LETTURE&SCRITTURE a cura di Giulio Mozzi - Aprile 1997 | |
Non solo
libri (II
parte) AVVISO AI NAVIGANTI. Gli editori che volessero proporre volumi o riviste per recensione devono inviarli al seguente indirizzo: Nautilus, Ashmultimedia, via Fra' Paolo Sarpi 16, 36100 Vicenza, all'attenzione di Giulio Mozzi.
Beat n. 1. Jack Kerouac, Scrivere bop: lezioni di scrittura creativa, trad. Silvia Ballestra, Mondadori, pp. 84, L. 9.000 In questo libro già piccolo (e che costa 107 lire a facciata) solo le pagine da 11 a 27 corrispondono vagamente a quanto promesso dal titolo: vi si parla di scrittura, benché non siano affatto delle lezioni. In queste pagine, solo quelle da 11 a 16 sono interessanti, le altre sono ripetizioni. Quindi il costo per pagina interessante di questo libro è di lire 562 e rotti. Ciò detto, aggiungiamo che chi avesse voglia di sapere non tanto come è nata la beat generation, quanto come se ne è formata limmagine pubblica, troverà interessante (benché molto ripetitiva) anche la parte del libro successiva a pagina 27. Concludiamo dicendo che questo libretto raccoglie scritti sparsi e che non ci viene data nessuna informazione né sulla loro provenienza, né sulla data di composizione, né sulla loro precedente pubblicazione in lingua originale; sono «scritti per la maggior parte inediti», ci dice la bandella di copertina, e di tanto dobbiamo accontentarci. Rimane il sospetto che qualche burlone della Mondadori se li sia inventati di sana pianta.
A. Cogliendo al volo quella specie di piccola febbre beat che sembra avere invaso lItalia, la Mondadori ha scelto di celebrare il primo anniversario delliniziativa I Miti Poesia (libri di poesia, per lo più antologici, a 3.900 lire) pubblicando un super-Mito da 153 pagine, ben curato e tradotto da Massimo Bocchiola, intitolato Beat Generation. Il libretto (25 lire a pagina) presenta (nel solo testo tradotto) tutti i poeti «obbligatori» (Ginsberg, Kerouac, Ferlinghetti ecc.) più alcuni testi di autori non noti e consacrati in Italia, soprattutto donne: Anne Waldman, La Loca ecc. Unoperazione lodevole; peccato che la struttura di collana dei Miti impedisca di aggiungere ai testi il benché minimo apparato (magari una biobibliografia di cinque righe per ciascun autore...). Adesso cè solo da sperare che prima o poi si stampi un mito con tutto lUrlo di Ginsberg. B. Feltrinelli ha nel frattempo ristampato la classica antologia con testo a fronte di Fernanda Pivano, Poesia degli ultimi americani (pp. 374, L. 18.000, 48 lire a pagina senza contare il foglio sciolto e ripiegato con The Bomb di Gregory Corso), pubblicata per la prima volta nel 1964. Nessun aggiornamento nei testi per questa ristampa, ma solo nella bibliografia (che peraltro non dà conto delle traduzioni italiane); benché qualcosa sia cambiato anche nel costume italiano, dal 1964 ad oggi, rimangono i curiosi simboletti che sostituiscono, nella versione italiana, parole come fuck, sperm, vagina, crotch ecc. Un libro da possedere, soprattutto perché ritrae la beat generation nel pieno del suo splendore. C. Costa solo 13 lire a pagina ledizione integrale (con testo a fronte) di Mexico City Blues di Jack Kerouac (ed. Grandi Tascabili Economici Newton, pp. 301, L. 3.900) curato da Carla Coppola e Paola Fanzeco e tradotto dalle stesse (tranne che per un quinto circa del testo, tradotto da Carlo A. Corsi in J.K. Refrain, Guanda 1977, e qui riutilizzato). A leggerlo