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redarrowleft.GIF (53 byte) Cinema Settembre 2002


 I film di Settembre 2002

Nessuna notizia da Dio (Sin noticias de Dios) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Victoria Abril, Penelope Cruz, Fanny Ardano, Demien Bichir, Gael Garcia Bernal Sceneggiatura e Regia Augustin Diaz Yanes Anno di Produzione: Spagna 2001 Distribuzione Lucky Red Durata 107’

Accolto favorevolmente allo scorso Festival di Cannes ecco il film piu’ originale del mese: Nessuna notizia da Dio è una pellicola divertente ed intrigante, nata nel punto di incontro tra l’eredità di Frank Capra, le suggestioni di Pulp Fiction e i gusti e le istanze del moderno cinema d’autore europeo. Un amalgama intrigante in cui attraverso una serie di complicate intersezioni tra ambientazioni e colori diversi e contrastanti, viene tessuta la tela di una storia vista e abusata, in cui Diaz Yanes sorprende lo spettatore per il suo eclettismo e la sua astuzia narrativa. L’anno in cui si svolge l’azione è il 2001, un ‘anno terribile’ per le forze del Bene. Gli ultimi dieci anni, infatti, sono stati devastanti per il Paradiso. I suoi dirigenti sono molto preoccupati, poiché nell’ultimo decennio il numero di anime che hanno superato gli esami di ammissione è stato praticamente nullo. Mentre di Dio – che nessuno ha visto – non si hanno praticamente piu’ notizie, e si vocifera che sia stanco, depresso e stufo, all’Inferno ci sono file lunghissime per l’accettazione. La valanga di nuovi clienti – addirittura – sta creando problemi di spazio. Sembra che l’eterna guerra tra Male e Bene sia stata vinta definitivamente dalle forze dei ribelli. Proprio in questo momento tragico, quando anche l’estabilishment dell’alto dei cieli (modellato su Parigi…) sta per perdere ogni speranza, ecco arrivare la preghiera di una madre affinché si interceda per l’anima di suo figlio. Many Chaves, un pugile dal passato turbolento, deve essere quindi salvato ad ogni costo. L’angelo Lola Nevado (Victoria Abril), l’unico politico, che sia mai riuscita ad entrare in Paradiso, facendosi passare per la moglie del boxeur dovrà cercare di redimere la sua anima al Bene.  I servizi informativi dell’Inferno segnalano immediatamente la situazione all’amministratore delegato Davenport che manda sulla Terra uno dei suoi agenti segreti piu’ affidabili ed esperti in materia (Penelope Cruz) che si farà passare per la cugina del pugile. In un modesto appartamento di Madrid e nel supermercato in cui lavorano i due angeli del Paradiso e dell’Inferno si combatte una battaglia che può segnare le sorti dell’umanità, fino ad una scoperta che farà rabbrividire tutti quanti.

Una pellicola in cui filosofia e intrattenimento si incontrano su un terreno carico di possibilità narrative estreme ed allegre. Attenzione, poi, al cameo dell’attore Javier  Bardem.

About a boy {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Hugh Grant – Rachel Weisz Sceneggiatura e Regia Paul & Chris Weitz Anno di produzione UK 2002 Distribuzione UIP Durata 110’

Tratto dall’omonimo romanzo di Nick Hornby e diretto dai fratelli Weitz già registi del fortunatissimo American Pie, About a boy è una sorta di risposta alto borghese, cinica e maschile alla ‘singletudine’ di Bridget Jones. Hugh Grant, infatti, è un nullafacente che non ha mai lavorato in cerca di facili avventure che segue la strategia di stringere relazioni solo con madri singles. Tutto questo fin quando incontra casualmente un ragazzino in cerca di un padre grazie al quale scoprirà non tanto il valore dei sacrifici, quanto piuttosto la gioia della responsabilità e dell’impegno. Animato da un grande humour e con un Hugh Grant che offre quella che può essere considerata la sua interpretazione piu’ matura,  per un personaggio tutt’altro che simpatico, About a boy è un film che colpisce lo spettatore non solo per la sua grande umanità, ma soprattutto per la sua forza espressiva nel descrivere la nostra modernità complicata da famiglie frantumate e schiacciata da un eccessivo disimpegno, senza scadere nel moralismo o nella facile commedia. About a boy è un film interessante che con la sua atmosfera volutamente malinconica, riesce a divertire obbligando lo spettatore a riflettere sulle scelte obbligatorie dell’esistenza, mettendo da parte la retorica.

Peter Pan 2 – Ritorno all’isola che non c’è {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Di Robin Budd & Donovan Cook – Film d’animazione Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Buena Vista Durata 77’

Dopo Cenerentola, La Sirenetta, Pocahontas, Il gobbo di Notre Dame ecco un nuovo seguito di un film Disney di successo, talmente riuscito da passare nelle sale prima di andare nella sua destinazione finale in Dvd. Quello dei sequels ha assunto le caratteristiche di vero e proprio business soltanto negli ultimi tempi, con la progressiva accentuazione dell’aspetto industriale delle produzioni cinematografiche. In questo senso il 2002 è l’anno in cui questa tendenza conquista se possibile la sua consacrazione e pianificazione “definitive”. Harry Potter, Il Signore degli anelli (prima franchise di tre film girata contemporaneamente per abbattere i costi), Guerre Stellari, Star Trek appartengono a serie spesso chiamate più nobilmente “saghe”, realizzate spesso in serie con contratti che legano gli attori per un numero determinato di film con uscite cadenzate dalle regole del marketing e dalle finestre di uscita del Dvd. Ed è per rispondere alla fantasia spesso inconscia di “serializzazione” (proveniente dal ciclo omerico e dalle cronache nordiche) ecco che la Disney Television Animation ha creato una branca chiamata Disney Video Premiere ovvero un progetto speciale che segue in particolare il cinema d’animazione e che si occupa di dare vita nella maniera più creativa possibile a nuove puntate delle avventure dei beniamini del pubblico. Presieduta da David Stainton e da Sharon Morill questa divisione – dopo gli inizi poco riusciti dei seguiti di Aladino – ha maturato uno stile di lavoro che tra il 2002 e il 2003 vedrà realizzati i seguiti di film di successo come Mulan 2, La carica dei 101 2 e – soprattutto – Il libro della giungla 2 (in uscita a Natale 2003), Dumbo 2 e Il re Leone 3 – Hakuna Matata. Se quest’ultimo si può considerare uno spin off ovvero una storia parallela a quella del primo film, Peter Pan 2 punta a raccontare cosa è successo alla piccola Wendy dopo essere tornata dall’isola che non c’è. Un film sulla forza dei sogni anche nei tempi difficili che pur non essendo all’altezza dell’originale ricrea atmosfere forti e intriganti con personaggi smaglianti come Capitano Uncino.  

