Vai al numero precedenteVai alla prima paginaVai al numero successivo

Vai alla pagina precedenteVai alla prima pagina dell'argomentoVai alla pagina successiva

Vai all'indice del numero precedenteVai all'indice di questo numeroVai all'indice del numero successivo
Scrivi alla Redazione di NautilusEntra  in Info, Gerenza, Aiuto
 
redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Aprile 2002


 I film di Aprile/Maggio 2002 (I)

I parte

In the bedroom {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Di Todd Field con Sissy Spacek, Tom Wilkinson

C’è qualcosa che lascia molto male in questo film diretto dall’esordiente Todd Field che i più ricorderanno nei panni del misterioso pianista amico di Tom Cruise nell’ultimo film di Stanley Kubrick Eyes Wide Shut.

A fronte di una storia articolata che vede due anziani genitori privati dell’affetto dell’unico figlio per mano di un marito geloso dell’amore della sua ex moglie per il ragazzo, In the bedroom non è una riflessione sul dolore, quanto piuttosto un’agghiacciante ricostruzione chirurgica della vendetta. Anche se ci sono molti momenti straordinari dal punto di vista umano e cinematografico, e il ritratto della provincia perbenista frana dinanzi al piacere del delitto, In the bedroom è un film scomodo, celebrato da troppe nominations all’Oscar francamente poco credibili, che a fronte di interpretazioni tutt’altro che esaltanti è un monumento al dolore mitigato dalla vendetta consumata calda. Siamo sicuri che quando muore un figlio la vendetta sia l’unica forma per maturare il lutto? Questa Stanza del figlio di provincia, poi, non convince anche per l’insipiente recitazione di una Marisa Tomei nei panni attillati della donna fatale. Insomma, un film intrigante dal punto di vista registico, assai debole sotto il profilo umano ed emotivo.

Lunedì mattina {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Di e con Otar Iosseliani

Orso d’argento per la regia all’ultimo Festival del cinema, Lunedì mattina è un’elegante riflessione di Iosseliani sul senso della vita e sul muro di divieti e restrizioni che si possono incontrare. Girato con il solito stile immaginifico e apparentemente semplice, Lunedì mattina opera su un livello razionale ed emotivo molto forti abbandonando lo spettatore ad una liricità inaspettata. Una pellicola complessa, intrigante e rasserenante tra amicizia vera e convivialità.

Amnésia {Sostituisci con chiocciola}

Di Gabriele Salvatores con Diego Abatantuono, Sergio Rubini, Martina Stella, Alessandra Martines

Diego Abatantuono fa il Diego Abatantuono che tutti conosciamo insieme ad un Sergio Rubini che fa il Sergio Rubini per la regia stanca di Gabriele Salvatores in un’Ibiza post hippie tra droga e sensualità di risulta. Un film vecchio nella prima parte e tremendamente noioso e scontato nella seconda in cui Salvatores vede appannarsi ulteriormente la sua stella. Non certo la Martina anche lei Stella, per il momento solo per quello che riguarda il cognome, cui tocca interpretare la figlia di un pornografo, ignara del mestiere del padre, che va a parlargli per rivelare un problema che potrebbe cambiare la sua vita. Lungo, inutile e – quel che è peggio – deludente sotto il profilo tecnico, l’unico ambito in cui Salvatores era sempre stato indiscutibile.

E.T. (edizione del ventennale) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Di Steven Spielberg con Henry Thomas – Robert MacNaughton – Drew Barrymore

