
Non solo
libri (II
parte)
Recensioni,
schede e notizie
AVVISO AI NAVIGANTI. Gli
editori che volessero proporre volumi o riviste per
recensione devono inviarli al seguente indirizzo:
Nautilus, Ashmultimedia, via Fra' Paolo Sarpi 16, 36100
Vicenza, all'attenzione di Giulio Mozzi.
- Beat
n. 1.
Jack Kerouac, Scrivere bop: lezioni di
scrittura creativa, trad. Silvia Ballestra,
Mondadori, pp. 84, L. 9.000
- Beat
n. 2.
Nuove traduzioni, edizioni integrali, antologie e
ristampe dei poeti della beat generation
- Beat
n. 3.
Fernanda Pivano, Album americano,
Frassinelli, pp. 366, L. 26.500
- Riviste. Fernandel, foglio
letterario, a. xviii, n. 9, pp. 24, in
abbonamento
- Riviste. In-Edito, la rivista
degli autori esordienti, n. 1, pp. 96, L.
3.000
Riviste. CorRispondenze,
bimestrale di poesia e letteratura, a. 2, n.
1, pp. 46, L. 5.000
Riviste. Cambio 17, bimestrale
di racconti, a. iv, n. 1, pp. 66, L. 6.000
Beat
n. 1. Jack Kerouac, Scrivere bop:
lezioni di scrittura creativa, trad. Silvia
Ballestra, Mondadori, pp. 84, L. 9.000
In questo libro già
piccolo (e che costa 107 lire a facciata) solo le pagine
da 11 a 27 corrispondono vagamente a quanto promesso dal
titolo: vi si parla di scrittura, benché non siano
affatto delle lezioni. In queste pagine, solo quelle da
11 a 16 sono interessanti, le altre sono ripetizioni.
Quindi il costo per pagina interessante di questo
libro è di lire 562 e rotti. Ciò detto, aggiungiamo che
chi avesse voglia di sapere non tanto come è nata la beat
generation, quanto come se ne è formata
l’immagine pubblica, troverà interessante (benché
molto ripetitiva) anche la parte del libro successiva a
pagina 27. Concludiamo dicendo che questo libretto
raccoglie scritti sparsi e che non ci viene data nessuna
informazione né sulla loro provenienza, né sulla data
di composizione, né sulla loro precedente pubblicazione
in lingua originale; sono «scritti per la maggior parte
inediti», ci dice la bandella di copertina, e di tanto
dobbiamo accontentarci. Rimane il sospetto che qualche
burlone della Mondadori se li sia inventati di sana
pianta.
![[riga]](../img/riga01.jpg)
Beat
n. 2. Nuove traduzioni, edizioni integrali,
antologie e ristampe dei poeti della beat generation
A.
Cogliendo al volo quella specie di piccola febbre beat
che sembra avere invaso l’Italia, la Mondadori ha
scelto di celebrare il primo anniversario
dell’iniziativa I Miti Poesia (libri di poesia, per
lo più antologici, a 3.900 lire) pubblicando un
super-Mito da 153 pagine, ben curato e tradotto da
Massimo Bocchiola, intitolato Beat Generation.
Il libretto (25 lire a pagina) presenta (nel solo testo
tradotto) tutti i poeti «obbligatori» (Ginsberg,
Kerouac, Ferlinghetti ecc.) più alcuni testi di autori
non noti e consacrati in Italia, soprattutto donne: Anne
Waldman, La Loca ecc.
Un’operazione
lodevole; peccato che la struttura di collana dei Miti
impedisca di aggiungere ai testi il benché minimo
apparato (magari una biobibliografia di cinque righe per
ciascun autore...). Adesso c’è solo da sperare che
prima o poi si stampi un mito con tutto l’Urlo
di Ginsberg.
B.
Feltrinelli ha nel frattempo ristampato la classica
antologia con testo a fronte di Fernanda Pivano, Poesia
degli ultimi americani (pp. 374, L. 18.000, 48
lire a pagina senza contare il foglio sciolto e ripiegato
con The Bomb di Gregory Corso), pubblicata per la
prima volta nel 1964. Nessun aggiornamento nei testi per
questa ristampa, ma solo nella bibliografia (che peraltro
non dà conto delle traduzioni italiane); benché
qualcosa sia cambiato anche nel costume italiano, dal
1964 ad oggi, rimangono i curiosi simboletti che
sostituiscono, nella versione italiana, parole come fuck,
sperm, vagina, crotch ecc. Un libro
da possedere, soprattutto perché ritrae la beat
generation nel pieno del suo splendore.