da cima a fondo ci si convince che il modo ideale per leggere i poeti beat (eccezion fatta per Ginsberg) sono proprio le antologie. Checché ne dica Ginsberg («unopera di genio continuato», leggiamo nella quarta di copertina) questo è un libro complessivamente verboso e noioso con molte (molte, è vero) cose interessanti dentro. Aggettivazione accumulata, iterazioni e ripetizioni a tutto spiano, abbondanza di termini astratti, onomatopee ecc. ci portano allesasperazione verso pagina 63 («Mexico City Bop / I got the huck bop / I got the floogle mock / I got the thiri chiribim / bitchy bitchy bitchy / batch batch»). Bisogna dire che litaliano con la sua sovrabbondanza sillabica è probabilmente la lingua più impraticabile per questo genere di poesia, e ci pare che la terna traducente faccia il possibile nella direzione di «consentire un approccio a questa poesia che presentasse il minimo di difficoltà per il lettore italiano» (p. 9): con la scelta, a suo modo coraggiosa, di rinunciare ogni tanto a tradurre. D. Sempre nei Grandi Tascabili Economici Newton, ecco Questi sono i miei fiumi, di Lawrence Ferlinghetti (a cura di Massimo Bacigalupo, traduzione di Lucia Cucciarelli, testo a fronte, pp. 416, L. 5.900, 14 a pagina), unantologia di quasi quarantanni di produzione poetica realizzata dallo stesso Ferlinghetti. (Ricordiamo che, di Ferlinghetti, Lucia Cucciarelli aveva già egregiamente tradotte le Scene italiane, curate da Fernanda Pivano, pubblicate da minimum fax nel 1995.) Il titolo del volume è un notissimo verso di Ungaretti (da «I fiumi», in LAllegria): verso Ungaretti, così come verso molta poesia modernista europea, Ferlinghetti ha sempre dichiarato e dimostrato autentica venerazione. Libraio ed editore prima che poeta (con il marchio City Light ha pubblicato tutti i suoi amici beat), ed oltre a ciò anche traduttore (Baudelaire, Pasolini) e pittore, Ferlinghetti è stato sempre messo un po in ombra (in Italia, almeno) dai più conosciuti Ginsberg e Kerouac: messa in ombra tuttaltro che meritata, poiché Questi sono i miei fiumi è senzaltro un grande libro di poesia. Ottima lintroduzione di Bacigalupo, utili le dettagliate cronologia e bibliografia.
Fernanda Pivano, classe 1917, da un po di tempo sta raccogliendo in volumi i suoi numerosissimi scritti sparsi e sparpagliati, o ristampando con significative integrazioni i suoi libri degli anni passati. Questo Album americano ha nella sovraccoperta una bellissima foto (di Ettore Sottsass) di Pivano che intervista Jack Kerouac: è il 1966, Pivano ha una maglietta a righe e la gonna corta, Kerouac ha la camicia a quadri e la giacca da private eye, e in primo piano cè un bellissimo posacenere in design italo-spaziale che basterebbe da solo a datare tutta la scena. E in effetti, in barba al sottotitolo che recita: Dalla generazione perduta agli scrittori della realtà virtuale, è sempre il periodo doro della beat generation al centro dellinteresse di Pivano: dove non è direttamente oggetto del discorso, si propone sempre come termine di confronto. Ciò che fa più impressione nel leggere gli scritti di Pivano, è il continuo cortocircuito tra lavoro propriamente critico e racconto di unepoca: giustamente il primo pezzo, dedicato a Hemingway, comincia: «Quelli di noi che hanno avuto il privilegio di conoscere e frequentare Ernest Hemingway...», mentre lultimo si chiude con limmagine di Allen Ginsberg invitato, nel 1979, a