Men in black 2 {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Tommy Lee Jones – Will Smith – Lara Flynn Boyle Sceneggiatura Robert Gordon e Barry Fanaro Regia Barry Sonnenfeld Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Columbia Durata 82’

Mr.Smith e Mr. Jones sono tornati per un’avventura ancora più iperbolica rispetto alla precedente che, però, mostra di avere maggiore ironia del fortunato originale. Cinque anni dopo, l’agente J è stanco di lavorare in coppia con persone che non riescono proprio a confrontarsi in maniera adeguata con gli alieni rompiscatole che popolano la terra. Quando una crisi intergalattica minaccia di distruggere il pianeta, si vede costretto a richiamare in servizio K, che venticinque anni prima era riuscito ad evitare che degli alieni disintegrassero la Terra esportandovi le beghe del loro sistema solare. Oggi quegli stessi extraterrestri sono tornati e sono guai per tutti. Con armi più sofisticate e una voglia di divertimento ancora maggiore Will Smith e Tommy Lee Jones tornano nelle uniformi scure dei Men In Black per un film spensierato e con una punta di cinismo cinefilo in più. Diversi i momenti salienti che faranno saltare sulla sedia gli amanti della fantascienza e del cinema che cita se stesso: all’inizio il Peter Graves noto per il ruolo di Jim Phelps della serie televisiva Mission: Impossible è il conduttore di una trasmissione televisiva dedicata ai grandi misteri della storia. Will Smith mentre – nella stessa trasmissione – vede passare un UFO attaccato palesemente con un filo di Nylon esclama: “Sembra un film di Steven Spielberg…” e Spielberg con la sua Amblin è il produttore di MIB2, inoltre è straordinario il cameo di un Michael Jackson sbiancato cui viene più volte rifiutata la richiesta di diventare un Man in Black. Insomma, gli ingredienti di sempre con una regia come quella di Sonnenfeld, reduce dall’esperienza positiva di Bandits, impegnata a non togliere spazio al divertimento con un’attenzione eccessiva agli effetti speciali, per un film che rappresenta uno strano amalgama tra SFX seria, trash, istanze da B-movie e azione da pop corn movie estivo. Una pellicola all’altezza dell’originale e che, forse, alla fine risulta anche migliore per non avere tentato di ripetere i riusciti cliches del primo film e in cui Will Smith e Tommy Lee Jones dimostrano ancora una volta di essere una strana coppia all’altezza di un film leggero, intenso, veloce e divertente. Piacevole soprattutto per chi adora le contaminazioni nel mondo della SFX e che dal primo film è rimasto sedotto dai quattro vermoni alieni amanti dell’alcol, del fumo e del divertimento… 

Blade 2 {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Wesley Snipes – Kris Kristofferson – Ron Perlman Sceneggiatura David S.Goyer Regia Guillermo del Toro Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Eagle Pictures Durata 119’

Meno glamour rispetto all’avventura precedente del granitico ammazzavampiri interpretato da Wesley Snipes, Blade 2 è un film maggiormente incentrato sui combattimenti in una storia dove i succhiasangue di Damaskinos fanno un’alleanza con il loro cacciatore pur di fermare una nuova specie di vampiri che sta sterminando la loro razza. Con la consueta eleganza e lo straordinario carisma che lo contraddistingue, Snipes colpisce duro i suoi avversari ritrovando l’amico Kristofferson morto nel primo film. Il resto fa parte di una trama articolata che esplora non più il territorio del rapporto tra i vampiri mezzosangue e quelli di sangue puro, bensì il confronto con la manipolazione genetica in grado di eliminare i punti deboli degli emuli di Dracula come l’aglio, le pallottole d’argento, l’esposizione alla luce solare. Un’intrigante variazione sul tema dove Snipes vede combattere il suo eroe in duelli ancora più mozzafiato, nascosto dall’impenetrabile protezione di un paio di occhiali da sole che coprono ogni aspettativa ed emozione. Blade 2 è quindi un altro capitolo più sanguinario dell’avventura terrena di questo personaggio dove una maggiore spettacolarità e azione controbilanciano al meglio una trama più fredda, meno scontata e anche meno convincente dell’originale. Spettacolare il confronto tra Snipes e il grande caratterista Ron Perlman che in attesa di vederlo in Star Trek: Nemesis aggiunge  un altro ruolo significativo al suo curriculum dopo il Salvatore de Il nome della Rosa e Johner di Alien Resurrection.