C.
Costa solo 13 lire a pagina l’edizione integrale
(con testo a fronte) di Mexico City Blues
di Jack Kerouac (ed. Grandi Tascabili Economici
Newton, pp. 301, L. 3.900) curato da Carla Coppola e
Paola Fanzeco e tradotto dalle stesse (tranne che per un
quinto circa del testo, tradotto da Carlo A. Corsi in
J.K. Refrain, Guanda 1977, e qui riutilizzato). A
leggerlo da cima a fondo ci si convince che il modo
ideale per leggere i poeti beat (eccezion fatta per
Ginsberg) sono proprio le antologie. Checché ne dica
Ginsberg («un’opera di genio continuato», leggiamo
nella quarta di copertina) questo è un libro
complessivamente verboso e noioso con molte (molte, è
vero) cose interessanti dentro. Aggettivazione
accumulata, iterazioni e ripetizioni a tutto spiano,
abbondanza di termini astratti, onomatopee ecc. ci
portano all’esasperazione verso pagina 63 («Mexico
City Bop / I got the huck bop / I got the floogle mock /
I got the thiri chiribim / bitchy bitchy bitchy / batch
batch»). Bisogna dire che l’italiano con la sua
sovrabbondanza sillabica è probabilmente la lingua più
impraticabile per questo genere di poesia, e ci pare che
la terna traducente faccia il possibile nella direzione
di «consentire un approccio a questa poesia che
presentasse il minimo di difficoltà per il lettore
italiano» (p. 9): con la scelta, a suo modo coraggiosa,
di rinunciare ogni tanto a tradurre.
D. Sempre nei Grandi Tascabili
Economici Newton, ecco Questi sono i miei fiumi,
di Lawrence Ferlinghetti (a cura di Massimo
Bacigalupo, traduzione di Lucia Cucciarelli, testo a
fronte, pp. 416, L. 5.900, 14 a pagina),
un’antologia di quasi quarant’anni di
produzione poetica realizzata dallo stesso Ferlinghetti.
(Ricordiamo che, di Ferlinghetti, Lucia Cucciarelli aveva
già egregiamente tradotte le Scene italiane,
curate da Fernanda Pivano, pubblicate da minimum fax nel
1995.) Il titolo del volume è un notissimo verso di
Ungaretti (da «I fiumi», in L’Allegria):
verso Ungaretti, così come verso molta poesia modernista
europea, Ferlinghetti ha sempre dichiarato e dimostrato
autentica venerazione. Libraio ed editore prima che poeta
(con il marchio City Light ha pubblicato tutti i suoi
amici beat), ed oltre a ciò anche traduttore
(Baudelaire, Pasolini) e pittore, Ferlinghetti è stato
sempre messo un po’ in ombra (in Italia, almeno) dai
più conosciuti Ginsberg e Kerouac: messa in ombra
tutt’altro che meritata, poiché Questi sono i
miei fiumi è senz’altro un grande libro di
poesia. Ottima l’introduzione di Bacigalupo, utili
le dettagliate cronologia e bibliografia.
![[riga]](../img/riga01.jpg)
Beat
n. 3. Fernanda Pivano, Album
americano, Frassinelli, pp. 366, L. 26.500
Fernanda
Pivano, classe 1917, da un po’ di tempo sta
raccogliendo in volumi i suoi numerosissimi scritti
sparsi e sparpagliati, o ristampando con significative
integrazioni i suoi libri degli anni passati. Questo Album
americano ha nella sovraccoperta una bellissima foto
(di Ettore Sottsass) di Pivano che intervista Jack
Kerouac: è il 1966, Pivano ha una maglietta a righe e la
gonna corta, Kerouac ha la camicia a quadri e la giacca
da private eye, e in primo piano c’è un
bellissimo posacenere in design italo-spaziale che
basterebbe da solo a datare tutta la scena. E in effetti,
in barba al sottotitolo che recita: Dalla generazione
perduta agli scrittori della realtà virtuale, è
sempre il periodo d’oro della beat generation al
centro dell’interesse di Pivano: dove non è
direttamente oggetto del discorso, si propone sempre come
termine di confronto. Ciò che fa più impressione nel
leggere gli scritti di Pivano, è il continuo
cortocircuito tra lavoro propriamente critico e racconto
di un’epoca: giustamente il primo pezzo, dedicato a
Hemingway, comincia: «Quelli di noi che hanno avuto il
