri non solo il dottore
non sembra riuscire a scalfire di un millimetro la
posizione di Prot, ma ne vede accresciuta la fama quando
questo incomincia a parlare anche agli altri pazienti del
suo pianeta di provenienza: K.- Pax, un mondo lontano
migliaia di anni luce che riaccende la speranza di una
vita migliore. Le cose peggiorano quando un gruppo di
astronomi rimane sconcertato dalle conoscenze di
astrofisica possedute dall’uomo. Al punto che anche lo
psichiatra incomincia a temere che ci possa essere
qualcosa di vero…
Ocean’s Eleven {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}
Di Steven Soderbergh con George Clooney,
Julia Roberts, Matt Damon, Brad Pitt, Elliot Gould, Andy
Garcia
Una parata di stelle hollywoodiane per
il remake di Colpo grosso pellicola degli
anni Sessanta con Frank Sinatra e il suo cosiddetto "rat
pack". Danny Ocean e i suoi dieci elementi della sua banda
devono riuscire a rapinare una serie di casinò di Las
Vegas.
La regia è quella di Steven Soderbegh
che rinuncia alla sperimentazione di Traffic e
L’inglese per un cinema più morbido che tenga conto
delle esigenze di tante stelle tutte insieme. Lungo e un
po’ noioso, Ocean’s Eleven è una bellissima scatola
con poca anima sulla difficile terra di confine del
deja vu e di una storia brillante, ma non
sorprendente. Ma quando sullo schermo c’è tanta bellezza
maschile, il resto conta davvero, alla fine…?
Volesse il cielo {Sostituisci con chiocciola}
Di e con Vincenzo Salemme, Maurizio
Casagrande, Tosca D’Aquino, Biagio Izzo
Una mattina di primavera un uomo nudo
spunta da un cassonetto della spazzatura dopo che una
macchina della polizia gli si è schiantata contro, mentre
era lanciata in un inseguimento. Dell’individuo non si
conoscono le generalità. Così, il poliziotto che lo ha
ritrovato, l’ispettore Massa, parte con lui alla ricerca
di un passato e di un’identità che sembrano semplicemente
non esistere. Il poliziotto sposato e senza figli, sembra
affezionarsi allo sconosciuto al punto da portarselo in
casa, dargli un tetto, e addirittura tenta di educarlo,
come fosse un figlio... L’ultima commedia di Vincenzo
Salemme per la prima volta senza l’amico e collega Carlo
Buccirosso.