Asterix & Obelix: Missione Cleopatra {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Gerard Depardieu – Christian Clavier – Monica Bellocci Sceneggiatura e Regia Alain Chabat Anno di produzione Francia 2002 Distribuzione Buena Vista Durata 107’ 

Fedelissimo al fumetto originale e molto piu’ divertente del primo film, Asterix e Obelix: Missione Cleopatra è una trasposizione allegra e spensierata del talento visionario e dissacratorio di Rene Goscinny e Albert Uderzo. Affidati alle sapienti mani di Alain Chabat, attore e autore di successo, i personaggi degli irriducibili Galli conquistano una dimensione comica molto diversa e sinceramente migliore rispetto al deprimente Asterix e Obelix contro Cesare diretto da Claude Zidi. Chabat prende il meglio dell’umorismo francese e lo trasforma in un film che grazie ad una buona dose di effetti speciali risulta pienamente aderente non solo allo stile dei fumetti, ma soprattutto al loro spirito dissacratore ed u-cronico. In piu’ Chabat ritaglia per se stesso il ruolo di Giulio Cesare, nemico, ma non troppo dei tre Asterix, Obelix e Panoramix (per non parlar del cane Idefix) arrivati in Egitto per costruire a tempo di record un palazzo per la regina Cleopatra che ha la bellezza e la buffa pronuncia ( sullo schermo questa fa un effetto altezzoso pienamente riuscito) di Monica Bellucci. Una pellicola allegra e divertente che potrà essere apprezzata anche da coloro che non conoscevano in pieno i fumetti dei Galli piu’ famosi del mondo.

Lilo & Stitch {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Film d’animazione – di Chris Sanders & Dean Debois Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Buena Vista Durata 90’ 

La sua sceneggiatura è abbastanza semplice con un andamento che ricorda un misto tra tanti dei migliori film di fantascienza del passato. Con in più la messa in mostra – un passo notevole per la Disney – della storia difficile di una bambina che si sente "sola" dopo la morte dei genitori e non riesce ad inserirsi nel contesto delle sue amicizie.

Un film d'animazione solo in apparenza semplice che piace per il suo andare al cuore di una narrazione commovente in cui lo spettatore sente di avere a che fare con la vita di una bambina tutt'altro che perfettina, sofferente per la morte della sua mamma e del suo papà, ma - soprattutto - vittima di un mondo tutt'altro che gentile. Un'equilibrata mescolanza di realtà e fantascienza, per una favola moderna che sebbene non intensa come i classici Disney anche del recente passato, risulta - comunque - perfettamente godibile da un pubblico di adulti e bambini alla ricerca dei loro sogni, magari in compagnia di un amico cattivello esattamente come Stitch.

Zoolander {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Ben Stiller – Owen Wilson – Jon Voight Sceneggiatura e Regia Ben Stiller Anno di produzione USA 2001 Distribuzione UIP Durata 100’ 

Un terribile complotto sconvolge il mondo fatuo del modello Derek Zoolander (Stiller), già distrutto per avere perso il premio di migliore modello dell’anno nei confronti del nuovo indossato Hansel (Owen Wilson), l'elegante rivale. Posto di fronte alla terribile evidenza di non essere più il numero uno, Derek cerca uno scopo nella vita e, ritornando alle sue radici meridionali, si trasferisce nel New Jersey per lavorare in una miniera di carbone insieme al padre e ai fratelli. Ma il padre (Jon Voight), che è un operaio, non si dimostra affatto felice di vederlo perché si vergogna della professione poco virile scelta dal figlio. Respinto dai suoi familiari, Derek fa ritorno a Manhattan, dove l'onnipresenza di Hansel gli risulta insopportabile. Le due star si lanciano dunque in uno scontro a colpi di passerella che, nato allo scopo di stabilire una volta per tutte chi dei due sia il migliore, finirà col far nascere tra i modelli un sentimento di rispetto reciproco. Con uno stile da videoclip, come si conviene ad una pellicola che vuole essere specchio fedele del mondo della moda che proprio di spot e di video si nutre, una serie di attori di grosso calibro (alla fine sprecati) e un'idea portante abbastanza divertente fallisce nel risultare del tutto convincente per colpa di una spiacevole pervicacia nel volere sottolineare gli aspetti umoristici delle situazioni raccontate, indugiando su quello che, invece, comico non lo è affatto. Un po' come le barzellette che si vogliono spiegare a tutti i costi.

Certo, c'è il cameo di David Duchovny nei panni di un modello del passato impegnato a risolvere misteriosi complotti che - di per sé - vale tutto il film, ma stupisce che un umorista e un comico come Ben Stiller non si sia accorto della pochezza della sceneggiatura rispetto ad una pellicola che visivamente e tecnicamente davvero interessante.

Un vero peccato: da piccolo divertissment innocuo poteva diventare davvero un grande film. Sarebbe bastato dotarlo di una sceneggiatura adeguata allo stile visivo. 

Resident Evil {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Milla Jovovich – Michelle Rodriguez Sceneggiatura e Regia Paul Anderson Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Columbia TriStar Durata 100’ 

E’ vero che il soggetto è un videogioco come Resident Evil, ma è anche altrettanto vero che era lecito attendersi qualche sforzo narrativo in più rispetto all’ennesima riproposta del virus letale che trasforma gli uomini in Zombies. Romero e Dario Argento avevano già spremuto questo materiale a sufficienza e non servono né la bellezza straordinaria della Jovovich, né tantomeno iniezioni (peraltro giuste) di filosofia No Global per trarre nuova linfa da un tema abusato. Sebbene il regista Paul Anderson sia già al lavoro sul seguito intitolato significativamente Nemesis questo film perde valore quando teme di essere originale.

Inferiore a Tomb Raider per quello che riguarda soprattutto la regia, risulta più interessante sotto il profilo della sceneggiatura quando la mancanza di memoria dei due protagonisti principali apre spazi considerevoli all’imprevisto e al tradimento.

Girato in Germania, con una fotografia spenta, con un montaggio ritmato dalla musica di Marilyn Manson, Resident Evil pecca nella sua mancanza di coraggio, nella sua non capacità di osare un tantino in più rispetto ad un canovaccio che sembra un incrocio tra L’avventura del Poseidon, Zombie, Cube e Andromeda.  