privilegio di conoscere e frequentare Ernest
Hemingway...», mentre l’ultimo si chiude con
l’immagine di Allen Ginsberg invitato, nel 1979, a
leggere (o recitare) le sue poesie a Castelporziano, in
quell’evento semispontaneo che è rimasto nella
memoria collettiva come il canto del cigno del tentativo
di abbraccio tra la cultura alternativa e i movimenti di
protesta in Italia. Pivano c’era: c’era
ovunque e per quasi mezzo secolo ha continuato a
raccontare, presentare, tradurre, con una dedizione e una
voracità che non hanno confronti. Venendo ai testi:
nella prima sezione, intitolata nientemeno che «Gli
eroi», Pivano raccoglie interventi su Hemingway,
Fitzgerald, Kerouac, Ferlinghetti, nonché alcuni curiosi
(nel senso forte della parola) saggi sulle «Pornzines»,
su «La tradizione omosessuale nella letteratura
americana», sulla «Cultura hip-hop» e così via. La
seconda parte, «Le esperienze», riunisce pezzi più
brevi dedicati, oltre agli inevitabili beatnik, ad autori
come Richard Ford, Toni Morrison, Erica Jong, Tama
Janowitz, Jay McInerney, Grace Paley. La terza parte,
intrepidamente intitolata «L’inizio», propone tre
interventi (del ‘48, del ‘56 e dell’83) su
«La letteratura americana in Italia», interessante
cronistoria della ricezione nel nostro paese di ciò che
è avvenuto oltreoceano durante qualche decennio. Il
tutto scritto con quella capacità di racconto che Pivano
possiede in misura (e modalità) straordinaria, e che lei
nella prefazione definisce freddamente «metodo
sociobiografico»; ma nella stessa pagina le scappa,
inavvertitamente, una definizione molto più appropriata:
eccovi in questo libro, dice Pivano, alcune delle mie
«centinaia di dichiarazioni d’amore».
![[riga]](../img/riga01.jpg)
Riviste.
Fernandel, foglio letterario, a.
xviii, n. 9, pp. 24, in abbonamento
E’
simpatico e abbastanza senza pretese (è l’esser
senza pretese che lo rende simpatico) questo artigianale Fernandel,
fatto in casa e stampato su carta azzurrina. Ci sono
delle cose interessanti, come «Villa Baruzziana», un
racconto tutt’altro che brutto di Francesca
Mazzucato (autrice tra l’altro di Hot Line,
Einaudi), forse un po’ prolisso ma tuttavia vincente
nella difficile sfida di riempire quattro pagine formato
A4 senza mai mettere un punto fermo. La prolissità è
ancora ciò che quasi ammazza il racconto «Separazioni e
congiunzioni» di Ugo Miccoli (e in questo numero
c’è solo una prima puntata!), peraltro costruito su
idee e sensazioni non banali. Un po’ rigidi i
dialoghi in «La morte arriva alle cinque emmezzo» di
Stefano Fabbri. Buono, nella sua secchezza, «Flash» di
Cettina Calabrò: in una sola pagina (scarsa) c’è
una quantità di immagini, un personaggio presentato
compiutamente sia pure per allusioni, abbondanza di
sensazioni, un finale aperto ma (una volta tanto)
giustamente aperto. Sensato l’editoriale di Giorgio
Pozzi che, nel presentare i racconti pubblicati, parla di
«un’attenzione dolorosa nei confronti della
realtà, una realtà in senso generico che si specifica
via via, calandosi nella dimensione del racconto». Non
sapremmo che dire delle poesie del ventunenne Timm Haag,
se non che esibiscono una competenza metrica ammirevole
(in particolare per una persona che, ci par di capire,
non ha l’italiano come lingua materna), mentre ci
pare orribile come un errore da non ripetere la poesiola
«La Creazione» di Giovanni Fanni: se la parodia è
accettabile, l’imitazione della parodia (la celebre
canzone di Guccini) non lo è per nulla.
Solo su abbonamento.
Versando L. 30.000 sul c/c postale 11859485, intestato a
Fernandel, via Col di Lana 23, 48100 Ravenna, si
riceveranno sei numeri della rivista. Fernandel è curato
e realizzato da Giorgio Pozzi.
![[riga]](../img/riga01.jpg) ![[su]](../img/su.jpg)
Riviste.
