index SPETTACOLO&MODA - Febbraio 1998


Tutti i film di febbraio 1998

Titanic

Leonardo Dicaprio - Kate Winslet - Billy Zane - Kathy Bates - Gloria Stuart - Bill Paxton; Sceneggiatura e Regia James Cameron Anno di produzione 1997; Distribuzione Twentieth Century Fox Durata 194’

"Mi piace usare la tecnologia per creare forti emozioni". Così il regista del film James Cameron a proposito del suo ultimo film Titanic. E quali emozioni ci regala Cameron con questa pellicola splendida che racconta la più bella e affascinante storia d’amore dopo Via col vento. Costato oltre trecento cinquanta miliardi di lire, il film più costoso della storia (ha avuto un budget di cinque miliardi solo per le riprese del relitto del Titanic) dona sogni e sensazioni avventurose con un’eleganza e un’accuratezza rare. E gli spettatori sono così trascinati dall’attrice Gloria Stuart nel seguire un lungo flashback che racconta dell’amore sfortunato tra lei da giovane (interpretata da una splendida Kate Winslet) con un pittore squattrinato (Leonardo Dicaprio) nella tragica crociera inaugurale del transatlantico più famoso del mondo. Un film che chiamare eccezionale potrebbe essere solo riduttivo, una volta tanto.

L’uomo della pioggia (The Rainmaker)

Matt Damon - Claire Danes - Jon Voight - Mickey Rourke - Danny De Vito; Sceneggiatura e Regia Francis Ford Coppola (basata su ‘L’uomo della pioggia’ di John Grisham); Anno di produzione 1997; Distribuzione Medusa; Durata 135’

Questo non è un film sugli avvocati buoni e cattivi o sul loro mondo. È un film che parla di sentimenti ed emozioni forti, forse anche facili raccontati in maniera molto classica, ma anche magistrale da un grande regista come Francis Ford Coppola che sceglie un film a basso costo per parlare di un mondo come quello degli studi legali che la cinematografia hollywoodiana utilizza come bacino senza fondo per le storie da raccontare. Basato su un romanzo di John Grisham, L’uomo della pioggia ovvero colui che dovrebbe far "piovere denaro" parla di un giovane avvocato che nella sua prima causa si trova ad avere a che fare con un plotone di avvocati di una assicurazione che non ha pagato le cure per un ragazzo povero malato di leucemia. Un film che critica l’assurdo e piramidale sistema sociale americano, ma anche - oltreché denuncia - una pellicola incentrata sul valore dell’onestà e sull’incapacità di essere corrotti. Un ottimo cast su cui svettano un Mickey Rourke redivivo e un Danny De Vito simpaticissimo.

The Jackal

Bruce Willis - Sidney Poitier - Richard Gere - Diane Venora Sceneggiatura Chuck Pfarrer; Regia Michael Caton Jones; Anno di produzione 1997; Distribuzione UIP; Durata 120’

A vedere i nomi degli attori e assistendo ai primi dieci minuti di The jackal ci si aspetterebbe di assistere ad una delle migliori pellicole della storia del cinema. Invece si scopre che una noia senza pari, alimentata da un deja vu pieno di incongruenze, ammazza letteralmente una pellicola che - altrimenti - avrebbe mostrato ben altri risultati. Bravi gli attori - un po’ inconsistente a dire il vero l’interpretazione di Sidney Poitier - che, però, non riescono a risollevare un film che riesce solo a fare il verso a Il giorno dello sciacallo, capolavoro che Fred Zinnemann realizzò nel ormai lontano 1973. Sebbene la storia sia stata adeguata ai tempi, anche in The Jackal si nota l’ormai cronica necessità degli sceneggiatori americani di crearsi dei nemici stavolta individuati nella mafia russa.