Scooby Doo {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Freddie Prinze Jr. – Matthew Lillard – Linda Cardellini – Sarah Michelle Gellar Sceneggiatura James Gunn Regia Raja Gosnell Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Warner Bros. Durata 100’ 

Il cane è realizzato in grafica CGI, ma il resto è reale, o almeno sembra tale. Dopo I Fiinstones prodotti da Steven Spielberg ecco un altro film tratto da una serie di cartoni animati che proprio in virtù della tecnologia riesce a risultare identica all’originale. I personaggi creati da Hanna & Barbera rivivono dunque in un’avventura collocata in una “timeline” posteriore ai cartoni animati in cui il famoso gruppo di giovani investigatori privati si divide in seguito a divergenze creative. Due anni dopo, però, i quattro amici più il caro vecchio Scooby Doo si ritrovano insieme casualmente in un parco di divertimenti collocato su un’isola. Lì, con Rowan Atkinson nei panni di un ambiguo direttore delle attrazioni locali, indagano su un mistero che – come al solito – si rivela intricato e pericoloso.

Fedelissimo alla serie animata, lo Scooby Doo del 2002 fa qualche concessione alla modernità: Sarah Michelle Gellar mette a frutto l’esperienza di ammazzavampiri maturata con la serie di Buffy per rifilare più di un calcio negli stinchi ai cattivoni di turno, aggiornando così il personaggio di Daphne ad una sensibilità femminile più moderna stile Charlie’s angels e Lara Croft. Un divertissment riuscito e gradevole, nonostante gli intenti squisitamente commerciali.

Shaft {Sostituisci con chiocciola}

Samuel L.Jackson – Toni Collette – Busta Rhymes – Christian Bale Sceneggiatura e Regia John Singleton Anno di produzione USA 2001 Distribuzione 01 Durata 100’ 

Nonostante il cameo di Richard Roundtree, lo Shaft del film di trent’anni fa nei panni dello zio dell’attuale John Shaft interpretato dal carismatico Samuel L.Jackson, questa versione che il regista John Singleton ha voluto costruire sul poliziotto nero creato dalla penna di Ernest Tidyman sembra essere pesantemente retrò, appannata da un tono da fumetto fatale al godimento del film. Tra sparatorie false che appaiono estrapolate da un telefilm di Starsky & Hutch e un andamento tra il razzismo e il giustizialismo davvero poco credibile, la sceneggiatura del film si snoda seguendo il filo di inseguimenti, tradimenti e colpi di pistola. Un’epitome noiosa del cinema del passato, dove venuta meno la componente da genere blaxploitation il resto sembra essere solo l’ennesima e insopportabile riproposta di qualcosa visto e abusato. Un mondo diviso tra buoni e cattivi se negli anni settanta poteva andare oltre un’interpretazione naive dell’esistenza oggi non solo sembra fuori luogo, ma quasi di cattivo gusto. Un film basato sulla nostalgia che oggi è davvero senza senso.

Terza generazione (Looking for Alibrandi) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Greta Scacchi – Anthony LaPaglia Sceneggiatura Melina Marchetta Regia Kate Woods Anno di produzione Australia 2000 Distribuzione Fandango Durata 100’ 

Storia di tre donne di origine italiana in una famiglia di emigrati in Australia in cui mistero, peccati e segreti si intrecciano con una modernità adolescenziale. Incentrato su mondo di italo – australiani abbastanza distante dalla realtà contemporanea del nostro paese, Terza Generazione è una commedia leggera e gradevole che un po’ Attimo Fuggente, un po’ Stregata dalla Luna descrive la vita dei nostri ex connazionali all’estero attraverso i volti e le storie di tre donne – nonna – madre e nipote che si confrontano ciascuna con i propri amori e le proprie debolezze. Afflitto da un doppiaggio pessimo (l’attrice Elena Cotta viene fatta parlare con un accento siciliano imbarazzante al punto da sembrare una parodia) Terza Generazione è rappresenta il punto di incontro tra l’importanza della famiglia e la banalità del quotidiano. Purtroppo una trama senza troppo mordente e un eccessivo uso di cliches pone una grande distanza tra lo spettatore italiano e la narrazione rendendo ostico il coinvolgimento emotivo. 

Il castello (The last castle){Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Robert Redford, James Gandolfini, Mark Ruffalo, Delroy Lindo Sceneggiatura David Scarpa & Graham Josh Regia Rod Lurie Anno di produzione USA 2001 Distribuzione UIP Durata 131’ 

La storia del generale eroe di guerra (Redford), chiuso in un carcere militare (il castello del titolo) per avere mandato a morire i suoi uomini, diventa esemplare nel suo contrasto con l’ufficiale che controlla la prigione (Gandolfini). Il soldato che ha commesso un errore fatale si scontra con il burocrate e – soprattutto – cerca di avere ragione della sterile disciplina di un carcere che privando i detenuti di ogni retaggio della loro storia militare personale, nega loro ogni possibilità di promozione umana e di redenzione. Geometrico e claustrofobico, Il castello è la narrazione di una rivolta morale e di una ribellione spirituale ancor prima che di un’insurrezione fisica. E’ una partita a scacchi che si trasforma in narrazione cinematografica e in cui la posta in gioco vale molto di più di una rocambolesca fuga. Il confronto serrato tra chi è abituato a marciare nel fango e chi a stare comodamente seduto a dipingere soldatini è motivato dal bene più prezioso che un uomo sente di meritare, per quanto gravi possano essere le sue colpe: il rispetto. Qualcosa senza cui nemmeno la libertà sembra avere davvero valore. Il castello è un film che andrebbe visto in versione originale: il confronto dialettico tra gli interpreti, il contrasto serrato tra voci di grana diversa, gli stati d’animo delineati anche solo tramite il gioco di parole costruito sul gergo militaresco rendono questo film una sottile battaglia psicologica tra personaggi radicati in un contesto di gente virtualmente “perduta”.

