Cyberrussia (9)
Appunti quotidiani via web da
S.Pietroburgo e Mosca
Mosca, 27 giugno
1999 Impossibile dire quali siano le differenze fra Mosca e San Pietroburgo. Due
giorni in una città del genere sono nulla. Forse, l'unica impressione davvero evidente è
quella di una Mosca città più moderna, più metropoli. Ne viene fuori perciò una San
Pietroburgo che ha sì cinque milioni di abitanti, ma pur sempre una città più a misura
d'uomo. Del resto, il vantaggio di questa città è stato lo spostamento della capitale a Mosca, alla
quale è stata riservata la modenizzazione. Ieri, dentro al Cremlino, guardavo tutta
quella gente stravolta dal caldo aggirarsi per le cattedrali interne, stravaccarsi sulle
panche di fronte alle icone e cercare in tutti i modi di guardarle, di impossessarsi
comunque del loro mistero, del loro fascino. Pensavo a a questa necessità assoluta di
"esaurire" il luogo turistico, vedere, osservare confrontando ciò che dice la
guida. Confutandola, quasi. Che cosa resterà, alla fine, in una giornata come questa e in
genere, al turista coatto? Seduto lì - stravaccato anch'io - mi rendevo conto che mi
interessava poco di icone, gioielli, manoscritti: c'è Eltsin qui, a 50 metri da me. Ci
divide un largo marciapiedi e una strada. Se metti un piede sull'asfalto, come ha fatto
prima un giapponese, senti un fischio che ti ricaccia indietro, fischiato da un militare
seminascosto sotto gli alberi.E' quello che sta al di là della strada a interessarmi. Il
centro del potere di questo secolo. Guardo tesori, manoscritti e icone e penso a Breznev,
Krusciov, Andropov che a pochi metri di qui ne hanno combinate chissà quante.Alla
fine lo vedo, Lenin. Entro dietro a una famigliola russa. Loro due giovani e il bimbo che
avrà cinque o sei anni. Dentro bisogna far togliere il berrettino anche al bambino e
stare in assoluto silenzio. La temperatura è bassa: l'unico luogo fresco da queste parti,
oggi. Si scende giù di qualche metro. Il percorso è obbligato, una specie di strana L,
alla fine. Entri e Lenin è lì, disteso, dentro a una teca trasparente. Il vestito sembra
blu, non so bene, perché adesso che scrivo, seduto su un gradino della Piazza Rossa, mi
rendo conto che là dentro mi sono concentrato solo sul volto di Lenin, teso, troppo
curata e accurata, ma impressionante comunque.La giovane donna davanti a me si ferma un paio di volte,
meno di dieci secondi in tutto. Non si potrebbe. forse è la sua bellezza, o il bambino
che tiene per mano a spingere i militari di guardia a tollerare queste due piccole soste.
Suo marito, una bottiglia di Fanta in mano, sembra meno interessato. Ogni volta che lei si
ferma io ne approfitto. Cerco di imprimermi la faccia di Lenin sulla retina. La barba
rossiccia, i lineamenti, la pelle che sembra quella di un bambolotto. Cerco di capire
anche questo contrasto russo. pare che i costi per mantenere intatto il corpo di Lenin
siano enormi e che stiano pensando di lasciar perdere. Mi chiedo come mai non facciano
pagare un biglietto. E' l'unico monumento gratuito qua intorno. Fuori, nel percorso
obbligato davanti ai morti illustri del comunismo sovietico (mi fermo a lungo davanti la
tomba di John Reed, l'unico americano sepolto al Cremlino), mi domando anche come mai sia
la tomba di Stalin ad avere più fiori di tutti. Fiori messi lì da mani spontanee e non i
tre garofani d'ordinanza che ci sono sopra alle altre.
Sotto, in metropolitana, diretto verso la stazione per il
ritorno a San Pietroburgo, trovo in un chiosco le sigarette che si chiamano "Prima
nostalgia", costano due rubli e venti copechi al pacchetto, circa 180 lire. La
scatola, la vedete qui a fianco.
Contraddizioni di
Russia.
Roberto
Ferrucci
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