In & Out

Kevin Kline - Tom Selleck - Matt Dillon - Joanna Cusack - Debbie Reynolds; Sceneggiatura Paul Rudnick; Regia Frank Oz Distribuzione Lucky Red; Durata 96’

Pochi film fanno tanto ridere con intelligenza, gusto e ironia come In & Out. E poche pellicole fanno tanto riflettere sui problemi in maniera serena e acuta come questa commedia ambientata nella sonnacchiosa provincia americana. Ispirata da un fatto vero accaduto a Tom Hanks, il film racconta di un ex alunno di un liceo che per avere vinto l’Oscar come migliore attore (Matt Dillon) dedica la vittoria al suo professore di inglese (Kevin Kline) definendolo "gay". Questo basta a sconvolgere la vita del paese in cui arriva un giornalista d’assalto (Tom Selleck) anche lui gay e deciso a smascherare il docente prima che questo si sposi con un’affranta collega (Joanna Cusack). Esilarante, divertentissimo è un film particolare perché non gli si può muovere nessuna critica fondata. Un elogio, invece, va a Kevin Kline che domina il gruppo di attori bravissimi, con un’interpretazione a dir poco "perfetta".

Monella

Anna Ammirati - Serena Grandi; Sceneggiatura e Regia Tinto Brass (Intervista); Anno di produzione 1997; Durata 100’; Distribuzione Artisti Associati

I richiami colti sono tanti : Lolita, L’educazione sentimentale e perfino qualcosa di Fassbinder, ma non corrispondono a nulla di più se non a pornografia di bassa lega e di infima qualità. Un film dalle immagini oniriche con protagonista una giovane diciannovenne napoletana abile a spogliarsi, a toccarsi e con l’aria scanzonata, ma mai e poi mai seducente o coinvolgente.

Un film noioso, pieno di sconcezze inutili e di pedisseque interpretazioni dal sapore fintamente filosofico e che in realtà non sono niente altro che semplici banalità. Una pellicola lunghissima - mai seducente - e - spessissimo ridotta al rango di un semplice documentario porno soft. La differenza tra sensualità e pornografia ? La stessa che passa tra il calendario Pirelli e quello del nostro meccanico, ovvero quello che non si vede e in Monella si vede tutto, troppo a lungo.

Alien Resurrection

Sigiurney Weaver - Winona Ryder - Ron Perlman; Regia Jean Pierre Jeunet; Anno di produzione 1997; Distribuzione Twentieth Century Fox; Durata 123’

Sono passati duecento anni dall’ultima volta (la terza) in cui Sigourney Weaver alias il tenente Ripley si è trovata a fronteggiare l’alieno che l’ha resa tanto famosa e l’età - non quella della finzione cinematografica - si vede. Un film montato bene, diretto meglio degli altri (se si esclude il capostipite di Ridley Scott), ma che comunque paga una povertà di idee cui certo non può semplicemente supplire l’horror. Il terzo capitolo si era chiuso con una Ripley morta in un pozzo pieno di metallo liquido, per uccidere l’alieno regina dentro di sé. Oggi Ripley viene clonata e con lei il suo piccolo parassita per cui proverà sentimenti materni. Un pasticcio rischiarato da belli effetti speciali, ma che comunque dimostra una forte inconsistenza di idee e di novità. Ci vuole bene altro per fare delle saghe e quella di Alien certamente - così - non è all’altezza.

Viola bacia tutti

Asia Argento - Valerio Mastrandrea - Rocco Papaleo - Massimo Ceccherini; Sceneggiatura Rocco Papaleo e Giovanni Veronesi Regia Giovanni Veronesi (Intervista); Anno di produzione 1997 Distribuzione Cecchi Gori; Durata 90’

Un film on the road per il collaboratore di Leonardo Pieraccioni, Giovanni Veronesi, che non convince affatto lo spettatore annoiato da una ridda di situazioni comiche che tanto divertenti non sono visto che vengono risolte in maniera volgare o insulsa. Asia Argento dà un’interpretazione straziante, con un tono di voce sgraziato e per nulla convincente, incapace di non essere lamentosa e di non fare la diva in mezzo a tre attori che singolarmente sono tutti bravi e che messi insieme risultano non credibili e spiacevoli. Una trama sciatta e semplice, che vede tre giovani in vacanza sequestrati da una dark lady che ha rubato delle monete e di cui si innamorano, aggrava ancora di più la situazione pessima di una pellicola con qualche spunto divertente, buttato via nel nulla di un film inutile.