Un sogno, una vittoria (The Rookie) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Dennis Quaid – Rachel Griffiths Sceneggiatura Mike Rich Regia Johnny Lee Hancock Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Buena Vista Durata 110’

Jim Morris giocava nella lega dei semi professionisti quando, un incidente alla spalla, lo aveva costretto a porre fine alla sua brillante carriera dodici anni prima. Ora è sposato, ha dei figli e lavora sia come insegnante di chimica in un liceo, che come allenatore di baseball nel Texas. La sua squadra stringe un accordo con lui: se vincerà il campionato locale, Jim proverà a passare ad una organizzazione professionale. La scommessa si dimostra un vero e proprio incentivo sia per la squadra che per Jim: una volta recuperati i sogni, non si sa dove si può arrivare. Un messaggio limpido e ottimista per una pellicola semplice, allegra e diretta in grado di celebrare senza enfasi il baseball con riprese dal basso che – nonostante i celebri precedenti – fanno entrare per la prima volta lo spettatore nello spirito dilettantesco di questo sport. Mentre Quaid si conferma come un attore di grande talento nel rendere antieroi o eroi per caso spaventati e anche per certi versi smarriti dinanzi alla complessità dell’esistenza, il resto della storia serve a dimostrare che – alle volte – anche i sogni impossibili possono avverarsi al patto di crederci. Un messaggio positivo per un film dove – nonostante la superficialità e la leggerezza voluta della narrazione – tutto sembra filare liscio in virtù della forza del sogno che il film vuole raccontare. Un buonismo peraltro messo in crisi da una regia abbastanza attenta ad evitare il più possibile i luoghi comuni.

Al vertice della tensione (The sum of all fears) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Ben Affleck – Morgan Freeman Sceneggiatura Paul Attanasio Regia Phil Alden Robinson Anno di produzione USA 2002 Distribuzione UIP Durata 124’ 

Diretto dal regista de L’uomo dei sogni, Al vertice della tensione è un film profondamente segnato strutturalmente dai fatti dell’11 settembre per il suo difficile paragone con una realtà piu’ drammatica della finzione. Quarto capitolo della saga di Jack Ryan personaggio creato dalla penna di Tom Clancy in cui vengono ‘azzerate’ le storie raccontate in Caccia ad ottobre rosso, Giochi di potere e Sotto il segno del pericolo, questo film che descrive la drammatica eventualità in cui il terrorismo internazionale sferri un attacco nucleare al cuore degli USA esprime il meglio delle sue potenzialità grazie al carisma di bravi interpreti sapientemente piazzati in ruoli solo in apparenza minori soffre di un eccessivo sbilanciamento. Se da un lato, infatti, la costruzione della trama vede montare pian piano l’agognata tensione, d’altro canto il finale è purtroppo molto piu’ veloce del resto della pellicola anche per evitare inevitabili paragoni con i drammi realmente vissuti solo pochi mesi fa. Congelato e ‘corretto’ dopo la distruzione delle Torri Gemelle, Al vertice della tensione è un film con un Ben Affleck inadatto al ruolo del consigliere della CIA Jack Ryan peraltro interpretato in precedenza da un altrettanto legnoso Harrison Ford, anche se – sicuramente – molto piu’ carico di personalità. Morgan Freeman, purtroppo, ha un ruolo eccessivamente limitato per riuscire a trasformare questo film in un grande e indimenticabile – anche dal punto di vista cinematografico – thriller.

We were soldiers {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Mel Gibson – Madeleine Stowe – Greg Kinnear – Chris Klein Sceneggiatura e Regia Randall Wallace Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Medusa Durata 134’ 

Limitato ulteriormente da un doppiaggio pessimo di Mel Gibson da parte di un Claudio Sorrentino che interpreta il marziale protagonista di Arma Letale come se fosse il ‘gigione’ John Travolta, We Were Soldiers è un dramma conservatore sul Vietnam e sullo spirito primordiale di quella guerra per la regia di Randall Wallace noto per avere scritto Pearl Harbor e Braveheart  Retorico e tutt’altro che innovativo sul piano narrativo, questo film è tutto incentrato sull’umanità dei protagonisti di questa storia vera di padri e di figli mandati lontani da casa a combattere una guerra non loro con un nemico serio e preparato. Pieno di buoni momenti (gli stivali del padre paragonati ai piedini dei bambini, i telegrammi che annunciavano la morte dei soldati che arrivavano portate dai taxi, la guerra raccontata come strategia) We Were Soldiers è un film eccessivamente prevedibile e didascalico nel mostrare una guerra fatta di piccole cose, incentrata sui rapporti personali. Mogli e madri in pena con mariti e figli allo sbaraglio. Una costante di tutte le guerre combattute dall’umanità che non rende quella del Vietnam né unica, né speciale. Il resto è un’accozzaglia di situazioni già viste piu’ vicine ai Berretti verdi di John Wayne che al talento visionario di Platoon e Apocalypse Now! e men che meno al talento dissacratorio di Good Morning Vietnam. Trascurabile nonostante la bella fotografia e gli sforzi di tutti gli attori: da Mel Gibson alla sempre affascinante Madeleine Stowe.