"Sono vent’anni oggi" cantavano i Beatles in Sgt.Pepper’s Lonely hearts club band e così anche il pupattolone creato da Carlo Rambaldi che ha cambiato per sempre la nostra percezione degli alieni, torna a distanza di tanto tempo in una versione restaurata che rende giustizia non solo all’originale, ma anche ad un percezione modernista della fantascienza. Se da un lato, infatti, le immagini più luminose e la cura per rendere più credibile il pupazzo grazie alla computer grafica migliorano decisamente il tono complessivo del film, dall’altro la cancellazione dei fucili sostituiti digitalmente da radio e occhiali da sole avvicina la pellicola al nostro tempo, quando l’alieno non è necessariamente considerato un nemico o tantomeno un pericolo. Va detto, poi, che la scena aggiunta (tra l’altro il film è stato interamente ridoppiato) consente allo spettatore una maggiore comprensione della trama che diventando più omogenea rende meno "deus ex machina" la resurrezione di E.T. Quando Elliot e l’extraterrestre più famoso del cinema fanno il bagno (la sequenza fu tagliata perché Spielberg non era soddisfatto del risultato) scopriamo che l’acqua ha un potere rigenerante su E.T. E’ per questo che quando il fratello di Elliot lo va a cercare lo troviamo in un corso d’acqua ed è ancora per questo motivo che il ghiaccio del contenitore dove viene chiuso l’essere, perché creduto morto risveglia l’essere dal suo torpore. Inoltre, a distanza di anni, ci accorgiamo del messaggio positivo e fantascientifico del film, all’epoca forse attutito dalla novità. La famiglia di bambini abbandonati dal padre, curati da una madre depressa, che rifiutano la violenza gratuita (ad esempio sulle rane) è una metafora della solitudine dell’umanità dinanzi ad un cosmo silenzioso e al timore dell’abbandono. Un racconto positivo, così come nelle corde cinematografiche di Spielberg, che perde la sua patina pre X files. E.T. oggi non è una simbolizzazione del potere governativo che tende ad occultare gli alieni come nella serie ideata da Chris Carter. I toni vengono smussati e questi agenti di oggi guidati da Peter Coyote sembrano in fondo volere cercare di aiutare E.T. non di catturarlo.

E.T. rappresenta ancora oggi la possibilità di credere nel fantastico e nell’imprevisto, senza paure (ben venga quindi l’eliminazione tutt’altro che buonista dei fucili) in un senso di percezione fantascientifica dell’esistenza. Con una grande differenza rispetto a venti anni fa. I bambini di allora che scrutavano le stelle in cerca dell’astronave di E.T. oggi lo fanno dando la mano ad un altro bambino venuto dopo. Perché la testimonianza della fantascienza non è solo una passione, bensì un’attitudine dell’anima a guardare molto lontano, oltre le stelle. Disponendo il proprio animo a riconoscere E.T. il giorno che verrà da noi a cercare di comunicare il suo disperato bisogno di ritrovare una casa…in qualsiasi galassia essa si trovi. Anche a pochi metri da dove abitiamo noi.

Rollerball {Sostituisci con chiocciola}

Di John Mc Tiernan con Jean Reno – Chris Klein – Rebeca Romijn Stamos – LL Cool J

Rifacimento dell’originale di venticinque anni fa diretto da Norman Jewison con protagonista James Caan, questa nuova versione postmoderna risulta al limite dell’imbarazzante, evidentemente funestata da problemi produttivi e da aggiunte posticce che hanno fatto naufragare il senso ultimo dell’intera pellicola. Diretto da John Mc Tiernan, uno dei registi d’azione più interessanti di Hollywood che oggi sembra avere perso il suo smalto, Rollerball sembra un unico gigantesco videoclip dove ogni messaggio sociale e politico sembra andato a farsi friggere per una storia poco comprensibile ambientata nelle repubbliche dell’ex blocco comunista. Se da un lato può risultare visivamente divertente questa mescolanza di caratteri orientali e asiatici, dall’altro viene lasciato troppo spazio all’interpretazione per capire quale sia in fin dei conti il sistema politico alle spalle del gioco violento che sembra essere diventato il centro del mondo almeno televisivo. Purtroppo, va detto che non vale la pena starci troppo a pensare su. i buchi di sceneggiatura, i cliché, gli atteggiamenti incomprensibili dei protagonisti si perdono in una marea di immagini montate in maniera eccessivamente veloce. Nemmeno le belle donnine molto svestite e la bellezza magnetica di Rebecca Rominjn Stamos sembrano riuscire a tirare su un film che da metà del primo tempo scivola nel patetico. Segno che i remakes andrebbero fatti solo quando c’è davvero qualcosa in più da dire. Ogni riferimento al Tim Burton de Il pianeta delle scimmie non è puramente casuale.