Il collezionista (Kiss the girls)

Morgan Freeman - Ashley Judd; Sceneggiatura David Klass (basata sul romanzo ‘Kiss the girls’ di James Patterson); Regia Gary Felder; Anno di produzione 1997; Distribuzione UIP Durata 115’

Una giovane dottoressa (Ashley Judd) vittima di un serial killer riesce a scappargli e viene aiutata dallo psicanalista Alex Cross, che lavora per la polizia (Morgan Freeman) per ritrovare il luogo dove era stata segregata insieme ad altre ragazze tra cui la nipote del dottor Cross. Basterebbe questa trama insolita per il mondo dei film legati ai serial killer a convincere lo spettatore più smaliziato ad andare al cinema, eppure c’è molto di più. Una regia fulminante resa ancora più energica da un ottimo montaggio fanno de Il collezionista un vero piccolo capolavoro del genere. Portato avanti da un Morgan Freeman sempre più carismatico e affascinante, al film giova anche l’interpretazione quantomai aggressiva e ragionata di un Ashley Judd al meglio della sua forma fisica e intellettuale. Un film da vedere con un unico piccolo neo : un finale affrettato e - forse - un po’ troppo semplicistico che è abbastanza dannoso all’intera pellicola.

Un lupo mannaro americano a Parigi (An american werewolf in Paris)

Tom Everett Scott - Julie Delpy - Pierre Cosso; Sceneggiatura Anthony Waller - Tim Burns - Tom Stern; Regia Anthony Waller Distribuzione IIF; Durata 90’

Basato sulla storia e sui personaggi creati da John Landis in Un lupo mannaro americano a Londra, questo film non ha niente del suo illustre predecessore. Seppur bella la regia e ottimo un veloce montaggio accompagnato da una colonna sonora ritmata ed efficace, risultano insulse sceneggiatura e storia, pur ben recitata da un cast di attori discreti su cui si erge la fascinosa e sensuale Julie Delpy, già protagonista del kiesloskiano Film bianco. La trama è semplice: un gruppo di ragazzi americani salva una misteriosa ragazza che tenta di suicidarsi dalla torre e la insegue per tutta Parigi cacciandosi in una serie di situazioni molto comiche e divertenti. Quando poi c’è la rivelazione che - in realtà - la bella ragazza è solo un licantropo, Un lupo mannaro americano a Parigi crolla per ridursi a una pellicola di genere splatter demenziale con una matrice adolescenziale di bassa lega. Insomma, a metà tra il qualunquismo e il film di serie B, questo film annoia e spaventa per una durata di tempo eccessiva con motivazioni prive di fascino e fantasia.

Punto di non ritorno (Event Horizon)

Laurence Fishburne - Sam Neill - Kathleen Quinlan - Joely Richardson; Sceneggiatura Philip Eisner; Regia Paul Anderson Anno di produzione 1997

Anno 2047. Una missione di soccorso viene inviata agli estremi confini del nostro sistema solare per salvare la Event Horizon, una nave spaziale scomparsa misteriosamente sette anni prima. Ma un segnale di emergenza ora rivela che l’astronave data per dispersa è improvvisamente riapparsa nei pressi del pianeta Nettuno. E fino a qui si è nella fantascienza più classica e interessante. Poi, però, le cose si sviliscono anche se alla base del film di Paul Anderson c’era un’idea senza dubbio intrigante e ricca di fascino. L’intenzione del regista era quella di realizzare un horror psicologico che attingesse da classici come Shining e L’Esorcista, trasportati nell’immensità del cosmo. Urla, orrori e scoperte sanguinarie infatti non mancano, tuttavia Punto di non ritorno, seppur nella spettacolarità delle scene, rivela la mancanza di un’autentica suspence psicologica. L’atmosfera claustrofobica e gli assordanti effetti sonori trasmettono tutta l’inquietudine di una sinistra presenza a bordo dell’astronave ma, mentre continuiamo a scoprire cadaveri in un crescendo di orrore e di morte, sempre meno riusciamo a capire dove la storia voglia andare a parare. La prima parte del film segue un buon ritmo quasi da thriller, dove il dubbio e il mistero sono ben giocati sull’ambiguità di alcuni personaggi, mentre nella seconda, dopo la scoperta della "nave stregata", tutto sembra precipitare verso uno sconosciuto orizzonte dove gli eventi si fanno sempre meno chiari.

