Cyberrussia (5)
Appunti quotidiani via web da
S.Pietroburgo
San Pietroburgo, 23 giugno 1999 Pare che qui ci sia ancora qualcuno che si ostina a chiamare la propria
città non San Pietroburgo ma ancora Leningrado. Li considerano degli snob. Allora mi ci
metto anch'io fra questi. Leningrado, al di là del significato storico e ideologico, mi
piace di più anche da un punto di vista fonetico. Quel San davanti, poi, suona tanto da
rivincita. Nulla c'entra con la religione. Altri la chiamano solo Pietrogrado che già è
meglio.
Ieri andavamo in giro per negozi. Mentre stavamo entrando in uno ci
ha fermato una ragazza bionda, molto bella, chiedendoci se parlavamo inglese. Al mio sì
ha fatto un gesto come a dire "finalmente". Ci ha mostrato un cartoncino
sgualcito e ci chiesto se volevamo visitare un altro negozio, simile a quello che stavamo
per andare a visitare. Era con un ragazzo un po' malmesso, la solita bottiglietta di acqua
fra le mani, i denti marci. Io gli ho dato un'occhiata e lei ha detto: "Don't worry,
he is my husband". Ho pensato fossero una coppia un po' squilibrata, scombinata, ma
lei ispirava fiducia. Le abbiamo detto che dovevamo andare a vedere questo negozio qui e
non il suo, ma lei, franca, ha replicato con un convincente "per favore, altrimenti
perdo la commissione. Poi dentro voi non siete obbligati a comperare". Ha aggiunto
che potevamo pure andare a vedere il nostro e che lei ci avrebbe aspettato là fuori. Noi
siamo entrati nel cortile, e poi nel negozio, che aveva un'uscita dalla parte opposta
dell'isolato. Per un po' ho pensato cosa fare, mi seccava far perdere la commissione alla
ragazza bionda, ma se lei ispirava fiducia, la faccia di suo marito evocava l'esatto
opposto. Siamo usciti dal lato opposto e mentre varcavo la soglia, ho sperato che la
ragazza bionda ci avesse preceduti e fosse lì, col suo sorriso simpatico, pronta a
riportaci dove in qualche modo le avevamo promesso di farci condurre. Quando ho visto che
non c'era, mi è dispiaciuto.
Questa
mattina, di fronte all'Ermitage, c'era un ragazzo che teneva al guinzaglio un cucciolo
d'orso. Aveva una museruola e sembrava soffrire. Quando una turista ha fatto per
fotografarlo, il ragazzo ha chiesto un dollaro. La turista se n'è andata e io, per un
momento ho pensato che adesso lo avrei fregato io, avrei tenuto la digitale bassa e con lo
zoom lo avrei fotografato. Poi, per rispetto nei confronti dell'orso, ho rinunciato.
Roberto
Ferrucci
Taccuino # 1
(19/06/1999)
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