leggere (o recitare) le sue poesie a Castelporziano, in quellevento semispontaneo che è rimasto nella memoria collettiva come il canto del cigno del tentativo di abbraccio tra la cultura alternativa e i movimenti di protesta in Italia. Pivano cera: cera ovunque e per quasi mezzo secolo ha continuato a raccontare, presentare, tradurre, con una dedizione e una voracità che non hanno confronti. Venendo ai testi: nella prima sezione, intitolata nientemeno che «Gli eroi», Pivano raccoglie interventi su Hemingway, Fitzgerald, Kerouac, Ferlinghetti, nonché alcuni curiosi (nel senso forte della parola) saggi sulle «Pornzines», su «La tradizione omosessuale nella letteratura americana», sulla «Cultura hip-hop» e così via. La seconda parte, «Le esperienze», riunisce pezzi più brevi dedicati, oltre agli inevitabili beatnik, ad autori come Richard Ford, Toni Morrison, Erica Jong, Tama Janowitz, Jay McInerney, Grace Paley. La terza parte, intrepidamente intitolata «Linizio», propone tre interventi (del 48, del 56 e dell83) su «La letteratura americana in Italia», interessante cronistoria della ricezione nel nostro paese di ciò che è avvenuto oltreoceano durante qualche decennio. Il tutto scritto con quella capacità di racconto che Pivano possiede in misura (e modalità) straordinaria, e che lei nella prefazione definisce freddamente «metodo sociobiografico»; ma nella stessa pagina le scappa, inavvertitamente, una definizione molto più appropriata: eccovi in questo libro, dice Pivano, alcune delle mie «centinaia di dichiarazioni damore».
E simpatico e abbastanza senza pretese (è lesser senza pretese che lo rende simpatico) questo artigianale Fernandel, fatto in casa e stampato su carta azzurrina. Ci sono delle cose interessanti, come «Villa Baruzziana», un racconto tuttaltro che brutto di Francesca Mazzucato (autrice tra laltro di Hot Line, Einaudi), forse un po prolisso ma tuttavia vincente nella difficile sfida di riempire quattro pagine formato A4 senza mai mettere un punto fermo. La prolissità è ancora ciò che quasi ammazza il racconto «Separazioni e congiunzioni» di Ugo Miccoli (e in questo numero cè solo una prima puntata!), peraltro costruito su idee e sensazioni non banali. Un po rigidi i dialoghi in «La morte arriva alle cinque emmezzo» di Stefano Fabbri. Buono, nella sua secchezza, «Flash» di Cettina Calabrò: in una sola pagina (scarsa) cè una quantità di immagini, un personaggio presentato compiutamente sia pure per allusioni, abbondanza di sensazioni, un finale aperto ma (una volta tanto) giustamente aperto. Sensato leditoriale di Giorgio Pozzi che, nel presentare i racconti pubblicati, parla di «unattenzione dolorosa nei confronti della realtà, una realtà in senso generico che si specifica via via, calandosi nella dimensione del racconto». Non sapremmo che dire delle poesie del ventunenne Timm Haag, se non che esibiscono una competenza metrica ammirevole (in particolare per una persona che, ci par di capire, non ha litaliano come lingua materna), mentre ci pare orribile come un errore da non ripetere la poesiola «La Creazione» di Giovanni Fanni: se la parodia è accettabile, limitazione della parodia (la celebre canzone di Guccini) non lo è per nulla. Solo su abbonamento. Versando L. 30.000 sul c/c postale 11859485, intestato a Fernandel, via Col di Lana 23, 48100 Ravenna, si riceveranno sei numeri della rivista. Fernandel è curato e realizzato da Giorgio Pozzi.
