Michael Pacher e la sua cerchia. Un artista
tirolese nell'Europa del Quattrocento. 1498-1998, catalogo della mostra, Abbazia
agostiniana di Novacella, 25 luglio-31 ottobre 1998, Bolzano-Novacella 1998, 329 pp.
Cinquecento
anni fa, nell'estate del 1498, moriva il pittore e scultore pusterese Michael Pacher, che
dopo secoli di oblio fu riscoperto e valorizzato dagli storici dell'arte del secondo
Ottocento, e giustamente collocato dalla critica di questo secolo ai vertici della
produzione artistica di ceppo tedesco, fra i pi importanti anticipatori di Dürer,
accanto a Martin Schongauer. Sintesi della sua opera pittorica e plastica sono i
meravigliosi altari da lui creati in area alpina e transalpina, fra i quali forse il
pi impressionante È quello dei Padri della Chiesa (Alte Pinakothek, Monaco di
Baviera), anche se l'opera che eleva Pacher al rango di artista europeo È probabilmente
il grandioso Altare di St. Wolfgang (nell'Alta Austria), da lui interamente scolpito e
dipinto, recentemente riportato agli antichi splendori da un minuzioso restauro. Come
osserva Artur Rosenauer in uno dei saggi principali del catalogo, la vera conquista di
Pacher È nella compenetrazione di figure e spazio, dove quest'ultimo preesiste agli
oggetti e assegna a ciascuno una collocazione ben definita, non diversamente da quanto
avviene in Donatello, e tuttavia senza che il modello venga riprodotto alla lettera,
bensì adattato alle diverse esigenze artistiche. é quindi difficile ricostruire gli
influssi subiti da Pacher, dopo che questi sono stati liberamente rielaborati e
trasfigurati dall'artista.
Per celebrare il quinto centenario della morte, la regione Alto Adige ha
avviato numerose manifestazioni culturali, fra le quali spiccano la mostra ®Michael
Pacher e la sua cerchia. Un artista tirolese nell'Europa del Quattrocento¯ - di cui
presentiamo l'omonimo catalogo - aperta nell'abbazia di Novacella fino al 26 settembre;
nonché il convegno scientifico che si terrà a Brunico nei giorni conclusivi
dell'esposizione (24-26 settembre).
I principali pregi dell'operazione sono soprattutto due:
1) la ripresa dello studio e della divulgazione dell'opera
pacheriana, che ha conosciuto due grandi momenti, negli anni '30 con gli studi
fondamentali di Pcht, Hempel e Salvini, e negli anni '40-'60 grazie all'impegno
appassionato di studiosi come Nicolò Rasmo e Vincenz Oberhammer, al primo dei quali
dobbiamo la mostra di Bolzano del 1948, oltre a numerosi studi specifici e una monografia
fondamentale su Pacher (1969), mentre a Oberhammer spetta il merito di aver organizzato
l'ultima ormai remota esposizione pacheriana di Innsbruck nel 1950;
2) l'aver riunito in una sola sede opere sparse e smembrate, non
solo di Michal Pacher (rilievi per l'altare di Gries, di St. Wolfgang, di San Lorenzo e
per la parrocchiale di Salisburgo), ma anche di artisti a lui vicini, come il Maestro di
Uttenheim e Friedrich Pacher (in passato confusi con lo stesso Michael), consentendo così
da un lato di mettere a confronto le diverse mani, dall'altro di tentare una ricostruzione
stilistica cronologica e delle influenze ricevute dall'artista, ovvero di affrontare il
vero punto dolente della critica a proposito di Michael Pacher: l'assenza di materiale
documentario che consenta di ricostruire esattamente dove e come egli venne a contatto con
le innegabili influenze italiane e fiamminghe che seppe fondere con mirabile genio - unico
nel suo secolo - in una autentica sintesi che riepiloga in s per la prima volta
tutti i linguaggi dell'arte europea. Da questo punto di vista gli studiosi pongono a turno
l'accento su tre possibili centri di formazione della personale cifra figurativa
pacheriana: la bottega di Nicolaus Gerhaert a Vienna, la Padova del Mantegna, la Corte
Estense a Ferrara, dove era possibile incontrare oltre alle esperienze italiane, anche lo
stile dei fiamminghi che vi soggiornarono.
Di
fronte alle difficoltà qui appena accennate, giustamente la mostra e il catalogo dipanano
le diverse questioni legate alla figura e all'opera di Michael Pacher, recuperandone
anzitutto una contestualizzazione in seno alla società del suo tempo in Tirolo
(1450-1500), mostrando quindi il suo ruolo nell'arte europea, anche grazie all'esame della
®fortuna¯ critica italiana e tedesca di questo artista, non dimenticando di segnalare
come, soprattutto a partire dagli anni Ottanta del nostro secolo, vi sia stato un
crescente interesse per l'analisi tecnico-strutturale dei suoi altari e portelle.
Completano il catalogo un regesto documentario e schede tecniche piuttosto articolate, che
muovono dall'indagine sull'arte tirolese prima di Pacher, per analizzare, oltre alle già
ben note opere dell'artista, anche quelle della sua cerchia e dei suoi epigoni.
Dedicato non solo agli studiosi, ma anche agli appassionati, con le
sue preziose illustrazioni e con i saggi storico-critici che accoglie, il catalogo non
mancherà di accompagnare alla scoperta di un grande artista troppo spesso trascurato, e
costituirà un'utile base di partenza per aggiungere nuove tessere al delicato mosaico
della ricostruzione critica dell'iter pacheriano e delle influenze che emergono da questo.
Elena Filippi