Qualcosa è cambiato (As good as it gets)

Jack Nickolson - Helen Hunt - Greg Kinnear (Intervista) - Cuba Gooding Jr. Sceneggiatura Mark Andrus e James L. Brooks; Regia James L . Brooks; Anno di produzione 1997; Distribuzione Columbia Tristar; Durata 138’

È un film insolito quello che ci propone il regista James L. Brooks autore di sceneggiature fortunate come Voglia di tenerezza e Dentro la notizia. Una storia che riflette su un uomo strano (Jack Nicholson) pieno di manie e ossessioni nevrotiche che, però, non gli impediscono di avere un cuore buono che lo porta prima a accudire un cagnetto come se fosse suo figlio, poi a salvare un bambino da una malattia gravissima pagandogli cure costosissime e ancora a ospitare il bistrattato pittore gay vicino di casa caduto in disgrazia per poi nuovamente innamorarsi perdutamente della sua cameriera preferita. Insomma, una pellicola che parla di sentimenti in maniera originale e che vede un Jack Nicholson nel ruolo del "super burbero benefico" contornato da un cast di ottimi attori interpretare la sua parte di nevrotico come solo un grande mattatore della scena può fare.

Un film bello (l’aggettivo è banale, ma rende bene l’idea della pellicola) perché parla di bei sentimenti: puliti, forti, comuni a tutto il genere umano. Qualcosa è cambiato è un film che obbliga a riflettere sulle proprie nevrosi e sul modo che ciascuno di noi dovrebbe avere nel porgersi nei confronti dell’altro. Tutto questo raccontato in maniera gradevole, talora esilarante, sempre con la simpatia e il carisma irresistibili di Jack Nicholson.

Harry a pezzi (Deconstructing Harry)

Woody Allen - Kristie Alley - Billy Crystal - Demi Moore - Robin Williams - Julie Davis - Mariel Hemingway - Elizabeth Shue - Stanley Tucci Sceneggiatura e Regia Woody Allen Anno di produzione 1997 Distribuzione Cecchi Gori Durata 98’

Woody Allen torna col suo solito genio a dirigere un cast di attori che è un vero e proprio parterre de rois, con star come Robin Williams disposte a fare anche solo un piccolo ruolo cameo nel film del genio newyorchese.

Basato su un uomo che vede "decostruire" la sua vita, tramite le sue fantasie e le sue disavventure familiari, Harry a pezzi racconta - con la consueta ironia e intelligenza di Allen - il rapporto di uno scrittore con la sua vita privata e con i personaggi che egli crea ispirandosi a persone vere, sue amiche o conoscenti.

Un film denso e complesso in cui molti sono gli elementi tramite i quali Allen racconta se stesso allo spettatore. Realtà e finzione mescolate con ironia e intelligenza, rese ancora più deliranti da un montaggio nervoso e incompleto (tecnicamente chiamato skip editing, ovvero che "salta dei passaggi") che esplodono in un finale effervescente a metà tra il dantesco e il felliniano. Una pellicola intelligente e raffinata come sempre capita ai film scritti e diretti da Allen, con l’unica spiacevole nota dell’utilizzazione eccessiva di battute sessuali (inutili e - davvero - troppo facili per uno come lui) che fanno supporre che la parola e la pratica del cosiddetto "pompino" siano addirittura da attribuire a una irrefrenabile "pulsione senile" del regista ultrasessantenne.