Bad Company – protocollo Praga {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Chris Rock – Anthony Hopkins Sceneggiatura Jason Richman & Michael Browining Regia Joel Schumacher Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Buena Vista Durata 116’

Jerry Bruckheimer propone l’ennesimo blockbuster estivo sulla scorta0 del successo di The Rock e Armageddon tentando di ricalcare una formula abusata, ma ancora potenzialmente redditizia che vede coniugare commedia a cinema d’azione. La strana coppia di turno Chris Rock e Anthony Hopkins, quindi, fa del suo meglio per rendere ancora piu’ scoppiettante la regia di Joel Schumacher, impegnato a tentare di fare qualcosa di diverso da Arma Letale e Rush Hour. Il risultato è piacevole, anche se non elettrizzante. Da un lato Chris Rock è ingabbiato in un ruolo che non riesce mai ad andare davvero sopra le righe nei panni del gemello separato alla nascita di un agente della CIA impegnato a salvare il mondo da una possibile minaccia nucleare. Dall’altro Anthony Hopkins è visibilmente poco a suo agio in un personaggio come tanti altri, ovvero quello dell’ex compagno addolorato dell’agente ucciso in missione, costretto dalla necessità a trasformare in agente segreto il gemello identico che dovrà ingannare i venditori dell’atomica portatile. Prevedibile, scontato, ma al tempo stesso leggero e divertente Bad Company è un film che non brilla in nulla. Se non in un’ambientazione intrigante che offre esattamente quello che ci si attende: due ore di intrattenimento tra risate e sparatorie.

Jimmy Neutron – ragazzo prodigio {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Regia John A.Davis – Film d’animazione, Anno di produzione USA 2002 Distribuzione UIP Durata 86’

E’ un film d’animazione divertente e piacevole, ma soprattutto è un grande omaggio all’amore per la fantascienza. E’ una metafora dei sogni di tutti i ragazzini piu’ o meno prodigiosi quella di stupire amici e genitori con le proprie trovate ed invenzioni. Jimmy Neutron fa la stessa cosa, soltanto che per errore guida degli alieni mangiagenitori sulla Terra. Il resto è una battaglia prevedibile e scontata tra figli che vanno a riprendersi le loro mamme e papà e extraterrestri cattivi e stupidoni sconvolti e battuti dalle geniali trovate di Neutron. Il resto è SFX per under 13, preparatoria al viaggio verso il grande sogno della fantascienza per adulti. Molto intriganti le animazioni digitali e le trovate degne della slapstick comedy

Jeepers Creepers {Sostituisci con chiocciola}

Gina Philips – Justin Long Sceneggiatura e Regia Victor Salva Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Miramax – Buena Vista Durata 90’ 

Inspiegabilmente diventato un film di culto negli USA, Jeepers Creepers è un confusionario riassunto dell’opera di Stephen King senza riprodurne in pieno le atmosfere e soprattutto l’originalità. Un film che – come il suo schifoso protagonista – cambia piu’ volte pelle: inizia come un horror adolescenziale on the road con fratello e sorella che tornando a casa in macchina scoprono di essere inseguiti da un misterioso furgoncino, continua come pellicola sui serial killers e termina in orrore puro da b-movie senza arte, né parte con un mostro invincibile di cui non sappiamo nulla e dai poteri straordinari. Diavolo o mutazione genetica? Difficile dirlo. Il problema che tutta la narrazione si sviluppa in piccoli furti di qua e di là, precipitando in un finale inutile e drammatico per il suo essere inverosimile e mediocre. Puro sfruttamento di un fenomeno commerciale, Jeepers Creepers è una degenerazione di uno stile narrativo, che non ha coraggio di insistere nella sua tematica evidentemente omosessuale, gettata lì senza mettere in pericolo il divieto ai minori. E nel frattempo il tanto immancabile quanto poco raccomandabile sequel è già in agguato…

Wasabi {Sostituisci con chiocciola}

Jean Reno – Michel Muller – Ryoko Hirosue Sceneggiatura Luc Besson Regia Gerard Krawczyk Anno di produzione Francia 2001 Distribuzione 01 Durata 94’

Non lasciatevi impressionare dal nome di Luc Besson nei panni dello sceneggiatore di questa avventura alla Bud Spencer e Terence Hill: Wasabi è un filmetto appena passabile, sublimato fortunatamente dal talento visionario di Tonino Accolla, autore dei dialoghi e direttore del doppiaggio, che un po’ qua e un po’ là ha seminato battute e freddure in grado di ravvivare una sceneggiatura asfittica e scontata. La storia del poliziotto piantagrane in trasferta in Giappone per assistere al funerale dell’unica donna amata in tutta la vita è solo un alibi per donare qualche tono vagamente esotico ad una trama di scazzottate e pistolettate in stile post far west. Wasabi – il titolo è ispirato da una speziata pietanza nipponica che è al centro di un patetico sketch tutt’altro che risibile – diventa così una farsa insulsa, ora grottesca, ora noiosa che non riesce ad essere tirata su nemmeno dal carisma smagliante di un Jean Reno che cita volutamente il se stesso di Leon. Ma quello apparteneva ad un’altra epoca e ad un’altra ispirazione per Besson…

Arac Attack  - Mostri a otto zampe (Eight Legged Freaks) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

David Arquette – Kari Wuhrer – Scarlett Johansson Sceneggiatura Jesse Alexander & Ellory Elkayem Regia Ellory Elkayem Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Warner Bros. Durata 98’

Il grande pregio di Arac Attack è che dall’inizio alla fine non vuole essere altro che un omaggio a quei B-movies degli anni Cinquanta con mostri in bianco e nero che pur essendo alle volte patetici, hanno toccato il cuore di milioni di spettatori. Arac Attack  è un tentativo in qualche maniera perfino riuscito di ricreare quelle atmosfere mordi e fuggi con tarantoloni arrabbiati in cerca solo di uomini da masticare per un’ora e mezza. Un film dall’immancabile lieto fine conquistato a botte di cadaveri e di colpi di fucile sparati in una piccola cittadina del Sud dove dei ragnetti diventano enormi in seguito ad una contaminazione radioattiva. Pellicola allegra e divertente, con effetti speciali riusciti e attori perfettamente calati nella parte con quella sufficiente dose di autoironia che ci vuole per interpretare un film del genere nel 2002. Niente di meno, ma anche niente di piu’.