E piuttosto agguerrita (oltre che piuttosto torinese) la nuova rivista In-Edito, che si apre con unintervista ad Alessandro Barbero (vincitore del premio Strega 1996 con Bella vita e guerre altrui di mister Pyle gentiluomo, Mondadori) e si conclude con una sorta di post-editoriale perentoriamente titolato «Non siamo cannibali». E piuttosto agguerrita anche perché, nonostante contenga un pezzo (di Andrea Clapero, «Corsi o percorsi?») che sbeffeggia le scuole di scrittura creativa (a Torino cè lingombrantissima Holden, ricordiamo) si configura come una vera e propria rivista di scrittura creativa (molto più interessante della più ricca e più ambigua Storie). Andiamo con ordine. In questo numero (e in ogni numero futuro, par di capire) cè un certo numero di pagine (sotto il titolo: «Per capire cosa fare») dedicate allanalisi di testi: un racconto di Vittorio G. Rossi («Un guasto») e un manipolo di testi ripresi dalla biblioteca di «Fabula», un sito Internet (http://www.fabula.it, staff{Sostituisci con chiocciola}fabula.it, oppure tel/fax 02-58301777) nel quale è possibile a chiunque «depositare» i propri testi. Non si tratta di un «furto» (sarebbe piuttosto scorretto, per letica di Internet, riprendere testi disponibili gratuitamente e pubblicarli a pagamento) perché la redazione di In-Edito correda questi testi di un commento tecnico non particolarmente tecnicistico ma in genere ben fatto, leggibile e utile. In sostanza sembra che In-Edito cerchi di riprodurre in rivista ciò che avviene sostanzialmente in tutti i corsi di scrittura di questo mondo: nei quali si leggono e si commentano serratamente i testi dei partecipanti. La rivista poi ospita racconti di una certa lunghezza (in questo numero, quasi tutti dei redattori: discreti, ma niente di esaltante), più segnalazioni bibliografiche, più noterelle di varia umanità: tutto ciò che serve a fare una rivista. Una bella caratteristica di In-Edito è la vocazione informativa. Contrariamente a quasi tutte le riviste in genere espressione di un gruppo, che tendono a pubblicare ciò che fa il gruppo, ciò che interessa al gruppo ecc. In-Edito disinteressatamente informa su di tutto un po: dispensa indirizzi, segnala siti Internet, dà succinta notizia di una cinquantina di concorsi letterari e così via: tutto ciò che può servire a chi si sta guardando attorno (anche se non è proprio vero che i concorsi siano un «trampolino di lancio, un modo per farsi conoscere dalle case editrici e dal grande pubblico»: questo vale solo per pochi e combattutissimi premi). Nel complesso, In-Edito è una buona rivista, anche se non del tutto esente dalla dannosa retorica del «siamo tutti scrittori». Ma in somma, fa piacere leggerla. Da notare la particolare accuratezza della parte iconografica. Dove si trova In-Edito. La redazione si riunisce tutti i lunedì sera al Cafè Liber di Torino in via Barbaroux 25 (011-531679). Per corrispondere: E-mail scrivere{Sostituisci con chiocciola}mbox.vol.it, oppure contattare i coordinatori della rivista: Agnese Bertello 011-6687283, Emilia Blanchetti 011-9084181, Andrea Clapero 0330-601741. A Torino In-Edito si trova in libreria, altrimenti bisogna abbonarsi utilizzando il ccp 36908101 intestato ad Agnese Bertello, Torino: ricordarsi di indicare la causale del versamento. Due le formule di abbonamento: Writers, L. 50.000, che dà diritto a sei numeri e inoltre a sei schede di lettura di altrettanti racconti (oppure una scheda di lettura di un romanzo); Classic, L. 18.000, che dà diritto a sei numeri.