Enigma {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Di Michael Apted con Kate Winslet – Dougray Scott – Jeremy Northam – Saffron Burrows

Ci voleva un talento come quello di Tom Stoppard autore per il cinema delle sceneggiature di Guilderstern & Rosenkrantz sono morti e Shakespeare in Love a far fare un doppio passo avanti al cinema di spionaggio. Se da un lato la storia della macchina Enigma per decifrare i messaggi lanciati da Berlino agli U-Boot dell’Atlantico trova finalmente una dimensione degna, dopo il deludente e retorico U-571 d’altra parte Enigma rappresenta un passaggio intimista per il cinema di spionaggio dove una tenera storia d’amore viene mescolata ad un’investigazione fondata sul ragionamento. Enigma è un film molto interessante ed elegante, reso ancora più godibile grazie alla splendida colonna sonora composta da John Barry, strutturato su un know how logico – matematico non indifferente che pur rendendo ai più leggermente ostico il senso ultimo della trama, d’altro canto rende il film tutt’altro che banale ed una sorta di unicum nella storia del genere spionistico. Ambientato nei primi anni quaranta nel centro di ricerche contro i codici e i cifrari nazisti, Enigma coniuga un solido fondamento storico ad un buon cast di attori ad un’ottima regia. Un film molto interessante che pur non essendo spettacolare è l’erede diretto del grande cinema britannico del passato. Lo stesso che ha generato geni del calibro di Alfred Hitchcock e che ha saputo affrontare sempre al meglio storie complesse, mai scontate e ricche di risvolti politici e psicologici sorprendenti. Esattamente come accade in Enigma diretto da un Michael Apted (Gorky Park, Gorilla nella nebbia, 007 Il mondo non basta) in stato di grazia.

The Believer {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Di Henry Bean con Ryan Gosling, Summer Phoenix

Vincitore del Gran Premio della giuria al Sundance Festival del 2001, The believer è una pellicola complessa e interessante, più riuscita sotto il profilo tecnico che contenutistico. Ispirato ad un articolo del giornalista Marc Jacobson che identificava qualche tempo fa alcuni ebrei tra i neonazisti americani, The believer è la celebrazione della contraddizione umana, incentrata sulla figura di Danny Balint, uno skinhead ebreo che per le sue qualità di leader viene scelto per diventare un esponente di alto livello del movimento legato alla destra ariana americana.

Il problema è, alla fine, che il suo essere violentemente antisemita stupisce e preoccupa i suoi stessi superiori, interessati più ad un’affermazione "politica" della causa ariana, che militare. La rabbiosa caccia all’ebreo, l’eliminazione fisica dei non ariani, la dissacrazione delle sinagoghe e perfino dei rotoli della Torah costituiscono i punti cardine della lucida follia di Danny, che pian piano scopriamo essere un ragazzo ebreo deluso e ferito dal suo rapporto con Dio e con la comunità di cui . nel fondo del cuore - sente ancora di fare parte. Tramite l’amore per la figlia dei due dirigenti ariani che lo hanno reclutato come esponente politico del movimento neonazista, Danny riscopre il suo ebraismo insegnando a leggere in ebraico alla ragazza. Di qui la lacerazione più irrimediabile, con una serie di attacchi terroristici portati avanti con ferocia e al tempo stesso i sospetti dei camerati nei suoi confronti dopo che il ragazzo ha salvato alcuni rotoli delle Sacre Scritture dalla distruzione. Se dal punto di vista strettamente cinematografico The believer è molto riuscito con un Ryan Gosling (cresciuto mormone nello UTAH) straordinariamente convincente e credibile (il film meriterebbe di essere visto in originale), sotto il profilo concettuale pone molti interrogativi. Se da un lato l’idea di un uomo che incarni la contraddizione di se stesso – al di là della finzione drammaturgica – trova un senso più dal punto di vista psichiatrico che politico, d’altro canto l’idea che gli ebrei siano colpevoli anche del razzismo nei loro confronti è pericolosa e stravagante in un momento storico in cui l’antisemitismo lungi dall’essere un ricordo trova nuova linfa nel ritorno di pericolose dottrine di destra. The believer, dunque, risulta assai limitato nella sua riuscita dal fatto che non può sollevare un dibattito (la schizofrenia del protagonista ebreo ed antisemita in turni equamente ripartiti è, infatti, evidente) e – al tempo stesso nella sua contaminazione tra politica e fede – è privo di un messaggio chiaro e diretto come era capitato per American History X. La cieca istigazione alla violenza e il rifiuto di un mondo manicheo diviso tra buoni e cattivi (nel film anche i nazisti Billy Zane e Theresa Russell hanno in fondo un cuore…) avrebbero meritato un maggiore approfondimento psicologico e storico di questa splendida rappresentazione drammatica e artefatta di una follia troppo organizzata e chiara (pur con tutti i dubbi possibili) per essere vera e credibile.

np99_riga_fondo.gif (72 byte)

                                           Copyright (c)1996 Ashmultimedia srl - All rights reserved