Windtalkers {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Nicolas Cage – Adam Beach – Christian Slater Sceneggiatura John Rice & Joe Batteer Regia John Woo Anno di produzione USA 2002 Distribuzione 01 Durata 133’ 

Era necessario per un regista talentuoso come John Woo confrontarsi con un genere complesso e ormai abusato come la Seconda Guerra Mondiale senza avere nulla di veramente nuovo da aggiungere e da dire se non sprofondare in una retorica imbarazzante per una pellicola girata nel 2002? Evidentemente sì, visto e considerato lo sforzo di ricostruire nei dettagli la battaglia per la conquista dell’isola di Saipan, teatro di uno dei più cruenti scontri della Seconda Guerra Mondiale. E’ lì che entrarono per la prima volta in azione i soldati di origine Indiana – Navajo che l’esercito americano aveva arruolato per impedire al nemico di arrivare a decifrare ancora una volta i loro codici. Approfittando della grande difficoltà con cui i giapponesi avrebbero potuto risalire alla fonte di questo codice linguistico, l’esercito USA coinvolse decine di nativi americani per rendere intraducibili le loro comunicazioni. Un segreto militare rimasto tale solo fino a pochi anni fa quando il governo decise che era il caso di premiare i reduci il cui lavoro non era mai stato scoperto, ritenendo che non sarebbe stato possibile utilizzarli nuovamente in caso di un conflitto.

Nonostante l’idea interessante, affossato – quindi – da una retorica tronfia di tutto il peggio che ci si possa aspettare: bandiere americane di qua e di là, divisione tra buoni e cattivi, eroi lacerati dagli errori del passato, etc., etc. Windtalkers è un film che brilla solo per la sua regia. Ma il cinema, almeno quello buono e coinvolgente, non è solo tecnica…e questo lo sa anche John Woo da cui sarebbe ormai lecito attendersi qualcosa in più dopo tanti film poco più che commerciali.

Stuart Little 2 {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Geena Davis – Hugh Lurie – Jonathan Lipnicki Sceneggiatura Bruce Joel Rubin Regia Rob Minkoff Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Columbia TriStar Durata 77’

Stuart Little 2 è uno dei rari casi in cui il seguito di un film di successo riesce ad eguagliare se non a superare il fortunato originale. Il topolino che in italiano ha la voce di Luca Laurenti riprende le sue avventure dove lo avevamo lasciato, in cerca di nuovi amici. Incontra una simpatica uccellina che, però, nasconde un segreto minaccioso che coinvolge Stuart in una storia complicata e dai risvolti inevitabilmente comici. Insomma, tra effetti speciali divertenti e situazioni come al solito rocambolesche e divertenti il secondo capitolo della saga cinematografica del personaggio di E.B. White,, diretto da Rob Minkoff (già regista de Il Re Leone) è ispirato ancora una volta da quel senso fantastico e comico in grado di aprire la mente di tutti i ragazzini che un giorno incontreranno l’Avventura e la Fantascienza sul loro cammino.  

Spiderman {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Tobey Maguire – Kirsten Dunst – Willem Dafoe Sceneggiatura David Koepp Regia Sam Raimi Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Columbia TriStar Durata 120’

L’uomo ragno brilla come il miglior adattamento cinematografico di un fumetto che – a seconda del gusto dello spettatore – potrebbe perfino riuscire a primeggiare, viste e considerate le grandissime qualità intrinseche alla sceneggiatura di David Koepp, autore – tra gli altri – dei copioni di Panic Room, Mission: Impossible e di Carlito’s Way. La storia è quella legata alla figura di Goblin, personaggio che nasce quasi in contemporanea con l’Uomo Ragno. Ma se Peter Parker è solo uno studente di liceo orfano che proviene da una piccola borghesia urbana con pochi sogni e con scarse ambizioni, Norman Osborn è un ricco magnate dell’industria trasformato in una creatura malvagia da un esperimento genetico militare fallito. Se da un lato c’è il caso che vede Peter morso da un ragno migliorato da esperimenti di laboratorio, dall’altro c’è un altro volto della scienza utilizzata per scopi bellici in grado di generare un mostro. Visivamente eccitante e – soprattutto – straordinario dal punto di vista dell’ambientazione fedelissima al fumetto, l’uomo ragno di Sam Raimi non ha – fortunatamente – nulla a che vedere con gli sconci tentativi dei film precedenti di ricreare i movimenti e lo spirito del personaggio creato da Stan Lee. Quello che piace di più di questo film è il grande dubbio che sembra lacerare Peter Parker. Supereroe per caso che sembra non avere alcuna intenzione di affrontare le responsabilità derivategli dai poteri acquisiti per caso. Fino a quando suo zio non fa le spese della sua noncuranza e distrazione. Un dolore enorme che coincide con la transizione di un adolescente in un uomo. In questo senso Peter Parker / Uomo Ragno è la perfetta metafora della crescita e della responsabilità di diventare adulti per tutti gli eroi senza calzamaglia presenti tra il pubblico.

Cinematograficamente ineccepibile (Raimi sembra essere tornato al felice passato di pellicole più piccole, ma interessanti come Darkman e Soldi sporchi) l’Uomo Ragno del 2002 vive di un’ambientazione fumettistica senza diventare macchietta, celebrando l’eterno confronto tra Bene e Male senza cadere in cliches scontati. Merito dell’impenetrabilità del suo protagonista (un ottimo Tobey Maguire) della bellezza ruvida di Kirsten Dunst e soprattutto di una sceneggiatura che non teme di coniugare gli effetti speciali ad un’ironia e un’intensità di fondo decisamente superiori. Come quando la zia dice a Peter: “Non sei mica Superman!” e come quando al funerale di Norman Osborne, Peter Parker prende una decisione dolorosa e solitaria in perfetta sintonia con lo spirito del personaggio.