Mad City

Dustin Hoffman - John Travolta - Alan Alda - Mia Kirshner Sceneggiatura Tom Matthews Regia Costa-Gavras Anno di produzione 1997 Distribuzione Warner Bros. Durata 115’

Si possono creare le notizie ? O meglio, può un giornalista appropriarsi della difficile situazione creata da un fatto di cronaca e utilizzarlo a suo pieno vantaggio, monopolizzandolo e rendendolo "un’esclusiva" ?

Su questo problema riflette il film a dir poco "agghiacciante" di Costa-Gavras, ben interpretato da due ottimi attori come Dustin Hoffman e John Travolta che come coppia sono davvero insoliti.

In una piccola città della provincia americana, un uomo licenziato dal museo dove lavorava (John Travolta) decide di prendere in ostaggio una scolaresca lì presente insieme alla sua ex datrice di lavoro. Per caso nello stesso momento - all’interno del museo - è presente un giornalista d’assalto (Dustin Hoffman) che prendendo in un pugno la situazione incomincia non solo a informare il pubblico "da dentro" il fatto di cronaca, ma cerca anche di consigliare l’uomo disperato, che mostra subito tutta la sua debolezza. Tutti i più grandi media americani accorrono e la notizia fa il giro del paese con il personaggio interpretato da Travolta che diventa una star. La manipolazione, però, sfugge al controllo di tutti e la situazione precipita.

Una pellicola che riflette sul potere dei media e sulle miserie umane della categoria dei giornalisti evidenziandone non solo il potere di persuasione, ma anche il fascino perverso che questi esercitano sulla popolazione. Mad City è un film complesso che con rapidi cambiamenti di tono mostra in tutta la sua forza il cinismo e gli interessi dominanti del mondo dell’informazione. La redenzione finale del personaggio principale non spargerà comunque una ventata di ottimismo. Le ceneri del messaggio televisivo devastante e effimero sono una cortina fumogena potente sulla quale Costa-Gavras ha voluto costruire una strana e efficace pellicola di denuncia e impegno. Con un giudizio critico assai severo e tuttaltro che assolutorio su come viene fatta l’informazione negli USA e sulla sua corruzione morale dominante. Un film duro , ma che rende molto chiare alcune situazioni scabrose del mondo in cui viviamo.

Il bacio del serpente (The serpent’s kiss)

Ewan Mc Gregor - Greta Scacchi - Pete Postlewhaite - Richard E. Grant - Carmen Chaplin Sceneggiatura Tim Rose Price Regia Philippe Rousselot Anno di produzione 1997 Distribuzione Istituto LUCE Durata 96’

1799 : I sogni di gloria di un piccolo possidente del Nord dell’Inghilterra (Pete Postlewhaite) si concretizzano nel chiamare un famoso progettista di giardini olandese (Ewan Mc Gregor) per trasformare la sua casa in una piccola reggia. Tutto, però, si rivela una macchinazione del cugino della moglie (Greta Scacchi) del possidente per farlo fallire. Letta così la trama di questo film sarebbe davvero intrigante. Purtroppo la messa in opera de Il bacio del serpente da parte del regista Philippe Rousselot paga lo scotto di una verbosità eccessiva che domina la scena senza sapere regalare vere emozioni. Lo spettatore non riesce mai a entrare in vera sintonia con una pellicola che altrimenti realizzata sarebbe stata un vero piccolo gioiello. Attori - forse - non eccessivamente calati nella parte che rimane sempre solo una facciata e un’ambientazione scarna cui non controbatte una ricchezza di immagini e recitativa, rendono questo film un gelido tentativo di raccontare una storia interessante, mai particolarmente approfondita.

Unica nota del tutto positiva l’affascinate nipote di Charlie Chaplin, Carmen che è l’unico personaggio davvero credibile, soprattutto grazie a una profonda dose di fascino della sua interprete.

Marco Spagnoli