In-Edito, la rivista degli autori esordienti,
n. 1, pp. 96, L. 3.000
E’
piuttosto agguerrita (oltre che piuttosto torinese) la
nuova rivista In-Edito, che si apre con
un’intervista ad Alessandro Barbero (vincitore del
premio Strega 1996 con Bella vita e guerre altrui di
mister Pyle gentiluomo, Mondadori) e si conclude con
una sorta di post-editoriale perentoriamente titolato
«Non siamo cannibali». E’ piuttosto agguerrita
anche perché, nonostante contenga un pezzo (di Andrea
Clapero, «Corsi o percorsi?») che sbeffeggia le scuole
di scrittura creativa (a Torino c’è
l’ingombrantissima Holden, ricordiamo) si configura
come una vera e propria rivista di scrittura creativa
(molto più interessante della più ricca e più ambigua Storie).
Andiamo con ordine. In
questo numero (e in ogni numero futuro, par di capire)
c’è un certo numero di pagine (sotto il titolo:
«Per capire cosa fare») dedicate all’analisi di
testi: un racconto di Vittorio G. Rossi («Un guasto») e
un manipolo di testi ripresi dalla biblioteca di
«Fabula», un sito Internet (http://www.fabula.it, staff{Sostituisci con chiocciola}fabula.it, oppure tel/fax 02-58301777) nel
quale è possibile a chiunque «depositare» i propri
testi. Non si tratta di un «furto» (sarebbe piuttosto
scorretto, per l’etica di Internet, riprendere testi
disponibili gratuitamente e pubblicarli a pagamento)
perché la redazione di In-Edito correda questi
testi di un commento tecnico non particolarmente
tecnicistico ma in genere ben fatto, leggibile e utile.
In sostanza sembra che In-Edito cerchi di
riprodurre in rivista ciò che avviene sostanzialmente in
tutti i corsi di scrittura di questo mondo: nei quali si
leggono e si commentano serratamente i testi dei
partecipanti.
La rivista poi ospita
racconti di una certa lunghezza (in questo numero, quasi
tutti dei redattori: discreti, ma niente di esaltante),
più segnalazioni bibliografiche, più noterelle di varia
umanità: tutto ciò che serve a fare una rivista.
Una bella caratteristica
di In-Edito è la vocazione informativa.
Contrariamente a quasi tutte le riviste — in genere
espressione di un gruppo, che tendono a pubblicare ciò
che fa il gruppo, ciò che interessa al gruppo ecc.
— In-Edito disinteressatamente informa su di
tutto un po’: dispensa indirizzi, segnala siti
Internet, dà succinta notizia di una cinquantina di
concorsi letterari e così via: tutto ciò che può
servire a chi si sta guardando attorno (anche se non è
proprio vero che i concorsi siano un «trampolino di
lancio, un modo per farsi conoscere dalle case editrici e
dal grande pubblico»: questo vale solo per pochi e
combattutissimi premi). Nel complesso, In-Edito è
una buona rivista, anche se non del tutto esente dalla
dannosa retorica del «siamo tutti scrittori». Ma in
somma, fa piacere leggerla. Da notare la particolare
accuratezza della parte iconografica.
Dove si trova In-Edito.
La redazione si riunisce tutti i lunedì sera al Cafè
Liber di Torino in via Barbaroux 25 (011-531679). Per
corrispondere: E-mail scrivere{Sostituisci con chiocciola}mbox.vol.it, oppure contattare i coordinatori
della rivista: Agnese Bertello 011-6687283, Emilia
Blanchetti 011-9084181, Andrea Clapero 0330-601741. A
Torino In-Edito si trova in libreria, altrimenti
bisogna abbonarsi utilizzando il ccp 36908101 intestato
ad Agnese Bertello, Torino: ricordarsi di indicare la
causale del versamento. Due le formule di abbonamento: Writers,
L. 50.000, che dà diritto a sei numeri e inoltre a sei
schede di lettura di altrettanti racconti (oppure una
scheda di lettura di un romanzo); Classic, L.
18.000, che dà diritto a sei numeri.
![[riga]](../img/riga01.jpg) ![[su]](../img/su.jpg)
Riviste.
CorRispondenze, bimestrale di poesia
e letteratura, a. 2, n. 1, pp. 46, L. 5.000
Ha una bellissima copertina (con un disegno
di Stefano Marotta) il numero di maggio-giugno 1996 (non
siamo riusciti a trovarne uno successivo) della rivista CorRispondenze,
sottotitolo: lingue poetiche; e anche
l’interno, benché supereconomico, è graficamente
ben fatto. Sarà una sciocchezza, ma per una rivista la
presentazione grafica è anche più importante che per un
libro: accade raramente che una rivista graficamente
orribile contenga poi buoni testi; di solito la
semi-nudità promette bene, e così è per CorRispondenze.