Una grande emozione a partire dai titoli di testa commentati dalla colonna sonora di Danny Elfman (lo stesso tra gli altri di Batman),per un eroe dalla sensibilità nuova, nata dalla fusione delle suggestioni del passato con le ambizioni del futuro di una saga, che pur rispettosa della tradizione è capace di innovare dal punto di visivo, facendo diventare – finalmente – i sogni realtà. Inoltre grande merito va dato a Raimi per non avere mai ceduto alla tentazione di andare sopra le righe anche con personaggi come quello di Goblin che pur rimanendo fedele all’originale, non sfugge al rischio della bidimensionalità diventando incredibile e eccessivo. Bravo Willem Dafoe (grande mimica facciale la sua) e bravi anche tutti gli altri attori, per una storia emozionante destinata a rimanere nella storia del cinema e non solo di quello fantastico. Del resto l’Uomo Ragno è il rappresentante della working class tra i supereroi. Un altro titolo di vanto!

Guerre Stellari – Episodio II – L’attacco dei cloni (Star Wars – Episode II – The attack of the clones) {Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}{Sostituisci con chiocciola}

Ewan McGregor – Natalie Portman – Hayden Christensen – Samuel L.Jackson  - Christopher Lee Sceneggiatura e Regia George Lucas & Jonathan Hales Anno di produzione USA 2002 Distribuzione Twentieth Century Fox Durata 142’

Molto migliore rispetto al suo predecessore, il secondo episodio della nuova trilogia di Guerre Stellari è – dal punto di vista visivo – il migliore dell’intera serie di film. Quello che semmai può lasciare un po’ delusi è lo scalino tra la visualità impressionante e la staticità di alcuni dialoghi, in particolare quelli tra il giovane Anakin e la principessa Amidala che sembrano tratti da un episodio di Melrose Place.

Lascia un po’interdetti sentire parlare di Obi Wan nei termini in cui gli adolescenti tendono a parlare dei propri genitori. Nulla di sbagliato, ma forse eccessivamente ridondante in una serie che per funzionare davvero dovrebbe insistere sull’afflato spirituale e morale legato alla Forza.

Certo, basterebbe vedere Yoda usare la spada laser e combattere contro Christopher Lee per dirsi soddisfatti, eppure risulta scarsamente comprensibile come – a fronte di un impegno produttivo enorme (il film è il primo blockbuster interamente girato con la nuova tecnologia digitale, ovvero senza pellicola) non si poteva rendere meno melensa la sceneggiatura con i problemi postadolescenziali del povero giovane cavaliere Jedi.

Ci sono, invece, molte buone notizie: Jar Jar con le sue orecchie pendolanti ha una parte piccolissima, la Forza ha di nuovo molto più spazio e – finalmente – si vede un gruppo di cavalieri Jedi in azione in una battaglia memorabile stile Gladiatore, appaiono personaggi che poi rivedremo nel futuro (si conosce finalmente la storia di Boba Feet) e la situazione politica è meno ingarbugliata del passato.

Con un’impostazione visiva alla Blade Runner (la città è decisamente ricreata su quel modello) Guerre Stellari Episodio II ha un unico grande bug. Viene presentato al pubblico lo zio di Luke Skywalker che, però, nel primo episodio di venticinque anni fa – comprando C1 e C-3PO diceva di non averli mai visti prima…quando noi veniamo a sapere che C-3PO è stato per diversi mesi il suo robot… Qualcosa che, certo, si potrà fissare nel prossimo film dove la Forza avrà ancora più spazio. Sempre molto annoiato e vagamente sotto tono Ewan McGregor con un Samuel L. Jackson non troppo convinto, bravi sono, invece, i due ragazzi con Hayden Christensen che offre un’interpretazione convincente nel ruolo del futuro Darth Vader e Natalie Portman che tira fuori un’inaspettata carica sexy dovuta anche ad alcune trasparenze dei suoi vestiti. In particolare colpisce nel personaggio di Anakin il suo fascino nei confronti del lato oscuro della Forza che sembra essere abbastanza evidente, nonostante sia percepibile fino in fondo solo grazie al senno di poi. Del resto la storia offre molte possibilità: dopo un tentativo di uccidere la regina Amidala diventata senatrice, Obi Wan Kenobi  e Yoda ordinano ad Anakin di scortarla fino a Naboo il suo pianeta natale. Mentre Obi Wan indaga sul mandante dell’omicidio, viene a conoscenza che un esercito di cloni è pronto ad attaccare la Repubblica. Nel frattempo il corrotto Conte Dooku (Christopher Lee), ex allievo di Yoda ha stretto un patto per attaccare la Repubblica con la federazione dei mercanti. La guerra diventa inevitabile e Palpatine viene eletto cancelliere, mentre Yoda e Mace Windu (Samuel L.Jackson) vanno al salvataggio di Obi Wan. Nel frattempo tra Amidala e Anakin è sbocciato l’amore…

Una trama interessante ripulita di alcuni orpelli eccessivi, che lascia spazio a personaggi di rilievo come l’oscuro Signore dei Sith che diventerà presto l’Imperatore. Astronavi nuove, azioni mirabolanti, situazioni divertenti (anche troppo alle volte…come nel caso di quando C-3PO perde la testa con una serie di battute reiterate…), e vecchie conoscenze come i Sabbipodi che hanno rapito la madre di Anakin. Un film degno della serie originale che, forse, avrebbe avuto bisogno solo di una maggiore cura dei dialoghi. Ma le animazioni digitali di Yoda fanno comunque venire voglia di saltare sulla sedia e applaudire.

Che la saga – finalmente - continui…

m.s.

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