Ha una bellissima copertina (con un disegno di Stefano Marotta) il numero di maggio-giugno 1996 (non siamo riusciti a trovarne uno successivo) della rivista CorRispondenze, sottotitolo: lingue poetiche; e anche linterno, benché supereconomico, è graficamente ben fatto. Sarà una sciocchezza, ma per una rivista la presentazione grafica è anche più importante che per un libro: accade raramente che una rivista graficamente orribile contenga poi buoni testi; di solito la semi-nudità promette bene, e così è per CorRispondenze. Altra cosa da notare: CorRispondenze si fa a Pasian di Prato, in provincia di Udine, ed è in stretti rapporti con La Battana, rivista di cultura delle comunità italiane «doltre cortina» (come si sarebbe detto una volta), ossia in Slovenia e Croazia: tra CorRispondenze e Battana vi è «una comune volontà di contribuire ad un confronto tra differenti territori di scrittura», da cui consegue «il tentativo di costruire una vasta rete di sentieri di interscambio culturale». In questo numero possiamo segnalare le poesie dellistriana Loredana Bogliun (offerte anche nella versione inglese di Renato Alfresco) e soprattutto quelle del danese Niels Hav (tradotte in italiano da Carlo Gulmini), mentre non ci convincono quelle di Roberto Russo (presentato da Maurizio Benedetti). Gli interventi saggistici ci hanno lasciati un po perplessi e forse sono semplicemente troppo brevi. Tre pagine di Remo Faccani sulla rima assonante in Pasternàk sono senzaltro interessanti, ma il lettore non specialista avrebbe forse avuto bisogno di qualche spiegazione in più; le «Considerazioni su moderno e postmoderno» (dal punto di vista della storia e teoria dei generi) di Ulrich Schulz-Buschhaus sono molto interessanti, ma perché pubblicare il testo in due puntate? (CorRispondenze di ottobre, numero successivo a quello recensito, dovrebbe contenere tra laltro: il seguito del saggio di Schulz-Buschhaus, alcune traduzioni di Remo Faccani da Mandeltam, e un «confronto sulla narrativa pulp italiana»). CorRispondenze, via
Roma 36, 33037 Pasian di Prato (Ud), 0432-691181, fax
0432-45459. In redazione: Michele Russo (responsabile),
Stefano Padoan (coordinatore editoriale), Roberto Russo,
Manuela Battistutta, Maurizio Benedetti, Carlo Gulmini,
Debora Vogrig, Charles Ward (sezione poesia), Alessandro
Tavano, Sergio Beltrame, Stefano Magni, Alessia Meacci,
Alberto Rochira (sezione narrativa). Riviste. Cambio 17, bimestrale di racconti, a. iv, n. 1, pp. 66, L. 6.000 E esemplare il testo che compare nella quarta di copertina di questa rivista-libro: «Scrivere è facile, scrivere bene un po meno e forse ci sono più scrittori che lettori. Cambio è una iniziativa editoriale che offre ai nuovi autori loccasione di avere un pubblico qualificato. Cè in Italia uno sconosciuto grande romanziere? Cambio lo sta cercando. Questo è il vero palco libero dei narratori della nuova generazione. Loccasione di presentarsi senza mediazioni. Lopportunità di confrontarsi con il lettore senza compromessi. Un viaggio nella professione di scrittore in compagnia di altri autori.» Direi che: se cè un limite al peggio nella retorica trash del siamo-tutti-scrittori, questo testo varca questo limite. Così che fa ancora più fastidio trovare in queste sessantasei paginette una gruppo di racconti pretenziosi, tutto fuorché originali, e pieni di sbagli banali. Si salva, e di parecchio, solo «Il circo e il vento» di Mauro Ceresoli: non è un bel racconto, ma ha alcune belle movenze, certe frasi che fanno sentire la presenza di un (potenziale) narratore vero: «Mi sveglio con una mano sul suo seno. / Sto attento a non muovermi per non togliere il calore dal mio palmo. / (...) Alzo il ricevitore, nessuno. / E la sveglia. / Resto così, a braccia aperte per qualche secondo. / Mi riaddormento.» O più in là: «Ha un modo di non parlare di sé che mi irrita.» Ci sono frasi di una secchezza esemplare. Ma un racconto quasi riuscito non basta: Cambio non sembra in grado di selezionare buoni testi e non vale le seimila lire costa. E, tra laltro, la testata è copiata da una ben più importante rivista (spagnola): Cambio 16. Per chi è comunque curioso. Cambio, via Michelangelo 13, 25024 Leno (Bs), tel e fax 030-903.86.55. Direttore: Guido Telò (Guido_Telo{Sostituisci con chiocciola}rcn.inet.it). Abbonamento annuale: L. 30.000 da versare su c/c postale n. 11766250 intestato a Tecla srl, specificando la causale. |