Altra cosa da notare: CorRispondenze si fa a
Pasian di Prato, in provincia di Udine, ed è in stretti
rapporti con La Battana, rivista di cultura delle
comunità italiane «d’oltre cortina» (come si
sarebbe detto una volta), ossia in Slovenia e Croazia:
tra CorRispondenze e Battana vi è «una
comune volontà di contribuire ad un confronto tra
differenti territori di scrittura», da cui consegue «il
tentativo di costruire una vasta rete di sentieri di
interscambio culturale».
In questo numero possiamo
segnalare le poesie dell’istriana Loredana Bogliun
(offerte anche nella versione inglese di Renato Alfresco)
e soprattutto quelle del danese Niels Hav (tradotte in
italiano da Carlo Gulmini), mentre non ci convincono
quelle di Roberto Russo (presentato da Maurizio
Benedetti). Gli interventi saggistici ci hanno lasciati
un po’ perplessi e forse sono semplicemente troppo
brevi. Tre pagine di Remo Faccani sulla rima assonante in
Pasternàk sono senz’altro interessanti, ma il
lettore non specialista avrebbe forse avuto bisogno di
qualche spiegazione in più; le «Considerazioni su
moderno e postmoderno» (dal punto di vista della storia
e teoria dei generi) di Ulrich Schulz-Buschhaus sono
molto interessanti, ma perché pubblicare il testo in due
puntate? (CorRispondenze di ottobre, numero
successivo a quello recensito, dovrebbe contenere tra
l’altro: il seguito del saggio di Schulz-Buschhaus,
alcune traduzioni di Remo Faccani da
Mandel’Štam, e un «confronto sulla narrativa pulp
italiana»).
CorRispondenze, via
Roma 36, 33037 Pasian di Prato (Ud), 0432-691181, fax
0432-45459. In redazione: Michele Russo (responsabile),
Stefano Padoan (coordinatore editoriale), Roberto Russo,
Manuela Battistutta, Maurizio Benedetti, Carlo Gulmini,
Debora Vogrig, Charles Ward (sezione poesia), Alessandro
Tavano, Sergio Beltrame, Stefano Magni, Alessia Meacci,
Alberto Rochira (sezione narrativa).
![[riga]](../img/riga01.jpg) ![[su]](../img/su.jpg)
Riviste.
Cambio 17, bimestrale di racconti,
a. iv, n. 1, pp. 66, L. 6.000
E’
esemplare il testo che compare nella quarta di copertina
di questa rivista-libro: «Scrivere è facile, scrivere
bene un po’ meno e forse ci sono più scrittori che
lettori. Cambio è una iniziativa editoriale che
offre ai nuovi autori l’occasione di avere un
pubblico qualificato. C’è in Italia uno sconosciuto
grande romanziere? Cambio lo sta cercando. Questo
è il vero palco libero dei narratori della nuova
generazione. L’occasione di presentarsi senza
mediazioni. L’opportunità di confrontarsi con il
lettore senza compromessi. Un viaggio nella professione
di scrittore in compagnia di altri autori.» Direi che:
se c’è un limite al peggio nella retorica trash
del siamo-tutti-scrittori, questo testo varca questo
limite. Così che fa ancora più fastidio trovare in
queste sessantasei paginette una gruppo di racconti
pretenziosi, tutto fuorché originali, e pieni di sbagli
banali. Si salva, e di parecchio, solo «Il circo e il
vento» di Mauro Ceresoli: non è un bel racconto, ma ha
alcune belle movenze, certe frasi che fanno sentire la
presenza di un (potenziale) narratore vero: «Mi sveglio
con una mano sul suo seno. / Sto attento a non muovermi
per non togliere il calore dal mio palmo. / (...) Alzo il
ricevitore, nessuno. / E’ la sveglia. / Resto così,
a braccia aperte per qualche secondo. / Mi
riaddormento.» O più in là: «Ha un modo di non
parlare di sé che mi irrita.» Ci sono frasi di una
secchezza esemplare. Ma un racconto quasi riuscito non
basta: Cambio non sembra in grado di selezionare
buoni testi e non vale le seimila lire costa. E, tra
l’altro, la testata è copiata da una ben più
importante rivista (spagnola): Cambio 16.
Per chi è comunque
curioso. Cambio, via Michelangelo 13, 25024
Leno (Bs), tel e fax 030-903.86.55. Direttore: Guido
Telò (Guido_Telo’{Sostituisci con chiocciola}rcn.inet.it). Abbonamento
annuale: L. 30.000 da versare su c/c postale n. 11766250
intestato a Tecla srl, specificando la causale.
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